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Starlink Open Fiber

Non solo Starlink, tutti i guai di Open Fiber

Che cosa sta succedendo a Open Fiber? Fatti, numeri e approfondimenti

Non solo Tim, Starlink rischia di mettere (ancor di più) in difficoltà anche Open Fiber.

La divisione di internet satellitare di SpaceX, la società aerospaziale di Elon Musk, sostiene che l’introduzione di internet veloce in Italia è ostacolata dal maggior operatore telefonico del Paese con possibili ripercussioni per i servizi nel sud dell’Europa e in nord Africa.

Lo ha riportato a inizio settimana Bloomberg citando una denuncia presentata da Starlink al ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit) retto da Adolfo Urso, nella quale la società di Musk afferma che Telecom Italia per mesi non ha rispettato le normative che richiedono di condividere i dati dello spettro per evitare interferenze di frequenza. SpaceX ha presentato un simile esposto anche all’Agcom, ovvero l’autorità statale di regolamentazione per le telecomunicazioni, rileva ancora Bloomberg.

Come riportato da Startmag, a dicembre Il Sole 24 Ore aveva raccontato dell’approccio di Musk per portare il servizio satellitare Starlink in Italia e inserirlo nei progetti sulla banda ultralarga, a integrazione della copertura di Tim e Open Fiber. Quest’ultima infatti è concessionaria dello Stato per la copertura in ultrabroadband delle aree bianche, cioè quelle considerate a fallimento di mercato, ed è una delle due società (l’altra è Tim) vincitrici dei due bandi nell’ambito del “Piano Italia 1 Giga”. Il progetto rientra nei piani di intervento pubblico della Strategia italiana per la Banda Ultra Larga, finanziato e promosso dal Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio grazie ai fondi del Pnrr, e attuato dalla società statale Infratel Italia.

Il servizio di Internet satellitare Starlink si proporrebbe quindi di integrare i progetti per la diffusione della fibra ottica e della tecnologia mista Fwa (Fixed wireless access) nelle zone remote della Penisola.

Ma sarà un bene per Open Fiber? La società guidata da Giuseppe Gola, già in ritarso sull’implementazione della fibra nelle aree bianche, è anche alla ricerca di nuovi fondi per assicurarsi la continuità aziendale…

Tutti i dettagli.

IL BRACCIO DI FERRO TRA TIM E STARLINK

In una denuncia presentata alla fine della scorsa settimana all’Agcom e al Mimit, Starlink afferma che Tim per mesi non ha rispettato le norme che le impongono di condividere i dati dello spettro per evitare interferenze di frequenza con le sue apparecchiature, riporta Bloomberg.

La mancanza di accesso ai dati stava rallentando gravemente l’implementazione delle nuove apparecchiature gateway di proprietà di Starlink. A differenza di altri operatori, Telecom Italia “ha chiaramente informato Starlink di non volersi coordinare” e non ha condiviso i dati necessari, si legge nel documento. Secondo il report, ciò potrebbe anche causare interruzioni del servizio in alcune parti dell’Europa meridionale e del Nord Africa che sono parzialmente alimentate da apparecchiature situate in Italia.

Alla fine ieri è giunta la proposta di mediazione del ministro Urso sulla rete veloce con Tim che si è detta disponibile a dialogare con la società di Musk attraverso il Mimit.

A CHE PUNTO È LA RETE SATELLITARE STARLINK

Ad oggi SpaceX ha in orbita più di 5500 satelliti Starlink, che riescono a portare praticamente ovunque la la banda ultra-larga a bassissima latenza. Questi satelliti garantiscono l’accesso a internet a livello globale indipendentemente dalle connessioni terrestri. Per collegarsi, le persone necessitano di un terminale specifico di Starlink, una sorta di router che riceva i dati inviati dai satelliti, differenti dai segnali tradizionali delle stazioni di terra.

“Certo è che il fatto che Starlink sia di proprietà di Elon Musk (il boss di Tesla è ceo di SpaceX che è di fatto l’azienda madre di Starlink) non può essere un dettaglio” osserva oggi Il Sole 24 Ore aggiungendo: “Perché è proprio l’ambizione di Musk a trasformarsi nell’ambizione di Starlink: connettere il mondo a Internet attraverso i satelliti. Un progetto velleitario, per costi e per tecnologia. Perché al momento la fibra ottica sembra fornire performance migliori”.

Il servizio conta già circa 2,6 milioni di clienti e di recente la società ha lanciato in Italia un nuovo abbonamento a Starlink economico, al prezzo di 29 euro al mese, che si va ad aggiungere a quello standard da 40 euro al mese. Una mossa per conquistare più utenti… e non solo. “Con 40 propone velocità di connessione quasi competitive con la fibra ottica di Tim”, sottolineava Repubblica.

Una sfida diretta al principale operatore tlc italiano?

IL RUOLO DI OPEN FIBER

In realtà non solo. Sempre Repubblica segnala infatti che “l’arrivo di Starlink, tra l’altro, rischia di mandare definitivamente fuori gioco Open Fiber, che sta cercando faticosamente di portare la banda larga nelle aree più sperdute dello stivale. Ma se basta installare una parabola in casa tutto lo sforzo di scavare e tirare la fibra ottica a prezzi esorbitanti viene meno, e così anche l’investimento che la Cassa Depositi e Prestiti e il fondo australiano Macquarie hanno sopportato fin qui. Meglio dunque parlare con Musk e cercare di trovare un accordo prima che sia troppo tardi”.

GIÀ PIZZICATA DALLA CORTE DEI CONTI SULLE AREE BIANCHE

D’altronde proprio Open Fiber sta faticando a portare la banda larga nelle aree bianche, cioè quelle definite “a fallimento di mercato” per l’assenza di investimenti privati.

