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Aiuti Stato

Consiglio europeo, ecco la decisione sugli aiuti di stato all’industria verde

Al Consiglio europeo i leader dell'Unione hanno trovato un accordo sugli aiuti di stato alle aziende legate alla transizione ecologica, che dovranno però essere "mirati, temporanei e proporzionati". Ma la corsa ai sussidi non è solo con gli Stati Uniti: c'è anche la Cina.

 

I capi di stato e di governo dell’Unione europea, riunitisi ieri in Consiglio a Bruxelles, hanno trovato un accordo per fornire aiuti “mirati, temporanei e proporzionati” alle imprese, in modo da contrastare i sussidi statunitensi e cinesi alle tecnologie per le energie pulite e garantire al continente una capacità manifatturiera nei settori strategici per la transizione ecologica. Verrà inoltre aumentata “la flessibilità dei fondi europei, per garantire un accesso equo ai mezzi finanziari” e ridurre le disparità tra le capacità di spesa dei paesi dell’Unione.

QUANTO VALE IL MERCATO DELLE TECNOLOGIE PULITE

L’Agenzia internazionale dell’energia stima che il mercato globale per la manifattura di tecnologie per le energie pulite (come batterie, pannelli solari, turbine eoliche ed elettrolizzatori) triplicherà di valore, raggiungendo i 650 miliardi di dollari all’anno entro il 2030.

Di questo mercato, scrive Reuters, l’Europa vuole una fetta per sé, anche se al momento molti comparti sono dominati dalla Cina. Per quanto riguarda i pannelli solari, ad esempio, nel 2021 la Cina ha rappresentato il 75 per cento della produzione mondiale; l’Europa appena il 2,8 per cento.

– Leggi anche: Ecco le società cinesi che dominano il mercato delle batterie

COSA PREVEDE IL GREEN DEAL INDUSTRIAL PLAN

La settimana scorsa, in risposta all’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti – che con i suoi 369 miliardi di dollari di incentivi rischia di dirottare oltreoceano gli investimenti delle società europee -, la Commissione ha allora proposto un allentamento della normativa comunitaria sugli aiuti di stato, in modo da favorire il sostegno pubblico alle aziende che si occupano di energia rinnovabile, di automobili elettriche e di veicoli a idrogeno, per esempio, oppure che stanno investendo nella decarbonizzazione dei loro processi produttivi.

LE TENSIONI SUGLI AIUTI DI STATO

Il Green Deal Industrial Plan, questo il nome del piano europeo, è stato tuttavia criticato da alcuni stati membri, inclusa l’Italia. Le voci contrarie temono che un maggiore ricorso agli aiuti di stato porterà squilibrio nel mercato unico, rendendo le imprese tedeschi e francesi – sostenute da governi con forti capacità di spesa – più competitive di tutte quelle altre che non possono contare su un supporto altrettanto ricco.

Non solo l’Italia, ma anche altri paesi hanno delle riserve sugli aiuti di stato. I Paesi Bassi, l’Irlanda, la Cechia e il blocco dei nordici, per esempio, temono una proliferazione dei sussidi verso aziende prive di valore strategico.

Il primo ministro nederlandese Mark Rutte, di orientamento liberale, è particolarmente contrario alla raccolta di nuovi finanziamenti comunitari da destinare alle industrie verdi. Anche la Germania è poco propensa all’emissione di altro debito europeo.

LE PROSSIME MOSSE DELLA COMMISSIONE

La Commissione europea ha intenzione di proporre un Net-Zero Industry Act, che servirà a velocizzare le procedure autorizzative per i progetti legati all’industria a zero emissioni nette, e un Critical Raw Materials Act, finalizzato invece al potenziamento del riciclo delle materie prime critiche e alla diversificazione degli approvvigionamenti, in modo da ridurre la dipendenza dalla Cina.

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto che le due proposte di legge verranno presentate prima del prossimo incontro tra i leader europei, il 22-23 marzo.

LA DOPPIA GUERRA DEI SUSSIDI

Il Green Deal Industrial Plan non vuole ribattere solo all’Inflation Reduction Act statunitense, ma anche ai sussidi statali che la Cina assegna alle proprie industrie.

Von der Leyen ha dichiarato che la legge americana è “chiaramente definita e mirata” a sei settori delle tecnologie pulite; Bruxelles, di conseguenza, la considera “molto aperta e trasparente”, e dunque più semplice da gestire. La situazione in Cina, secondo la presidente della Commissione, è invece molto più opaca, e ci sono “sussidi nascosti” a un gran numero di comparti; ha aggiunto che le imprese europee fanno difficoltà ad accedere al mercato cinese e a far rispettare i loro diritti di proprietà intellettuale.

Sui pannelli fotovoltaici, per esempio, necessari all’espansione di una fonte che l’Agenzia internazionale dell’energia considera “il nuovo re dei mercati elettrici globali”, nel 2013 l’Unione europea ha imposto dei dazi anti-dumping sulle importazioni dalla Cina, sostenendo che i produttori locali ricevano sussidi governativi ingiustificati. Adesso l’attenzione si sta spostando sui veicoli elettrici, per i quali la Cina è il maggiore mercato al mondo.

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