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Emissioni

A Bruxelles prove tecniche di coccole agli agricoltori su pesticidi e non solo

Nella proposta della Commissione europea per il taglio del 90 per cento delle emissioni al 2040 non compare l'agricoltura. Ma nonostante il passo indietro di Bruxelles, i nuovi target potrebbero comunque non venire accolti bene: ecco dettagli e numeri

Martedì la Commissione europea ha proposto un obiettivo di riduzione netta del 90 per cento delle emissioni di gas serra entro il 2040, a livello comunitario. Si tratta di un target ambizioso, che si inserisce nella più ampia agenda climatica del blocco e che potrebbe però non venire accolto bene dagli stati membri: oltre alle proteste degli agricoltori delle ultime settimane, infatti – proteste che riguardano principalmente l’eliminazione dei sussidi all’acquisto di gasolio, un combustibile fossile -, i governi nazionali devono tenere conto anche delle difficoltà dell’industria a stare al passo con i tempi della transizione energetica e a reggere la concorrenza con la Cina, meglio posizionata nella produzione di “tecnologie pulite” come le auto elettriche e i pannelli solari.

SERVE PIÙ MODERAZIONE?

La Commissione deve aver tenuto conto di questo contesto difficile, almeno in parte, perché ha rimosso dalla sua proposta le parti relative alla decarbonizzazione dell’agricoltura. In una bozza di raccomandazione visionata da Reuters, infatti, si diceva che il comparto agricolo avrebbe dovuto ridurre del 30 per cento le emissioni dei gas serra diversi dalla CO2 (come il metano e l’azoto) entro il 2040, rispetto ai livelli del 2015; questo passaggio non è presente nel documento finale.

Intervenuto al Parlamento europeo per presentare la proposta sul taglio delle emissioni, il commissario per l’Azione climatica, Wopke Hoekstra, ha dichiarato che c’è bisogno di un “approccio bilanciato. La grande maggioranza dei nostri cittadini vede gli effetti del cambiamento climatico e vuole protezione, ma è anche preoccupata per ciò che questo comporta per il loro sostentamento”.

La moderazione di Bruxelles – rispetto ai piani iniziali, perlomeno – si lega anche al fatto che l’approvazione dell’obiettivo spetterà alla nuova Commissione al nuovo Parlamento che emergeranno dalle elezioni di giugno. I sondaggi sembrano indicare uno spostamento a destra del Parlamento europeo, anche per reazione alle politiche climatiche percepite come troppo costose e invasive.

COSA PREVEDE LA PROPOSTA EUROPEA SUL TAGLIO DELLE EMISSIONI AL 2040

Più nello specifico, la Commissione vuole che l’Unione europea riduca del 90 per cento le emissioni nette di gas serra entro il 2040, rispetto ai livelli del 1990. Il target al 2040 serve a rafforzare le prospettive per il raggiungimento sia dell’obiettivo sulle emissioni al 2030 (-55 per cento), sia dell’obiettivo al 2050 (l’azzeramento netto). Entrambi gli obiettivi, al 2030 e al 2050, sono obbligatori sul piano giuridico: attualmente, tuttavia, l’Unione europea non è sulla buona strada per soddisfare il target del 2030.

Sotto il profilo energetico, il taglio del 90 per cento delle emissioni al 2040 implica il distacco dalle centrali a carbone e una riduzione generale dell’80 per cento del consumo di tutti i combustibili fossili, che andranno sostituiti con le fonti rinnovabili e con il nucleare.

La Commissione dice inoltre di volere un’Unione europea all’avanguardia sulle tecnologie pulite – oggi è generalmente in ritardo rispetto alla Cina e forse anche rispetto agli Stati Uniti, che si sono mossi in anticipo -, inclusa la cattura del carbonio: si tratta di un procedimento lontano dall’affermazione commerciale ma molto promettente, che permette di sequestrare e stoccare la CO2 emessa dalle fabbriche e dagli impianti energetici, o anche di rimuovere quella già presente nell’atmosfera.

Nella proposta, la Commissione ha incluso anche le stime sui costi del mancato contenimento del riscaldamento globale a 1,5 °C rispetto al periodo pre-industriale: 2400 miliardi di euro, a livello comunitario, entro il 2050.

Quanto alle spese di adattamento, l’Unione europea dovrebbe investire nella transizione energetica circa 1500 miliardi di euro all’anno, ogni anno, tra il 2031 e il 2040. Non è chiaro da dove arriveranno tutti questi soldi.

E IL NUCLEARE?

Nella proposta sul taglio delle emissioni al 2040 si parla dell’energia nucleare come di una fonte “complementare” alle rinnovabili, ad esempio l’eolico e il solare. La Commissione di Ursula von der Leyen è stata spesso accusata – in particolare dalla Francia, la cui politica energetica si fonda proprio sull’atomica – di privilegiare le rinnovabili rispetto al nucleare, nonostante entrambe le fonti siano a zero emissioni di gas serra.

Bruxelles, comunque, ha annunciato il lancio di un’alleanza industriale per lo sviluppo di piccoli reattori modulari, una nuova tecnologia che dovrebbe ridurre i tempi e i costi di costruzione delle centrali nucleari.

– Leggi anche: Ma qual è il piano dell’Italia per il nucleare?

COSA FARÀ L’UNIONE EUROPEA CON I PESTICIDI PER L’AGRICOLTURA?

La maggior parte delle politiche implementate per la riduzione dell’impronta carbonica europea si rivolgono al settore energetico, ai trasporti e al riscaldamento domestico; l’agricoltura – che al 2040 sarà il primo comparto per emissioni a livello comunitario, dicono le previsioni riportate da Bloomberg – viene raramente toccata. E anche nella proposta per il 2040 il tema della decarbonizzazione dell’agricoltura non viene affrontato: la riduzione del 30 per cento delle emissioni di metano, azoto e non solo, come detto, è stata eliminata dal documento finale.

La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha inoltre spiegato di aver ritirato il piano per il dimezzamento dell’uso di pesticidi chimici al 2030 perché diventato un “simbolo di polarizzazione” politica (e infatti non aveva ricevuto l’approvazione del Parlamento lo scorso novembre). La decisione è stata salutata con favore da Coldiretti, l’associazione di rappresentanza degli agricoltori italiani.

“Guardando allo scenario 2030-40 le emissioni dell’agricoltura restano stabili”, ha spiega al Foglio Simone Tagliapietra, analista del think tank Bruegel: “È un segnale politico per evitare che le proteste degli agricoltori continuino fino alle elezioni. Si stanno cercando valvole di sfogo”.

Von der Leyen ha riconosciuto che “i nostri agricoltori meritano di essere ascoltati”, ma ha anche detto che “l’agricoltura deve muovere verso un modello di produzione più sostenibile”.

Tagliapietra ha ricordato come l’agricoltura sia “la categoria più sussidiata d’Europa, conta l’1,4 per cento del pil e il 4 per cento dei posti di lavoro, e ha un terzo del bilancio europeo allocato in sussidi”. Ciononostante, “non è stata toccata veramente dal Green deal”.

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