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Fiat Marocco Polonia

Le italianissime Topolino e 600? Fiat le produrrà in Marocco e Polonia

Stellantis risponde a chi critica le sue condotte francocentriche rispolverando due modelli che hanno fatto la storia dell'auto in Italia. C'è solo un particolare: le nuove Fiat saranno prodotte in Marocco e in Polonia. Tutti i dettagli

Se non fosse già abbastanza paradossale il fatto che un gruppo franco-italiano-americano, con forti pulsioni francocentriche che ormai fanno schiumare persino Confindustria, abbia la parte italiana, ovvero il marchio Fiat, guidata da un francese, nella persona di Olivier Francois, o che nonostante il marchio tra i 16 di Stellantis (Abarth, Alfa Romeo, Chrysler, Citroën, Dodge, DS, Fiat, Fiat Professional, Jeep, Lancia, Maserati, Mopar, Opel, Peugeot, Ram e Opel/Vauxhall), più venuto nel 2022 con oltre 1,2 milioni di unità a livello globale, comprese le vendite di Fiat Professional (il sottomarchio preposto ai mezzi commerciali) e Abarth, sia stata proprio Fiat, mentre Peugeot, ovvero l’altra parte con cui si è fusa, si è fermata poco sotto a 1.056.182 unità, ma i piani produttivi del Gruppo non sembrino tenere conto dei numeri, ecco, se non fosse già paradossale tutto ciò, arriva la notizia che le italianissime Topolino (che per la verità con l’originale c’entra ben poco) e 600 saranno costruite all’estero, tra Marocco e Polonia.

FIAT PREFERISCE MAROCCO E POLONIA

Non è la prima volta che qui su Start sottolineiamo simili paradossi. Qualche anno fa ci concentrammo sull’erede della Fiat Punto dal pianale francese destinata alla produzione in Polonia. Ma adesso perché le Fiat Topolino e 600 saranno prodotte all’estero, in Marocco e Polonia? Inutile dire che è un paradosso pure la risposta di Olivier Francois: «le fabbriche in Italia sono sature secondo i piani previsti».

Certo, Repubblica, forse anche per compiacere l’editore (John Elkann), prova a sottolineare ” gli investimenti nel progetto gigafactory a Termoli, l’importanza dello stabilimento di Atessa per i veicoli commerciali e Pomigliano, dove vengono prodotte anche le Alfa Romeo e le Dodge da esportare fuori dall’Europa w  ricorda l’hub per l’economia circolare a Torino e il progetto del green campus con i nuovi uffici e il nuovo polo di ingegneria, del design e della ricerca e sviluppo. Sarà il lato tecnologico di Stellantis”, tutto vero, per carità.

Ma resta da chiedersi se sia altrettanto vero che gli stabilimenti italiani siano così saturi da costringere Fiat a rivolgersi a Marocco e Polonia per attivare la produzione delle nuove elettriche. Per Fiom, per esempio, raffrontando il 2019 – anno prima della pandemia – ai primi 11 mesi del 2021 l’uso della cassa integrazione è più che raddoppiato passando da circa 26,5 milioni di ore nel 2019 a ben 56,3 milioni di ore da gennaio a novembre 2021 e nel medesimo periodo a fronte di una capacità istallata di un milione e mezzo di veicoli, se ne sono prodotti solo 700mila.

Dati adulterati da una lentissima ripresa post Covid? Può essere, ma che dire allora dei 120 addetti della Sevel di Atessa, lo stabilimento dove Stellantis produce i veicoli commerciali leggeri che saranno presto accompagnati alla porta mediante la strategia del prepensionamento? E’ stato siglato in aprile da Stellantis e dalle principali organizzazioni sindacali del comparto (Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, Aqcfr), il contratto di espansione che permetterà, nei prossimi mesi, a un centinaio di dipendenti della ex Sevel ora Fca Italy, di andare anticipatamente in pensione, con un massimo 5 anni rispetto al dovuto e contestualmente consentirà l’assunzione di 40 lavoratori.

