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Huawei

Che cosa succede davvero fra Palazzo Chigi, Usa, Servizi, Di Maio e Salvini su Huawei?

Fatti, nomi e indiscrezioni sulle ricadute in Italia dell'offensiva degli Stati Uniti contro i colossi cinesi Huawei e Zte, a partire da un comunicato di stampa ieri di Luigi Di Maio che ha destato dibattito nel governo e nelle istituzioni...

Non c’è alcuna “prova” di “pericolo alla sicurezza nazionale” dalle aziende cinesi Huawei e Zte. Lo ha precisato ieri in una nota il ministero dello Sviluppo economico retto da Luigi Di Maio, facendo riferimento agli articoli di stampa su una presunta messa al bando delle aziende Huawei e Zte dall’Italia in vista dell’adozione della tecnologia 5G. il Mise smentisce “l’intenzione di adottare qualsiasi iniziativa in tal senso”, spiega il comunicato, ma “la sicurezza nazionale è una priorità e nel caso in cui si dovessero riscontrare criticità – al momento non emerse – il Mise valuterà l’opportunità di adottare le iniziative di competenza”, ha concluso il ministro nella nota con questo titolo: “Huawei e Zte, nessun blocco per il 5G”.

A quali articoli si riferiva il dicastero retto dal capo politico del Movimento 5 Stelle? Di sicuro a quello del quotidiano La Stampa poi rilanciato dall’agenzia Reuters.

Ecco che cosa ha scritto ieri Federico Capurso del quotidiano diretto da Maurizio Molinari: su Huawei e Zte “sono arrivate forti pressioni dagli Stati Uniti”, hanno confermato alla Stampa da Palazzo Chigi, dove il dossier è appannaggio del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis), che coordina i Servizi segreti.

“Siamo assolutamente sensibili ai timori espressi da Washington e concordiamo pienamente sulla necessità di uno stop nei confronti di Huawei e Zte”, è quanto hanno sottolineato da Palazzo Chigi, ha scritto il quotidiano torinese.

Del dossier Huawei in Italia, per conto dell’amministrazione Us,  se ne occupa ovviamente l’ambasciata americana, “che è particolarmente preoccupata per la situazione”, ha aggiunto ieri il Foglio.

D’altronde l’incaricato della Cia a Roma fa spesso la spola con la sede del Dis in largo di Santa Susanna.

Per questo, in ambienti istituzionali, si fa notare come la nota rassicurante del Mise sia per certi aspetti anomala. Infatti il dicastero dello Sviluppo economico non ha competenza sulla questione “sicurezza”; questione che invece suscita seria preoccupazione per le pressioni che arrivano dagli Stati Uniti contro i colossi cinesi e che sono sempre più accolte in Europa e non solo (qui e qui gli ultimi approfondimenti di Start Magazine).

(Come il network Five Eyes dell’Intelligence ha preparato il blocco mondiale a Huawei. L’analisi di Fabio Vanorio)

Anche su questo dossier la compattezza della maggioranza non è granitica: i 5 Stelle sono attestati su una linea molto accondiscendente verso la Cina, a differenza della Lega, notano osservatori del settore.

Ma il caso Huawei e Zte non è l’unico a far impensierire l’ambasciata americana in Italia. In via Veneto si segue con apprensione l’azione del sottosegretario al Mise, Michele Geraci, che si occupa passo dopo passo della visita di Xi in Italia prevista per la seconda metà di marzo.

I contatti fra Pechino e Roma sono molto stretti, ha detto a Roma il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, parlando in apertura del Comitato governativo Italia-Cina che si è tenuto alla Farnesina il 25 gennaio: i rapporti tra Italia e Cina si sono sviluppati in una direzione che propone “opportunità mai viste in passato”, come l’Iniziativa Belt and Road per l’apertura delle nuove Vie della Seta, che vede l’Italia interessata a partecipare a tutti i livelli e su questo ci sono “contatti molto stretti”, ha aggiunto il ministro degli Esteri cinese Wang Yi.

Le apprensioni, non solo americane, lambiscono larghi settori dell’economia italiana che scruta con timore l’avanzata dei colossi cinesi ad esempio nel settore portuale (qui l’approfondimento di Start).

Ed è proprio sulle opportunità e i rischi della Via della Seta che si appuntano le attenzioni e le preoccupazioni degli americani, che puntano sulla consolidata vicinanza agli Usa del capo di gabinetto del Mise, Vito Cozzoli,  grand commis di Stato di lungo corso, con relazioni consolidate bipartisan (dai grillini a Maria Elena Boschi passando per Gianni Letta). Cozzoli è tra l’altro animatore e presidente di Amerigo, l’associazione “che riunisce gli alumni italiani dei Programmi di scambi culturali internazionali promossi, nelle loro varie articolazioni, dal Dipartimento di Stato Usa”.

Per questo, sull’amerikano Cozzoli si appuntano le dietrologie di alcuni settori del Movimento 5 Stelle. Dietrologie che vanno di pari passo con altri rumors – di diverso segno – visto che Di Maio nonostante il forcing Usa contro Huawei intrattiene relazioni più che cordiali con il gruppo cinese attivo in Italia anche nel 5G (che, insieme al nodo Nsa, è uno dei motivi della politica americana nei confronti di Huawei e Zte).

Tra l’altro – si fa notare in ambienti governativi scettici verso l’offensiva trumpiana – Huawei è alleato con commesse e forniture anche di gruppi italiani e non come Poste Italiane, Leonardo-Finmeccanica, Tim, Vodafone, Fastweb e Open Fiber, per citarne solo alcuni; qui l’approfondimento di Start Magazine).

Come il network Five Eyes dell’Intelligence ha preparato il blocco mondiale a Huawei. L’analisi di Fabio Vanorio

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