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Luna-25

Perché il naufragio di Luna-25 è una lezione per Putin

La sonda Luna-25 è andata a frantumarsi sul suolo lunare, non si sa ufficialmente dove, ma certamente lontano dal cratere Boguslawsky dove era prevista la discesa. Ora, è importante che gli insuccessi siano una lezione per chi li vive e per gli osservatori che riportano quanto accade. L'approfondimento di Enrico Ferrone

È stata una settimana ansiogena per gli operatori mondiali dello spazio e per i principali analisti della geopolitica classica. La sonda Luna-25, lanciata dal cosmodromo russo di Vostotchny la notte del 10 agosto scorso -come ha raccontato bene ieri su Startmag Chiara Rossi- è andata a frantumarsi con i suoi 800 kg (peso a terra) di razzi, propellente e apparecchiature sul suolo lunare, non si sa ufficialmente dove, ma certamente lontano dal cratere Boguslawsky dove era prevista la discesa. L’ultima fase di manovra di atterraggio morbido che avrebbe dovuto celebrare la capacità spaziale di quella che fu una grande potenza spaziale è andata proprio male.

Di sicuro si è accertato che il veicolo spaziale russo è finito in un’orbita non prevista a causa della deviazione dei parametri effettivi ed è per questo che ha fatto naufragio. L’agenzia Roscosmos in un bollettino istituzionale è stata laconica: “Le comunicazioni con Luna-25 sono state interrotte”.

Sull’episodio non c’è da meravigliarsi più di tanto perché far atterrare un qualunque corpo su una superficie diversa da quella del nostro pianeta è cosa complessa e piena di rischi. Lo affermò tra i primi il presidente degli Stati Uniti John Kennedy nei suoi proclami nel lontano 1961 quando promise al Congresso, come prova di forza, che cittadini americani avrebbero esplorato la Luna entro la fine degli anni Sessanta e sarebbero ritornati vivi alle loro case.

Non nascondiamoci di aver visto già numerosi insuccessi anche recenti. L’israeliana SpaceIL nel 2019 ha fallito la discesa del suo lander Beresheet e recentemente Hakuto RM1 della società giapponese Ispace ha mancato il bersaglio mandando in lacrime il suo ideatore Takeshi Hakamada. Più lontano nel tempo e nello spazio, nel 2016 anche la sonda ExoMars è finita brutalmente sul suolo marziano infrangendo molte aspettative europee sull’esplorazione del Pianeta Rosso. E ci fermiamo qui con gli esempi.

Però questa missione può rappresentare una chiave di lettura per i prossimi scenari mondiali in campo di esplorazione dell’intero sistema solare.

Qualcuno si è domandato se sia stato il tempo opportuno per Vladimir Putin di promuovere un piano così ambizioso, ripreso dal lontano 1976, mentre le sue truppe stanno maldestramente sostenendo un combattimento contro una costola molto più piccola del suo immenso impero ma evidentemente meglio organizzata sul piano della politica internazionale. La risposta potrebbe essere scontata. E forse lo è. Bisogna però ricordare, dopo tutto, che anche a Washington si affrontarono spese e oneri dell’Apollo mentre nel sud est asiatico l’Unione era ingolfata in una guerra impraticabile, descritta dal diplomatico George Kennan come l’impresa più disastrosa in 200 anni di storia degli Stati Uniti. Quindi per la Russia una ripetizione piuttosto puntuale di quanto avvenuto nella coda dello scorso secolo dal suo storico nemico. Un modo per distrarre l’attenzione all’interno dei propri perimetri statali e un tentativo di accrescere la stima all’esterno. Questo è un ragionamento plausibile che lascia tuttavia supporre che il nuovo zar di Russia, con il fiato ormai corto su tutti gli scenari del mondo, se ha letto e ricalcato tutte le strategie di un passato ormai lontano, non è mai arrivato alla fine dei tomi per sapere come si siano conclusi realmente i fatti.

E senza poi vantare da queste righe di esperienze di strategia militare notiamo semplicemente che il tentativo di instaurare un nuovo ordine mondiale, così come prospettato dal sempre vivace Henry Kissinger -che ha valicato il primo secolo di vita lo scorso 27 maggio- è passato attraverso un’invasione in stile napoleonico -obsoleta oggi, ai tempi della cyber security- e un rilancio del disdicevole accaparramento della più importante regione lunare, a quel sappiamo, per gli ipotizzati giacimenti di acqua, senza però valutare concretamente le capacità di un sistema industriale soggetto a una obsolescenza non evitata e minimizzando la perdita di credibilità non solo verso il mondo occidentale ma anche nei riguardi di una Cina che nel corso di questi decenni mostra sempre più una capacità tecnologica di estrema avanguardia. Eppure, il direttore generale di Roscosmos Yuri Borisov, secondo l’Ansa, nei mesi scorsi aveva definito l’impresa lunare un affare tecnicamente rischioso, affermando al suo presidente che le probabilità di successo sarebbero state di solo il 70%. Un’ipotesi troppo onerosa ma nei laboratori russi, assai forti per la meccanica, l’elettronica è una disciplina ancora poco evoluta e gli automatismi non sono adeguati a quelli esistenti nei know-how del resto del mondo.

Ora, è importante che gli insuccessi siano una lezione per chi li vive e per gli osservatori che riportano quanto accade. Che Putin abbia capito o meno che sta varcando la soglia del non ritorno e che la sua dottrina è ormai superata, dovrebbe essere pensier suo e dei suoi subalterni. Se aver spinto Luna-25 sulla Luna è stata una priorità imprescindibile, la lezione dovrebbe essere stata inequivocabile. I passi più lunghi delle proprie gambe si possono sempre fare ma a patto che a sorreggerne il peso vi siano stampelle degne del loro compito. E questo principio, specie in campo spaziale, deve valere dappertutto, sia nelle organizzazioni statali che abbiano in dote l’intera filiera di lancio, che nei continenti dove emergono solo alcune specialità, come in Europa ma che poi sono prive di componenti vitali, come ad esempio l’intera gamma dei lanciatori.

Pertanto è sempre più necessario un ridimensionamento delle alleanze e una condivisione di alcune tecnologie più onerose per evitare competizioni inutili e incongruenze in una politica comune degli investimenti.

E chiudiamo proprio su Kissinger e i suoi ultimi saggi pubblicati. Il vecchio capo della diplomazia americana non ha mai nascosto la difficoltà che si possano equilibrare gli interessi nazionali delle potenze in competizione, fra quelle che hanno scritto le regole dell’ordine internazionale e quanti non le accettano. E così le battaglie ideologiche finiscono con il prevalere sulle reali esigenze del pianeta.

Secondo l’ex segretario di stato dell’amministrazione Nixon, il capitalismo autoritario è in realtà animato da interessi che hanno per priorità il rifiuto dell’ordine occidentale. Indipendentemente dai contenuti possibili. Fino a che le cose vanno in questo modo è veramente difficile immaginare un futuro di pace o di semplice e serena cooperazione nello spazio.

Intanto, vediamo domani o dopodomani come si comporterà Chandrayaan-3, lanciata alle 11:05 ora italiana il 14 luglio dal Centro Spaziale Satish Dhawan (Sriharikot, India) con un razzo Lvm3. Anche questa sonda punta diritta (si fa per dire!) al polo sud lunare. Forse gli indiani saranno più fortunati dei russi!

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