È l’ennesima nota stonata che accompagna i risultati del Gruppo, che negli ultimi 12 mesi ha fatto il pieno di utili ma con meno vendite e prezzi più alti: per via dei rincari delle auto, il fatturato di Stellantis è cresciuto del 18 per cento a quasi 180 miliardi di euro nonostante le vendite di auto siano calate del due per cento, mentre in Italia l’ex Fca ex Fiat continua la dieta.

Vietato chiamarli licenziamenti. Sono uscite concordate. Concordate coi sindacati, a eccezione di Fiom e in tutto riguarderanno duemila addetti, prevalentemente nell’Ingegneria e nei servizi indiretti, con integrazioni per quei lavoratori vicini alla pensione e incentivi per chi decide di lasciare l’azienda.

E questo è solo l’ultimo di una serie di tagli posti in essere per ridurre il numero di dipendenti Stellantis in Italia da 52.750 a 45.500. Vale a dire oltre 7mila persone in meno. La riduzione stimata nella corsa all’auto elettrica è intorno al 20% dell’occupazione.

Per quanto riguarda l’uscita anticipata con integrazioni per quei lavoratori vicini alla pensione e incentivi per chi decide di lasciare l’azienda, ricordano dal Sole 24 Ore, la “finestra” resterà aperta fino al 31 dicembre di quest’anno con uno schema che prevede che poco meno della metà delle figure interessate, quasi 900, siano addetti degli Enti centrali e dei servizi commerciali mentre 70 addetti potranno arrivare dal comparto Security. Interessati duecento addetti del polo produttivo di Mirafiori e 320 di Cassino. Mirafiori ha già perso 2.100 persone in questi anni e con l’ultimo accordo ci sono in programma altre 1.200 uscite fino a fine anno.

I SACRIFICI PER L’AUTO ELETTRICA

Che il cambiamento di pelle sia imputabile alla transizione nelle propulsioni è ben documentato da quanto accaduto alla VM di Cento, dove si producono i diesel di grossa cilindrata. Un settore che, viste le nuove politiche ambientali, è arrivato a fine corsa. Stellantis, con tagli e investimenti, si è impegnata alla riconversione del sito: vi svilupperà il settore propulsori industriali e marini.

Si tratta del primo impianto italiano che deve cambiare tipo di produzione e cessare quella legati ai motori tradizionali per auto. Qui gli esuberi dovrebbero ammontare a 160 unità con la strategia dell’uscita anticipata. Ma tutto sommato i sindacati sono soddisfatti per l’intesa raggiunta (a eccezione di Fiom) visto che a rischio erano proprio le sorti dell’impianto.

L’accordo prevede che ai dipendenti che agganciano la pensione entro quattro anni venga riconosciuto un incentivo che si somma alla Naspi per garantire, per i primi due anni, il 90% della retribuzione e, per gli ulteriori due anni, il 70%, più i contributi volontari. Ai dipendenti più lontani dalla la pensione verrà riconosciuto un incentivo variabile a seconda della età, a partire da 24 mensilità più 30mila euro per chi ha almeno 50 anni.

L’accordo ha individuato delle soluzioni su base volontaria, per i lavoratori interessati al trasferimento nello stabilimento di Maserati di Modena, dove si costruirà un nuovo impianto di verniciatura all’avanguardia.  E’ stato previsto un contributo per compensare le spese di natura logistica: l’azienda riconoscerà un contributo forfettario che oscilla dai 7.500 ai 15.000 euro. Previsti anche incentivi, volontari, per l’uscita o per accompagnare al pensionamento fino a 48 mesi.

