La linea dura di the Donald sembra funzionare. Non solo in politica interna ed estera, ma anche in quella commerciale. Dopo Apple, infatti, anche Stellantis è il secondo grande marchio corso a baciare la pantofola presidenziale annunciando importanti investimenti negli Stati Uniti.
TUTTI I FRONTI LASCIATI APERTI DA TAVARES DI STELLANTIS NEGLI USA
Un riposizionamento in piena regola se si considera che negli ultimi mesi di amministrazione Biden – e, se vogliamo, di amministrazione Tavares – l’azienda italo-franco-statunitense aveva invece avviato licenziamenti, tagli, previsto la chiusura di alcune strutture ed era stata accusata pubblicamente prima dal sindacato Uaw (secondo il quale avrebbe disatteso le promesse fatte nel 2023 per far cessare lo sciopero autunnale) quindi dai concessionari americani di mantenere caparbiamente una linea insostenibile.
Come se tutto ciò non bastasse, per alcuni azionisti americani Carlos Tavares avrebbe gonfiato artificialmente il prezzo delle azioni per gran parte del 2024 formulando valutazioni “straordinariamente positive” su scorte, potere di determinazione dei prezzi, nuovi prodotti e margine operativo. Tutti numeri smentiti dalla deludente semestrale presentata poi all’inizio della scorsa estate. Da qui una inedita class action.
Insomma, un modus operandi, quello di Stellantis negli Usa, che non era piaciuto nemmeno alla precedente amministrazione. In ottobre il portavoce di Biden, Karine Jean-Pierre, aveva inviato alla dirigenza un chiaro monito: “L’accordo del 2023 includeva l’impegno a riaprire ed espandere la produzione nelle comunità devastate dalle precedenti chiusure di impianti”. “Vogliamo – aveva aggiunto – che Stellantis mantenga questi impegni nei confronti dello Uaw e delle comunità”. Ma l’azienda aveva fatto spallucce.
IL PIVOT DOPO L’INCONTRO TRA TRUMP ED ELKANN
Spediti Biden e Tavares a casa, la traiettoria industriale di Stellantis sembra di colpo mutata. Il pivot sarebbe avvenuto qualche giorno prima del giuramento del 47esimo presidente, in un incontro tra Trump e John Elkann. Non è dato sapere i temi sul tavolo anche se, visti tutti i fronti aperti di Stellantis negli Usa e il sovranismo spinto di the Donald, è facile intuire i toni.
L’OBOLO DI STELLANTIS AL COMITATO DI TRUMP
Probabilmente, Elkann avrà condiviso con Trump anche il nome del prossimo Ceo su cui al momento il riserbo è totale: secondo i beninformati a seguito dell’incontro si sarebbero rafforzate le quotazioni del partenopeo Antonio Filosa, oggi numero 1 della divisione statunitense. Nei giorni scorsi aveva fatto rumore la decisione di Stellantis, per la prima volta nella sua storia, di donare al comitato per la cerimonia di insediamento 1 milione di dollari.
IL CAMBIO DI PASSO DEL GRUPPO
E ora che Trump è tornato alla Casa Bianca, il Gruppo ha fatto immediatamente sapere che l’impianto di montaggio di Belvidere, nell’Illinois, chiuso all’inizio del 2023 dopo aver costruito prodotti Chrysler per oltre mezzo secolo, costruirà di colpo un nuovo pick-up di medie dimensioni. La promessa fatta insomma all’Uaw e poi disattesa da Tavares sarà ora mantenuta.
Under President Trump’s leadership, @Stellantis is bringing 1,500 jobs back to Illinois, reopening Belvidere, and investing in Detroit, Ohio, and Indiana.
America’s manufacturing revival is here—WELCOME TO THE GOLDEN AGE! pic.twitter.com/UzpLcZEI4b
— The White House (@WhiteHouse) January 22, 2025
L’investimento riporterà nella fabbrica a nord-ovest di Chicago, secondo quanto ha annunciato la stessa Casa Bianca su X – tornata delle ultime ore a twittare furiosamente – circa 1.500 dipendenti. Si chiude così una delle principali vertenze americane.
TRATTO DI PENNA SULLE MOSSE FINALI DI TAVARES NEGLI USA
Ma non è finita, perché in autunno i lavoratori accusavano Stellantis di aver fatto coriandoli degli accordi stretti con l’Uaw e di voler trasferire la produzione della Durango da Detroit al Canada. Stellantis ha invece assicurato che produrrà la prossima generazione del Dodge Durango nella capitale americana dell’automobile, spingerà sulla produzione delle Jeep Wrangler e Gladiator a Toledo e realizzerà investimenti nello stabilimento di Kokomo, nell’Indiana.
LA SPADA DI DAMOCLE (E DI TRUMP) DEI DAZI A MESSICO E CANADA
E ciò che non farà sua sponte l’azienda, probabilmente verrà comunque fatto sulla scorta dei dazi che Trump intende porre ai prodotti che arrivano da Messico e Canada. Stellantis assembla diversi mezzi Ram a Saltillo mentre a Toluca ha non meno di 2600 dipendenti al lavoro sulla produzione delle Jeep. Quest’ultimo impianto ha beneficiato di un investimento monstre nel 2024 da 1,6 miliardi di dollari per un ammodernamento delle linee che le consentisse di sfornare auto elettriche.
Inoltre, Stellantis ha anche l’impianto canadese di Windsor, dove nascono le Dodge Charger di nuova generazione. La linea tracciata nei mesi scorsi da Tavares andava nella direzione di sfruttare più di quanto fatto finora gli impianti oltre i confini settentrionali e meridionali degli States in nome dell’esigenza di risparmio, vista la crisi economica che attanaglia il mercato dell’auto e il Gruppo in particolare. Ma difficilmente Trump sarà incline a favorire simili delocalizzazioni.