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Il Gnl Usa potrà sostituire il gas russo in Italia?

Gli Stati Uniti si sono impegnati a fornire 15 miliardi di metri cubi di Gnl all'Unione europea per ridurre la dipendenza dalla Russia. Ma il piano è fattibile? Forse no. Ecco perché.

 

Gli Stati Uniti e l’Unione europea hanno raggiunto venerdì un accordo sulle forniture di gas naturale liquefatto (GNL) che dovrebbero aiutare il Vecchio continente a ridurre la dipendenza energetica dalla Russia.

LE MANI LEGATE DELL’EUROPA

È una dipendenza notevole – Mosca vale da sola quasi il 40 per cento del gas importato dall’Unione -, che rappresenta un rischio per la sicurezza europea oltre che un limite ai margini di azione in politica estera. Se la Russia dovesse interrompere i flussi di gas, infatti, l’Europa subirebbe un grande danno industriale e sociale. L’Unione, inoltre, non vuole sanzionare il settore energetico russo perché non sarebbe in grado di rimpiazzare i suoi idrocarburi; la rinuncia ad agire, però, comporta il finanziamento indiretto dell’aggressione russa all’Ucraina: ogni giorno i paesi europei acquistano gas, petrolio e carbone da Mosca per circa 1 miliardo di euro.

L’ACCORDO CON GLI STATI UNITI

Da settimane gli Stati Uniti, per provare a convincere l’Unione europea ad allinearsi alla massima pressione verso la Russia, sono alla ricerca di forniture di GNL utili a compensare i volumi russi: si sono rivolti al Qatar e al Giappone, ad esempio.

Il 25 marzo l’America ha annunciato che lavorerà con i suoi “partner internazionali” per fornire 15 miliardi di metri cubi di GNL all’Unione europea nel 2022 e ridurre la dipendenza dalla Russia. Bruxelles ha intenzione di ridurre di due terzi le importazioni di gas russo entro la fine dell’anno (ovvero 102 miliardi di metri cubi all’anno in meno, sui 155 totali), anche attraverso un aumento delle importazioni di GNL. Nello specifico, vuole comprare 50 miliardi di metri cubi di gas liquefatto.

“Consumo di gas in Europa, circa 430 miliardi di metri cubi l’anno (Italia 76), di cui 150 da Mosca, gas liquido promesso da Biden per staccarsi dalla Russia 15 miliardi l’anno. Le cifre parlano da sole”, ha scritto Alberto Negri, già inviato speciale di Esteri al Sole 24 Ore.

Nel più lungo periodo, Washington si è detta disponibile a vendere all’Europa ulteriori 50 miliardi di metri cubi di GNL all’anno fino al 2030, e Bruxelles a “garantire una domanda stabile“.

IL GNL PUÒ SOSTITUIRE IL GAS RUSSO?

Gli Stati Uniti non hanno specificato l’identità dei “partner internazionali” che dovrebbero garantire il GNL all’Unione europea. Al di là del valore politico dell’accordo, la sua fattibilità concreta è molto incerta.

Innanzitutto, la disponibilità di gas liquefatto a livello mondiale è limitata. E i principali esportatori, dagli Stati Uniti al Qatar, non sono in grado di aumentarne l’offerta sul mercato perché le loro capacità di esportazione sono quasi sature. Per espanderle ci vogliono anni: dai due ai tre, in media.

È improbabile anche che si verifichi un dirottamento verso l’Europa delle navi cariche di GNL dirette altrove, per due ragioni: una contrattuale e una di mercato. Il commercio globale di gas liquefatto avviene all’interno di contratti a lungo termine, che generalmente prevedono delle clausole che impediscono di reindirizzare verso altre mete il gas ancora in viaggio sulle metaniere. Il combustibile dovrebbe quindi prima arrivare alla destinazione prevista, e poi da lì ripartire verso l’Europa. Non è solo un processo lungo, ma inverosimile: i grandi consumatori di gas (come il Giappone) penseranno innanzitutto a soddisfare i propri fabbisogni, e difficilmente gli avanzeranno metri cubi di combustibile da condividere.

I carichi di GNL sganciati dai contratti, poi, di norma si dirigono verso l’Asia nord-orientale, perché i prezzi del mercato locale sono più alti di quelli europei e garantiscono profitti maggiori ai venditori. La crisi energetica europea ha cambiato un po’ il contesto, ma sembra non trattarsi di una mutazione strutturale: considerata la forza della domanda asiatica e la limitata disponibilità dell’offerta, è probabile che si innescherà una competizione per le forniture di GNL tra Europa e Asia che spingerà ancora più su i prezzi.

IL CONTRIBUTO DEGLI STATI UNITI

A dicembre 2021 gli Stati Uniti sono diventati i più grandi esportatori di gas liquefatto al mondo, sorpassando il Qatar e l’Australia. A febbraio 2022 le loro esportazioni hanno toccato il record di 13,3 miliardi di piedi cubi al giorno, e tanto più di questo non possono salire.

L’America possiede sette terminali di export. Una volta che il più recente – quello di Calcasieu Pass, in Louisiana – sarà pienamente operativo, entro la fine dell’anno, la capacità di esportazione del paese arriverà a 13,9 miliardi di piedi cubi.

Al di là del deficit impiantistico, non risolvibile nell’immediato, Washington non potrà riscaldare l’Europa con il suo gas per un altro motivo di contesto. Negli Stati Uniti la volontà e la direzione politica non può cioè imporsi completamente sulle logiche di mercato e sull’iniziativa privata. Di conseguenza, le metaniere americane potrebbero preferire navigare nell’oceano Pacifico, verso l’Asia, piuttosto che nell’Atlantico.

IL CONTRIBUTO DELLA CINA?

La Cina è la maggiore importatrice di GNL al mondo. Eppure, nei giorni scorsi, ne ha rivenduto in Europa tre carichi acquistati negli Stati Uniti. I lunghi contratti che le aziende cinesi hanno stipulato con i fornitori americani nei mesi scorsi, garantendo a Pechino volumi in eccesso rispetto al fabbisogno interno, potrebbero rendere il paese una potenza degli scambi di gas liquefatto sui mercati. È ancora presto per avere certezze, però. A remare contro questa ipotesi è il fatto che le autorità cinesi hanno chiesto alle imprese di aumentare le importazioni di gas per riempirne le scorte, prevedendo possibili sconvolgimenti delle forniture causati dalla guerra in Ucraina.

COSA STA FACENDO L’ITALIA

Anche qualora ve ne fosse la disponibilità, l’Unione europea non è in grado di accogliere grandi quantità di GNL perché non possiede abbastanza impianti di rigassificazione, necessari a riportare il gas liquefatto in forma gassosa per poterlo immettere nella rete. Oltre a essere pochi, i rigassificatori europei si concentrano in pochi paesi: la Spagna innanzitutto, poi la Francia e l’Italia.

Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto che l’Italia potrebbe dotarsi di una capacità di rigassificazione aggiuntiva di 24 miliardi di metri cubi nei prossimi dodici-diciotto mesi. Nel nostro paese sono attivi tre rigassificatori (a Panigaglia, a Livorno e a Porto Viro); il governo ha chiesto a Snam di acquisire una nave rigassificatrice e di noleggiarne una seconda.

È possibile, infine, che il governo decida di autorizzare due nuovi rigassificatori: uno a Gioia Tauro, in Calabria, realizzato da Sorgenia e Iren; e uno a Porto Empedocle, in Sicilia, a opera di Enel (qui l’approfondimento di Start Magazine).

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