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Licenze Cloud

Cloud, come slalomeggia l’Osservatorio Polimi fra Aws, Google, Aruba, Almaviva e Irideos

Tesi e auspici sul cloud nazionale secondo l'Osservatorio del Politecnico di Milano in vista delle decisioni del governo Draghi

«Nel campo dei servizi più usati su smartphone abbiamo regalato i nostri dati ad aziende non europee. Mi sembra chiaro che ora non si voglia fare lo stesso errore con il cloud e in particolare con la pubblica amministrazione».

Parola di Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio cloud transformation del Politecnico di Milano, alla guida anche del tavolo di lavoro sul cloud per la Pa sempre nell’ambito dello stesso Osservatorio del Politecnico di Milano, in una intervista oggi al quotidiano la Repubblica.

Il governo Draghi, secondo Piva, sta seguendo l’impostazione europea tracciata dal consorzio Gaia-X: «Gaia-X è un insieme di linee guida su come soggetti pubblici e privati debbano scambiare e conservare i dati. Sono state pensate per proteggere le informazioni degli europei e dei loro enti. L’Italia condivide questo approccio. Di qui l’idea che la pubblica amministrazione debba abbracciare il cloud appoggiandosi al Polo strategico nazionale. Sarà questo a fornire l’infrastruttura con 35 datacenter scelti dall’Agenzia per l’Italia Digitale. Sono quelli che avrebbero le caratteristiche adeguate di sicurezza e affidabilità selezionati sui 1247 censiti. L’altra strada, non necessariamente alternativa, è di usare invece servizi commerciali iniziando a quelli dei colossi del Web, ma con particolari requisiti di sicurezza», ha detto il direttore dell’Osservatorio cloud transformation del Politecnico di Milano

Come si sta facendo in Francia per paura del Cloud Act americano, che permetterebbe al governo Usa di avere accesso a qualsiasi dato gestito in Europa da un cloud provider statunitense?, ha chiesto Repubblica a Piva «In Francia l’idea è di usare infrastrutture europee e, se necessario, solo tecnologie su licenza di compagnie esterne – ha risposto Piva – In pratica un software all’avanguardia che gestisce il data center può essere anche americano, ma viene installato sotto il completo controllo europeo. Un approccio che da una parte permette di avere la migliore tecnologia, dall’altro garantisce la sicurezza».

«Il fatto che i dati rimangano in Europa è fondamentale – ha aggiunto il direttore dell’Osservatorio Polimi sul cloud – Tutta l’infrastruttura cloud di oggi è in mano quasi solo ad aziende statunitensi. Non è unicamente un tema che riguarda la sicurezza, ma anche di riconquistare una sovranità tecnologica ed economica», dice Piva che dirige un Osservatorio sostenuto – come si legge sul sito dello stesso Osservatorio del Politecnico di Milano – anche dai colossi americani Aws e Google Cloud oltre che dalle italiane Aruba, Almaviva e Irideos.

Le preoccupazioni di Piva riguardano anche i colossi cinesi: «L’intelligenza artificiale (Ai), che è un campo strategico, si basa ad esempio su grandi quantità di dati. Se quelle informazioni, che vengono tutte dai servizi cloud, sono in poche mani saranno solo loro a poter sviluppare Ai di alto livello. In prospettiva il cloud è una chiave per la creazione di una parte importante della tecnologia che useremo domani. A differenza delle nostre compagnie, le multinazionali hi-tech statunitensi e cinesi hanno la capacità di fare ricerca ad altissimo livello anche grazie alla disponibilità immediata di un numero enorme di informazioni digitali».

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