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Draghi e Franco correggeranno il Pnrr di Conte e Gualtieri bistrattato da Gentiloni

Le critiche di Bruxelles al Pnrr del governo Conte 2. Il ruolo di Gentiloni. Gli annunci di Draghi in Parlamento. Fatti e commenti nel corsivo di Michele Arnese, direttore di Start

 

Dobbiamo approfondire e completare il Programma di ripresa e resilienza (Pnrr).

Dovremo rafforzare il Programma prima di tutto per quanto riguarda gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagnano.

Le missioni del Programma potranno essere rimodulate e riaccorpate.

È quello che ha detto oggi in Senato il presidente del Consiglio, Mario Draghi, nel discorso programmatico.

Al di là della cornice istituzionale (di rispetto e considerazione per il lavoro dell’esecutivo precedente) in cui queste parole sono state inserite, la sostanza è chiara: il Recovery Plan messo a punto del governo Conte 2 era insufficiente.

Interpretazione arbitraria?

Allora sentiamo quello che ha detto ieri sul Pnrr firmato in primis dall’ex premier Conte e dall’ex ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (Pd), Marco Buti, capo di gabinetto del commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.

“Il governo italiano deve rimettere le mani sul piano che è stato presentato, sia sulla granularità dei progetti, sia sulle riforme che vanno insieme ai progetti di investimento, che sulla governance dove il piano nazionale ancora era largamente incompiuto”, ha detto senza tanti giri di parole Buti.

Il capo di gabinetto del commissario Ue all’Economia ha spiegato che il piano preparato dall’esecutivo Conte “era incompiuto”. Il nuovo governo – ha aggiunto – “deve rimettere le mani sulla granularità dei progetti, sulle riforme che vanno insieme ai progetti di investimento e sulla governance”.

Ma chi avrà ora il pallino del Recovery Plan?

“La governance del Programma di ripresa e resilienza è incardinata nel Ministero dell’Economia e Finanza”, ha detto Draghi in Senato.

Per il direttore del Domani, una novità rilevante rispetto all’impostazione del governo Conte 2.

Vista l’impostazione di Draghi sul Pnrr illustrata oggi in Senato e viste le parole di ieri del capo di gabinetto di Gentiloni a Bruxelles, non sarà stato un caso che il terzetto che nel Conte 2 ha tenuto il pallino del Recovery è stato gentilmente messo alla porta: il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia e il titolare del dicastero delle Politiche europee, Enzo Amendola (Pd).

Infatti il premier è cambiato, il titolare del Tesoro non è più lo stesso (Daniele Franco, direttore generale della Banca d’Italia, ha preso il posto di Gualtieri) e il ministero delle Politiche europee è scomparso.

In questo quadro si comprendono ancor più gli allarmi pubblici — con tanto di auspici e suggerimenti — che il commissario Gentiloni ha espresso a Repubblica lo scorso 18 gennaio: “Il Recovery Plan va rafforzato con obiettivi e riforme”.

Non solo: “Il piano italiano è ampiamente convergente con i nostri obiettivi e politiche generali, ma deve essere discusso e rafforzato dal punto di vista delle riforme, delle raccomandazioni Ue, dei dettagli sul calendario e degli obiettivi che vogliamo raggiungere”, aggiunse il commissario Ue all’economia.

Evidentemente auspici e suggerimenti sono rimasti lettera morta.

Ma non al Quirinale che, con lo spappolamento della maggioranza giallo-rossa per mano di Matteo Renzi, ha silurato l’ipotesi del Conte-ter e ha affidato a Draghi il dossier fondamentale per l’Europa e l’Italia: il Programma di ripresa e resilienza (Pnrr).

Il Domani di Feltri svela il fallimento di Conte e Gualtieri sul Recovery Plan

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