Probabilmente Carlos Tavares sperava di aver estinto sul nascere almeno parte dei problemi che Stellantis ha negli Usa, ritoccando quel tanto che basta i progetti industriali per silenziare le proteste dell’Uaw. Ma a quanto pare era troppo ottimista: chiuso quel fronte se ne è aperto immediatamente un altro: quello dei concessionari (qui la lettera pubblica inviata dai rivenditori alla dirigenza).
I CONCESSIONARI USA DI STELLANTIS ACCUSANO TAVARES
Scrive il Detroit Free Press: “I concessionari della casa automobilistica statunitense hanno espresso pubblicamente le loro preoccupazioni sulla direzione dell’azienda a fronte del calo delle vendite e delle quote di mercato, suscitando una risposta severa da parte di un’azienda che preferirebbe tenere la disputa a porte chiuse”.
“Il Consiglio nazionale dei concessionari Stellantis – si legge sulla testata di Detroit, capitale americana del mondo auto -, in una lettera aperta inviata all’amministratore delegato Carlos Tavares, ha dichiarato di aver lanciato l’allarme ai dirigenti dell’azienda negli Stati Uniti per oltre due anni, avvertendo che la strada intrapresa da Tavares sarebbe stata un disastro a lungo termine”.
LA GUIDA DI TAVARES? “UN DISASTRO”
Ma qual è l’esatto contenuto della missiva divenuta pubblica?
“Un disastro non solo per noi, ma per tutti coloro che sono coinvolti – e ora quel disastro è arrivato”, si legge nella lettera, che sottolinea come l’intento dei dealer sia quello di suonare l’allarme non solo per Tavares, ma anche per il consiglio di amministrazione, i dipendenti, gli investitori e i fornitori dell’azienda.
La lettera dei rivenditori americani parla proprio di “reckless short-term decision-making” ovvero “decisioni sconsiderate a breve termine” prese dai vertici per garantire profitti record lo scorso anno, con conseguenze però devastanti ma del tutto prevedibili sul mercato statunitense come il “rapido degrado” (“rapid degradation”) “of the company’s iconic American brands, Jeep, Ram, Chrysler and Dodge”, cioè dei marchi iconici che il Gruppo possiede negli Usa.
Una vena sciovinistica che, in piena campagna elettorale, rischia di entrare prepotentemente nel dibattito politico e riportare in auge l’insofferenza americana per una guida europea posta al volante delle loro Case automobilistiche più importanti.
Rispetto ai toni della missiva scritta dai concessionari Usa di Stellantis paiono quasi moderati quell usati qualche settimana fa dal carismatico Shawn Fain, leader del sindacato statunitense United Automobile Workers – il solo a essere riuscito a paralizzare simultaneamente ben tre Case automobilistiche– che a commento della semestrale aveva detto: “L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, è una vergogna e un imbarazzo per un’azienda americana un tempo grande. Mentre GM e Ford registrano profitti fantastici e un aumento delle vendite, Stellantis va indietro”.
LA REPLICA DI STELLANTIS
Irritata la replica di Stellantis, più che per il contenuto delle critiche per le modalità pubbliche: “Ci incontriamo e parliamo mensilmente, facciamo chiamate settimanali e conversazioni personali ai massimi livelli. Così dovrebbe svolgersi tale dialogo. Non crediamo che gli attacchi personali pubblici, come quello contenuto nella lettera aperta contro il nostro amministratore delegato, siano il modo più efficace per risolvere i problemi. Abbiamo iniziato un percorso – proseguono dalla filiale Usa di Stellantis – che si rivelerà vincente. Continueremo a lavorare con i nostri concessionari per evitare controversie pubbliche che ritarderanno la nostra capacità di produrre risultati”.
LA CLASS ACTION AMERICANA
Ma le grane che Stellantis dovrà affrontare negli Stati Uniti non sono finite dato che un processo potrebbe essere alle porte. Per alcuni azionisti americani Carlos Tavares avrebbe gonfiato artificialmente il prezzo delle azioni per gran parte del 2024 formulando valutazioni “straordinariamente positive” su scorte, potere di determinazione dei prezzi, nuovi prodotti e margine operativo. Tutti numeri smentiti dalla deludente semestrale. Da qui una inedita class action su cui sarà chiamata a esprimersi la giustizia statunitense. Ennesimo problema di un gruppo che negli Usa perde sempre più terreno.