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Stellantis, ecco minacce, richieste e promesse al governo

Tavares rassicura: "L’interesse dell’azienda è l’interesse dell’Italia e viceversa", ma poi il numero 1 di Stellantis torna a batter cassa: "Il Governo italiano dovrebbe aiutare i consumatori perché le auto elettriche costano di più" e minaccia l'esecutivo in trattativa coi cinesi: "indebolirci non aiuterà il Paese". In un'unica intervista

Quella tra Stellantis e il governo era iniziata come una partita a scacchi, per proseguire poi in una di poker, tra bluff e provocazioni, ma rischia di sfociare di un match di pugilato. Il gruppo automobilistico ormai a forte vocazione internazionale ha avviato con Carlos Tavares un disimpegno dal nostro Paese ormai sempre più ovvio e difficile da nascondere. Per restare chiede e pretende aiuti, soprattutto con riferimento alla transizione energetica che, è altrettanto noto, non è mai andata a genio al Ceo portoghese del gruppo presieduto da John Elkann. Il governo da parte sua ha fissato l’asticella a 1 milione e trecentomila vetture: sono quelle che obbligatoriamente dovranno essere prodotte in Italia per fare in modo che la filiera regga e non perda altri pezzi.

MENTRE STELLANTIS E GOVERNO LITIGANO LA FILIERA MUORE

Sì, perché attorno alla Fiat e ai suoi marchi storici si è sviluppato un sottobosco di fornitori che oggi con la costante delocalizzazione in altri Paesi (come la 500 algerina, la Panda serba, la Topolino marocchina e la 600 polacca) fatica ad andare avanti. L’ultima ad aver abbassato definitivamente le serrande è stata la storica Proma, l’azienda di componentistica che riforniva la Maserati. Quindi per il governo il tema occupazionale va oltre il perimetro dei grandi poli di Stellantis a rischio dismissione.

In un primo momento, nelle trattative iniziate lo scorso agosto, l’esecutivo ha chiesto a Tavares di tornare al di sopra del milione di vetture sfornate dagli stabilimenti tricolore. Sono arrivate solo altre richieste d’aiuto sguainate a mo’ di sciabola. E allora il governo ha iniziato a giocare un’altra partita, o meglio, altre partite, che non riguardassero solo Stellantis.

L’ESECUTIVO PUNTA A TESLA E ALLA CINA

Flirt con marchi esteri, dalla texana Tesla del sudafricano Elon Musk alle cinesi Byd e Chery (i marchi asiatici sentiti dall’esecutivo sarebbero tre) che hanno ovviamente indispettito Tavares. Anche se al momento sembrano tutti flirt estivi, perché nessuno – nemmeno Chery che sembrava aver già autonomamente deciso di venire a produrre auto nel nostro Paese – ha ancora ufficializzato nulla. Il brusco calo della domanda di auto elettriche ha un suo peso nella faccenda, ma probabilmente la disperazione con cui l’esecutivo annaspa in cerca di offerenti sta portando gli attori coinvolti ad attendere per strappare le condizioni migliori.

LE NUOVE MINACCE DEL N.1 DI STELLANTIS AL GOVERNO

La situazione comunque rende particolarmente irritabile Tavares, anche detto “il Mourinho dell’automotive”, visto che come l’allenatore connazionale anche l’amministratore delegato, è noto per la poca diplomazia e l’assenza di tatto. Dalle colonne del Sole 24 Ore – testata non certo amica, che ultimamente ha sferzato in più di un’occasione il Gruppo automobilistico – il Ceo di Stellantis commenta così le ultime mosse del governo: “Le dico questo: noi non abbiamo paura della sfida cinese, ma indebolire Stellantis in Italia non aiuterebbe l’Italia”.

COSA CHIEDE TAVARES ALL’ESECUTIVO PER PRODURRE IN ITALIA

Se non è una minaccia, nemmeno così velata, poco ci manca. Quindi il numero 1 di Stellantis torna a batter cassa al governo: “Il Governo italiano dovrebbe aiutare i consumatori italiani perché le auto elettriche costano di più di quelle a combustione interna e il mercato italiano, per la sua specificità, va aiutato più di altri”.

Una litania che il portoghese ripete da parecchio. Sul finire dello scorso luglio, a trattative appena iniziate, nella nota del costruttore vergata a margine del primo incontro al Mimit si leggevano queste richieste:  “incentivi per mantenere la competitività italiana come il costo dell’approvvigionamento energetico e il costo di trasformazione”.

“Complessivamente – dettaglia Tavares al Sole – in Italia siamo al 63% della nostra capacità produttiva e che saremmo pronti a raddoppiare la produzione della 500 elettrica a Torino. Ma l’Italia ha un problema, riscontrabile nella struttura del suo mercato: ha la quota di segmento B (utilitarie, ndr) più grande, se confrontata con quella degli altri Paesi europei. Questo ci dice che la questione dell’accessibilità è molto importante per le famiglie italiane”.

TAVARES: “OTTIMI I RAPPORTI COI SINDACATI” (MA A MIRAFIORI SI SCIOPERA)

Puntualmente, alla minaccia però è seguita la rassicurazione: ” Continueremo ad avere un’attività molto intensa di design. Tutti i più bei modelli di Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Abarth nascono a Mirafiori, per non dire di Maserati. Continueremo così”. Tavares si spinge anche oltre, dicendo: “Il dialogo che abbiamo con i sindacati e il nostro personale in Italia è eccellente”.

Sarà, ma l’Ad di Stellantis dimentica che il piano industriale che ha firmato è alla base delle agitazioni di Mirafiori. Di più, è causa del primo sciopero unitario da quindici anni a questa parte indetto da Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm e Associazione Quadri il prossimo 12 aprile, allargato all’intera filiera.

LA PRODUZIONE DI MIRAFIORI AI MINIMI STORICI

Alle tute blu non è infatti andata giù la decisione di prolungare dal 2 al 20 aprile la cassa integrazione per i dipendenti al lavoro sui modelli 500 Bev e Maserati. Coinvolti 2240 lavoratori complessivi. L’azienda aveva già messo in Cigo i lavoratori di Mirafiori per un mese nel periodo a cavallo tra il 2023 e il 2024, per tre settimane dal 12 febbraio al 3 marzo e poi aveva prolungato la cassa fino al 30 marzo. Infine l’ennesimo slittamento al 20 aprile. Il timore è quello di fare la fine della fabbrica Maserati di Grugliasco che ha chiuso i battenti nella seconda metà dello scorso dicembre. ” L’Italia è un pilastro con Fiat.” dice Tavares al Sole. Ma se quella in corso tra Stellantis e il Governo è una partita di poker, difficile dargli credito.

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