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Industria Dazi Cina Ue

Ecco il piano Ue (senza un euro in più) contro l’Ira di Biden

Il Green Deal Industrial Plan, il piano della Commissione europea per l'industria verde, vorrebbe essere la risposta all'Ira statunitense e ai sussidi cinesi. Ma non prevede nuovi finanziamenti. Tutti i dettagli.

Mercoledì la Commissione europea ha presentato il Green Deal Industrial Plan, un piano di sostegno alle industrie coinvolte nella transizione energetica che dovrebbe permettere loro di reggere la concorrenza con le rivali statunitensi e cinesi, che i rispettivi governi stanno incentivando con corposi sussidi.

In linea generale, il Green Deal Industrial Plan prevede l’espansione degli aiuti nazionali alle imprese europee attraverso crediti d’imposta e misure di supporto agli investimenti, e il riutilizzo di fondi comuni già stanziati che verranno utilizzati per finanziare progetti strategici sull’energia (sull’idrogeno, per esempio) e sulle nuove tecnologie (come il computing quantistico).

Il piano proposto dalla Commissione verrà discusso il 9-10 febbraio dai capi di stato o di governo dei ventisette paesi membri dell’Unione europea.

LA RISPOSTA ALL’INFLATION REDUCTION ACT

Il Green Deal Industrial Plan è di fatto la risposta europea all’Inflation Reduction Act, la legge statunitense sui sussidi alla manifattura “verde” da 369 miliardi di dollari.

L’IRA, come viene spesso abbreviata, rappresenta un rischio per l’Europa, perché potrebbe privare il continente di una solida base industriale nei settori fondamentali per la transizione ecologica: batterie, veicoli elettrici, pannelli solari, turbine eoliche e idrogeno verde, ad esempio. Attirate dal contesto favorevole – non ci sono solo gli incentivi dell’IRA, ma anche prezzi dell’energia molto più bassi -, diverse aziende europee come Northvolt, Iberdrola o Enel stanno infatti dando priorità agli investimenti negli Stati Uniti.

Attraverso il Green Deal Industrial Plan, la Commissione vuole anche ridurre la dipendenza europea dalla Cina per le tecnologie pulite, come le batterie e i pannelli solari, grazie al potenziamento delle capacità manifatturiere interne.

LE PAROLE DI VON DER LEYEN

L’Agenzia internazionale dell’energia stima che il mercato mondiale delle energie pulite triplicherà di valore entro il 2030, arrivando a circa 650 miliardi di dollari l’anno; si prevede inoltre un raddoppio dei posti di lavoro legati a questi settori.

“Sappiamo”, ha dichiarato ieri la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, “che nei prossimi anni si deciderà la forma dell’economia, l’economia net-zero, e la sua localizzazione. E noi vogliamo essere una parte importante di quest’industria net-zero di cui abbiamo bisogno a livello globale”.

Nel 2019 si contavano in tutta l’Unione europea circa 4,5 milioni di impiegati nelle industrie verdi; nel 2000 erano 3,2 milioni. Si stima che il solo settore delle batterie avrà bisogno di 800.000 nuovi lavoratori entro il 2025.

COSA MANCA AL GREEN DEAL INDUSTRIAL PLAN

Il Green Deal Industrial Plan non contiene però nuovi finanziamenti, ma attinge alle risorse economiche già stanziate (oltre 380 miliardi di euro, scrive Bloomberg) nei fondi per la transizione ecologica al 2030.

Reuters spiega che il piano industriale della Commissione attingerà principalmente ai 225 miliardi di prestiti e ai 20 miliardi di sovvenzioni rimanenti dal Recovery Fund (circa 800 miliardi in tutto).

COSA PREVEDE

La proposta di piano si concentra piuttosto sulla semplificazione normativa e sull’accorciamento delle tempistiche autorizzative. E soprattutto sull’allentamento, fino alla fine del 2025, delle regole sugli aiuti di stato al comparto delle energie rinnovabili e alle industrie impegnate nella decarbonizzazione dei processi produttivi.

Queste regole prevedono attualmente dei limiti ai sussidi pubblici che i ventisette governi dell’Unione possono fornire alle aziende nazionali, in modo da garantire condizioni di parità dentro il mercato unico europeo: i paesi più ricchi, altrimenti, potrebbero stanziare maggiori risorse alle proprie imprese, dando loro un vantaggio competitivo su quelle che hanno sede in paesi con minori capacità di spesa.

IDROGENO, MINERALI CRITICI E POMPE DI CALORE

Oltre allo snellimento delle procedure per gli Importanti progetti di comune interesse europeo (IPCEI), ossia le iniziative di valore strategico per l’intera Unione, il Green Deal Industrial Plan dedica un’attenzione particolare all’idrogeno “verde” (ottenuto cioè da fonti rinnovabili) e ai materiali critici (come i metalli per le batterie o le terre rare).

Il piano include infatti una prima asta per la produzione di idrogeno verde, con un budget di 800 milioni di euro: il vincitore riceverà un premio fisso per ogni chilo di combustibile prodotto – l’idrogeno verde ha costi molto più alti della variante ottenuta dal gas naturale, detta “grigia” e fonte di emissioni – per un periodo di dieci anni. Lo schema è modellato sulla base del credito d’imposta previsto dall’IRA.

La Commissione vuole anche dare vita a un Critical Raw Materials Act per promuovere l’estrazione, la raffinazione e il riciclo delle materie prime critiche per la transizione ecologica, così da ridurre la dipendenza dalla Cina.

Bruxelles, inoltre, intende agevolare l’acquisto di pompe di calore, dei dispositivi che permettono l’utilizzo delle energie rinnovabili per il riscaldamento delle abitazioni, al posto dei combustibili fossili tradizionali.

IL FONDO SOVRANO, PIÙ IN LÀ

Nei prossimi mesi, forse quest’estate, la Commissione proporrà la creazione di un nuovo strumento, un fondo sovrano europeo, destinato agli investimenti nelle tecnologie emergenti.

In ultimo, l’Unione europea vuole stipulare più accordi di libero scambio e intese commerciali in modo da irrobustire le proprie filiere e garantirsi mercati di sbocco per le merci a bassa impronta di carbonio.

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