GLI STABILIMENTI SONO SATURI DI CIG, FORSE…

Repubblica, appunto, nel suo articolo fatica a nascondere il disimpegno in atto di Stellantis in Italia, ormai sempre più evidente e alla luce del sole: “John Elkann – si legge sul quotidiano fondato da Scalfari – ha colto l’occasione per ricordare il lato italiano della società: Stellantis ha profonde radici in Italia, dove abbiamo un glorioso passato, un forte presente e un futuro entusiasmante”,  ma appunto la verità è che le tute blu nel nostro Paese continuano a diminuire mentre le nuove Fiat saranno prodotte in Marocco e Polonia.

E gli stabilimenti della Penisola, checché ne dica il Ceo francese del marchio italiano, sembrano tutto fuorché saturi. Forse Francois intendeva che sono saturi rispetto a ciò che il mercato italiano può assorbire? E in effetti poco dopo proprio Repubblica riporta dichiarazioni di questo tenore: “In Italia ne produrremo di più se si comprassero più auto – dice Francois, ceo di Fiat riferito alle vetture a batteria – l’Italia è l’unico paese in Europa che arretra sull’elettrico perché non ci sono incentivi sufficienti”.

SUGLI INCENTIVI SARA’ MURO CONTRO MURO COL GOVERNO

Quello degli incentivi è un tasto su cui Tavares batte da parecchio tempo (“Mi piacerebbe vedere i governi europei sostenere i consumatori finali con sussidi che vadano direttamente nelle loro tasche, sarebbe molto utile nel periodo di transizione che va da ora al 2030”, aveva detto a inizio anno sempre a Repubblica) e sebbene sia previsto un vertice sul tema col governo, in merito il ministro competente, Adolfo Urso, ha già ricordato che non ci saranno altri sussidi per vetture prodotte all’estero (nel vertice di febbraio dall’esecutivo è stato scandito che l’obiettivo del governo è impegnare il Gruppo affinché «produzione e occupazione restino in Italia» così come gli incentivi siano «a beneficio del lavoro italiano» mentre finora «sono andati in misura maggiore a sollecitare la domanda di auto prodotte da Stellantis, sebbene per meno della metà su modelli fabbricati in Italia»).

NON È UN PAESE PER AUTO ELETTRICHE? VERO, MA NON DEL TUTTO

Quello che è innegabile è che in Italia si vendono pochissime elettriche, a fronte di un mercato che singhiozza e di un parco macchine incredibilmente vetusto. Mancano le infrastrutture, con bandi per le colonnine elettriche sorretti da fondi europei così mal scritti da andare deserti, è mancata la sensibilità di ogni esecutivo ad aiutare gli attori dell’automotive a tessere una seria politica industriale mentre gli altri Paesi europei – e non solo- hanno fatto incetta di gigafactory, richiamando marchi di ogni nazionalità, e mancano certamente gli incentivi rivolti al pubblico.

Ma intanto se nel 2022 il marchio Fiat ha primeggiato su tutti gli altri del Gruppo lo si deve anche alle performance dalla Nuova 500 elettrica, che ha venduto quasi 120.000 unità nel 2022, di cui 66.000 in Europa. La city car a batteria è stata la vettura elettrica più venduta in Italia, la seconda in Francia e la terza in assoluto nei 10 grandi mercati europei. Il modello è stato anche l’EV più venduto di Stellantis, rappresentando gran parte delle vendite complessive dei 288.000 veicoli elettrici registrati nel 2022.

Basterebbe questo dato per spingere la strategia del gruppo ad abbracciare con maggior convinzione l’elettrificazione (e invece gli strali che Carlos Tavares riserva all’argomento non si contano) e a puntare maggiormente sul marchio italiano, perché Polonia e Marocco non sono certo i mercati di riferimento delle Fiat Topolino e 600, ma lì verranno prodotte per essere esportate altrove, quindi perché non fare lo stesso da noi, dimostrando l’intenzione di investire nel nostro Paese, mantenere l’occupazione e spingere l’esecutivo, al momento molto scettico, ad allargare i cordoni della borsa?

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