Tensioni e scazzi in vista della gara per il Cloud nazionale. Ecco fatti, nomi, indiscrezioni e scenari.
L’IPOTESI DI LAVORO DEL MINISTRO COLAO
E’ quella di un partenariato pubblico-privato l’ipotesi sulla quale si starebbe lavorando per la messa a punto del cloud nazionale. Secondo quanto hanno scritto oggi sia l’Ansa che l’Agi, la procedura sulla quale starebbe lavorando il ministero per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale prevedrebbe la “candidatura spontanea” di player che il pubblico può valutare e mettere in competizione. Al momento non sarebbero ancora state avanzate formalmente delle proposte, sottolinea l’agenzia di stampa Ansa.
IL PUNTO DI STARTMAG SUL CLOUD
Vediamo il progetto del governo e la competizione tra società italiane che si sono già alleate con i colossi Usa.
I TEMPI
Partirà entro luglio l’iter per la creazione del Polo strategico nazionale, il cloud destinato a conservare tutte le applicazioni della Pa e i dati dei cittadini. Il Recovery Plan destina all’operazione 900 milioni e il ministro della Transizione digitale, Vittorio Colao, intende chiudere entro il 2022 il trasferimento sulla “nuvola”.
I MODI
il ministro Colao aspetta dalle imprese un progetto da valutare e mettere a gara. In palio – ha scritto oggi Repubblica – la gestione del cloud strategico (il cosiddetto private cloud) per almeno 10 anni in cambio del fatto che i singoli enti non potranno spendere più di oggi avendo servizi migliori.
DOSSIER NATO
Un’opzione strategica in chiave di cybersecurity che, come ha sottolineato anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, rappresenta una priorità per tutti i Paesi dell’Alleanza atlantica. “Vediamo minacce sempre più sofisticate e frequenti attacchi informatici contro gli alleati della Nato, compresi quelli di recente negli Stati Uniti”, ha avvertito nel corso della sua visita al Pentagono.
LA GARA
La gara che il governo sta preparando dovrà selezionare il gestore del cloud. In corsa ci sono tutti i colossi tricolori del settore.
LE CORDATE CAPEGGIATE DA TIM, LEONARDO E FINCANTIERI
A partire da Tim che ha dato vita a Noovle cui ha conferito i suoi data center e ha stretto una partnership strategica con Google. Ma a muoversi sono stati anche Fincantieri, in alleanza con Amazon web services dopo aver stretto un patto tecnologico anche con l’italiana Almaviva, e Leonardo (ex Finmeccanica) assieme a Microsoft, dopo che il gruppo presieduto da Luciano Carta ha stretto un accordo anche con l’italiana Aruba. E in arrivo potrebbero esserci una cordata tra Fastweb e Oracle (si è notato un certo attivismo delle società francesi del settore in Italia, qui la ricostruzione di Start; e il governo preferirebbe – secondo quanto ha fatto capire di recente il ministro Colao – una soluzione simile al modello cloud seguito dalla Francia invece ad esempio del modello israeliano).
UN RUOLO PER CDP?
E’ assai probabile che l’esecutivo, chiunque dovesse spuntarla, pretenda comunque una partnership pubblico-privato, con la partecipazione di soggetti come Cdp o Sogei (ma è più probabile l’opzione Cassa depositi e prestiti, ora guidata dall’ad, Dario Scannapieco, secondo quanto ha scritto oggi Repubblica).
SINERGIE FRA TIM E LEONARDO?
Il Messaggero oggi ha riferito di voci secondo cui ci sarebbe all’orizzonte un’alleanza tra le cordate capitanate rispettivamente da Tim e Leonardo, mentre non tutte le aziende – italiane e straniere – hanno apprezzato che il governo ha lasciato nelle mani di Confindustria l’hub italiano di Gaia-X.
LE IDEE DI COLAO
“Colao spinge per il modello francese, quindi una forte presenza pubblica di garanzia. Le imprese stanno cercando di capire se invece che dividersi in tre squadre non possono unirsi”, ha scritto oggi Repubblica.
I FINI DEL GOVERNO
L’obiettivo del governo, riferisce Il Sole 24 Ore, è mettere in sicurezza il sistema delle quasi 11.000 ‘sale macchine’ della Pa con un risparmio di spesa compreso tra il 40 e il 50% all’anno. Il polo strategico nazionale sara’ un insieme di quattro data center fisici con la potenzialità di utilizzare servizi cloud. La migrazione, stima il Recovery Plan, riguardera’ 200 grandi enti centrali e 80 aziende sanitarie locali.