Proprio un mese fa il Collegio del controllo concomitante della Corte dei conti ha rilevato un “sensibile il ritardo registrato nella realizzazione delle infrastrutture digitali legate al Piano Banda Ultralarga – Aree Bianche per la connettività di circa 8,4 milioni abitazioni in Italia, con una dilatazione dei tempi medi delle fasi procedurali e uno spostamento in avanti della concreta attuazione rispetto alle scadenze originarie”.

“Secondo i dati al 31 dicembre 2023, ossia a meno di un anno dal termine previsto di conclusione del Piano (settembre 2024), non risultano ancora completati tutti i passaggi della progettazione, né definitiva né esecutiva” ha lamentato la magistratura contabile.

Tanto che “la realizzazione del Piano entro settembre 2024 richiederà l’impiego di significative forze lavoro”, ha sollecitato la Corte dei Conti.

IN RITARDO ANCHE SULLE AREE GRIGIE

Ma i cantieri di Open Fiber sono in ritardo anche nell’ambito del “Piano Italia 1 Giga”, progetto promosso dai fondi del Pnrr e attuato da Infratel per le aree grigie. Senza dimenticare che in caso di mancata copertura entro giugno 2026, l’Italia rischia di perdere 1,8 miliardi di fondi europei destinati alla società.

La società per la rete in fibra ottica  ha lanciato l’allarme ritardi sulla copertura dei civici a inizio anno. Confermando quanto già evidenziato dal sottosegretario di Palazzo Chigi con delega all’Innovazione, Alessio Butti, critico sulla possibilità per la società di raggiungere gli obiettivi. 

A Open Fiber occorrono quindi fondi per proseguire i lavori e portare a termine la realizzazione della rete nelle aree grigie entro il 2026, deadline per non perdere i fondi del Pnnr.

L’EMENDAMENTO A CUI LAVORA L’ESECUTIVO

Proprio per questo l’esecutivo sta approntando un emendamento al decreto Pnrr relativo alle aree grigie che potrebbe vedere la luce già ad aprile. Il provvedimento permetterà a Open Fiber e Tim (l’altra aggiudicataria del “Piano Italia 1 Giga”)  di coprire i numeri civici adiacenti, non compresi nei bandi,  in cambio di unità immobiliari dei lotti vinti più difficoltose da raggiungere per le aree grigie. “Se questo emendamento non ci fosse Oper Fiber dovrebbe posare 20 mila chilometri di fibra in più con extra-costi di 800 milioni e un anno aggiuntivo di lavori rischiando dunque di perdere i fondi del Pnrr” evidenzia Verità&Affari.

INCONTRO CON BANCHE E SOCI

Nel frattempo, si è svolto la scorsa settimana un primo incontro tra i vertici di Open Fiber, Cdp Equity (socio con il 60%), i rappresentanti del fondo Macquarie (azionista con il 40%) e i rappresentanti delle 14 banche finanziatrici della società, finalizzato a trovare una soluzione per mettere in sicurezza l’azienda guidata da Giuseppe Gola che nei prossimi anni è destinata a confluire nella Netco venduta a Kkr, riportava Radiocor.

La strada che si intende percorrere è quella di richiedere alle banche una deroga per utilizzare circa un miliardo del vecchio financing; una cifra che era già stata stanziata ma poi sospesa. Inoltre nella riunione si sarebbe anche discussa la rinegoziazione del financing da 7,2 miliardi per coprire il nuovo piano industriale che richiederà circa due miliardi aggiuntivi, in parte equity e in parte tramite finanziamento bancario.

IL FARO UE E L’INTERVENTO DI INFRATEL

Per quanto riguarda gli extra costi richiesti a Infratel (la società in-house del Mimit interfaccia tecnica del Piano) per le aree bianche, “Infratel potrà versare il contributo di 780 milioni a Open Fiber (OF) per il riequilibrio dei conti in relazione a una maggiore lunghezza della rete, a un costo superiore dei materiali e all’inflazione, non prima di ottobre e questo ritardo, inaspettato, aprendo un ulteriore buco di cassa, complica la messa in sicurezza della società, tanto più che la Dg Comp Ue ha acceso un faro sulla norma salva Open Fiber contenuta nell’emendamento al Pnrr che dovrà consentire a OF di collegare numeri civici situati in prossimità di quelli da mettere insieme con i soldi del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, riporta oggi Il Messaggero.

“A causa del ritardo, sarebbe necessario un intervento-ponte per la stessa somma di Infratel al fine di assicurare la liquidità in attesa che la controllata di Invitalia possa staccare l’assegno. Ma oltre questi 780 milioni, Open Fiber cerca dalle banche lo scongelamento della linea committed da 880 milioni, non erogabile al momento perché sono state violate le conditions precedents che sono dei parametri contabili presenti nel finanziamento.

PRESSING SULLE BANCHE (E SUI SOCI)

Infine, il quotidiano romano rileva che “gli istituti (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bpm, Santander, Bnp Paribas, Credit Agricole, Ing, Soc-Gen) hanno chiesto una garanzia Sace su una parte del prestito mentre sul tavolo è finita l’ipotesi che i soci di OF (Cdp con il 60% e Macquarie con il 40%) si accollassero un contributo di equity da 375 milioni. L’ulteriore necessità di trovare un prestito-ponte per sette mesi sui soldi di Infratel, rimette tutto in discussione. Le banche sono fredde a farsi carico della somma e c’è chi spinge affinché siano i soci a mettere mano al portafoglio e comunque per una tranche a carico degli istituti invocano un nuovo scudo della Sace”.

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