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Granholm

Cosa fanno gli Stati Uniti per salvare le centrali nucleari

Gli Stati Uniti hanno lanciato un programma di aiuti alle centrali nucleari da 6 miliardi, con l'obiettivo di prevenirne la chiusura: gli impianti faticano a reggere la concorrenza con le rinnovabili e il gas, ma possono svolgere un ruolo cruciale nella transizione energetica. Tutti i dettagli.

Martedì 19 aprile gli Stati Uniti hanno lanciato un programma di salvataggio delle centrali nucleari, molte delle quali in difficoltà finanziarie e a rischio chiusura, da 6 miliardi di dollari. I fondi arrivano dal piano sulle infrastrutture del presidente Joe Biden, diventato legge l’anno scorso.

IL CONTESTO

Il programma verrà gestito dal dipartimento dell’Energia, il cui compito principale è proprio il mantenimento e la protezione del programma nucleare americano, sia civile che militare. E rientra nel piano di lungo termine della Casa Bianca per la transizione energetica e la re-infrastrutturazione “verde” degli Stati Uniti: entro il 2035 il mix elettrico americano dovrà essere composto interamente da fonti di energia che non rilasciano gas serra, e il paese dovrà raggiungere la neutralità carbonica (l’azzeramento netto delle emissioni) entro il 2050.

La questione non è solo climatica ma anche economica, perché l’amministrazione Biden vuole che gli Stati Uniti ottengano la leadership tecnologica sulle tecnologie per le energie pulite, come i sistemi di stoccaggio (le batterie), l’idrogeno e il nucleare di nuova generazione.

Nella legge sulle infrastrutture, infatti, oltre ai 6 miliardi per l’ammodernamento delle centrali esistenti ci sono anche 2,5 miliardi per il supporto allo sviluppo dei reattori avanzati di nuova generazione, come quello che TerraPower – la startup di energia nucleare fondata da Bill Gates – sta costruendo a Kemmerer, in Wyoming.

IL RUOLO DEL NUCLEARE NELLA TRANSIZIONE ENERGETICA

L’energia nucleare non è sempre accettata dagli attivisti climatici per via dei rischi ambientali associati al suo utilizzo (la produzione di scorie radioattive). Può tuttavia offrire un contributo importante alla transizione energetica perché consente di generare tanta elettricità a zero emissioni e in maniera indipendente dalle condizioni metereologiche, andando così a compensare l’intermittenza dell’eolico e del solare (le due fonti rinnovabili su cui si sta puntando di più) e garantendo stabilità al sistema (l’alternativa è il gas naturale, un combustibile fossile; le batterie su grande scala non sono disponibili).

In un comunicato, la segretaria dell’Energia degli Stati Uniti, Jennifer Granholm, ha dichiarato che “le centrali nucleari contribuiscono a più della metà della nostra elettricità a zero carbonio, e il presidente Biden si impegna a mantenere in attività questi impianti per raggiungere i nostri obiettivi sulle energie pulite”.

GLI AIUTI ALLE CENTRALI NUCLEARI

Il piano della Casa Bianca per le centrali nucleari consiste essenzialmente in un programma di credito finalizzato a evitare la chiusura degli impianti in difficoltà finanziarie: ad esempio Diablo Canyon in California (vale quasi il 9 per cento della generazione elettrica dello stato) e Palisades nel Michigan.

Stando ai dati della Energy Information Administration, un’agenzia governativa, l’energia nucleare vale il 20 per cento della generazione elettrica negli Stati Uniti, anche se il suo contributo è diminuito leggermente negli ultimi anni con la chiusura di diversi reattori. L’ultimo reattore a venire dismesso, nella primavera del 2021, è stato l’Indian Point 3, a New York. Su scala nazionale, dal 2013 ne sono stati spenti dodici. Il motivo di questa tendenza è economico: il nucleare, per i costi di mantenimento più alti, ha fatto difficoltà a sostenere la concorrenza con i prezzi bassi delle rinnovabili e del gas naturale (la “rivoluzione dello shale” ha fatto dell’America la principale produttrice di gas al mondo).

Gli Stati Uniti, comunque, dispongono ancora di cinquantacinque centrali nucleari in ventotto stati, per un totale di novantatré reattori. Nel 2023 dovrebbero entrare in servizio due nuovi reattori in Georgia: saranno i primi dal 2016.

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