I SOLDI
Un altro miliardo di euro è poi previsto per la migrazione su un cloud qualificato delle Pa locali. E mentre procede la classificazione dei dati, tra ultrasensibili, sensibili e ordinari, la politica si interroga sulla sovranità dei dati per evitare che finiscano sotto il controllo di soggetti extraeuropei.
IL MODELLO FRANCESE GRADITO A COLAO
In Francia, ad esempio, è stato previsto che tecnologia o software extra-Ue possano essere utilizzati soltanto su licenza o fornitura, lasciando il pieno controllo a soggetti europei (qui e qui gli approfondimenti di Start). Una soluzione cui sta guardando anche l’Italia, come scritto giorni fa da Start. Una scelta necessaria per non ricadere sotto il Cloud Act americano che fissa un obbligo per gli operatori, in caso di un mandato dell’autorità giudiziaria e di reati particolarmente gravi, di fornire i dati in proprio possesso anche se archiviati presso server situati all’estero.
L’APPROFONDIMENTO DEL SOLE 24 ORE
Il Polo strategico nazionale sarà un insieme di quattro data center fisici (due coppie ridondanti), con la potenzialità di utilizzare servizi cloud. Sono settimane decisive perché l’intenzione è accelerare per arrivare all’aggiudicazione entro il 2021 e all’operatività nel secondo semestre 2022, ha scritto il Sole 24 Ore, che ha aggiunto: “Da ambienti di mercato filtra la possibilità che Tim e Google, che già hanno una partnership sul cloud computing, possano presentare insieme a un partner pubblico – Cassa depositi e prestiti o meno probabilmente Sogei – una proposta per la concessione nella forma del Ppp. Come prevede il Codice dei contratti pubblici, solo a valle di questa proposta seguirebbe poi una gara. Sono già pronte cordate alternative: Fincantieri-Amazon web services e Leonardo-Microsoft hanno attivato partnership con lo sguardo volto al Polo strategico nazionale. I soggetti vincenti applicheranno alla Pa un canone annuo. Non sarebbe comunque ancora esclusa l’opzione di procedere direttamente a una gara pubblica senza il modello Ppp nonostante l’indicazione del Recovery plan. Del resto c’è più di un punto ancora oggetto di valutazione. Ad esempio si deve decidere se dare anche corso a una Newco, una nuova società controllata dal Mef che in sostanza sarebbe un soggetto intermedio tra il Polo e le Pa alle quali fornirebbe supporto nella migrazione”.
I GRILLINI CONCERTATIVI
I partiti si scaldano nel frattempo. “La sovranità dei dati dei cittadini e delle imprese italiane non può essere messa in discussione. La delicatezza del patrimonio informativo della Pubblica amministrazione esige che il Polo strategico nazionale, ovvero il sistema di CLOUD che sarà utilizzato per ottimizzare la gestione dei dati, sia saldamente nelle mani dello Stato, direttamente o attraverso le sue partecipate”, ha scritto oggi in una in una nota Andrea Cioffi, vicepresidente vicario del MoVimento 5 Stelle al Senato. “Per questo il MoVimento 5 Stelle non può che ribadire la necessita’”, prosegue Cioffi, “che tale patrimonio informativo sia gestito da una newco in cui il partenariato pubblico-privato va interpretato come azione congiunta tra società di diritto privato come Open Fiber, Poste, Leonardo, Fincantieri e simili, e lo Stato tramite il ministero dell’economia e le controllate Cassa Depositi e Prestiti e Sogei. Restiamo quindi contrari a soluzioni che prevedano il ricorso a gare che lascino aperte le porte ai giganti del Cloud, sia statunitensi, sia cinesi”.
LA POSIZIONE DI FRATELLI D’ITALIA
Fratelli d’Italia protesta per il modus operandi del governo: “L’esame delle mozioni sul cloud nazionale è ormai diventato un “unicorno”, continuamente rinviato per problemi nella maggioranza. Fdi ha presentato – ha scritto Federico Mollicone, responsabile Innovazione di Fratelli d’Italia – una mozione — assieme anche al collega Butti — per garantire un cloud nazionale con controllo pubblico, così da garantire i dati dei cittadini. Saranno realizzate delle gare con partenariati industriali fra multinazionali, da miliardi di euro, e il Parlamento non ha avuto modo di definire il perimetro di partecipazione delle grandi multinazionali, considerata anche la presenza di molti manager di aziende digitali globali nei comitati consultivi del ministro Colao e del ministro Brunetta che potrebbe portare rischi di posizioni di vantaggio per alcune grandi aziende digitali, come ho già denunciato qualche giorno fa. Il governo sta varando l’Agenzia per la sicurezza cibernetica, originariamente inserita proprio nella mozione di Fdi: l’ennesima dimostrazione che Fdi è forza di opposizione propositiva e nazionalista, anche per i temi della sovranità digitale”.