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Novonix

Ecco come l’Ira di Biden sta soffiando investimenti green all’Europa

L'Inflation Reduction Act di Biden ha convinto molte aziende a investire negli Stati Uniti, anziché in Europa. Il Vecchio continente rischia di rimanere senza i materiali critici per la transizione ecologica.

Uno dei timori più grandi della Commissione europea è che l’Inflation Reduction Act, la legge americana di stimolo alla produzione di tecnologie per l’energia pulita, possa lasciare il Vecchio continente a secco di capacità industriale e di investimenti, trasformandolo in un deserto postindustriale. È una paura forse esagerata ma non senza fondamento: un riorientamento totale degli investimenti dall’Unione europea agli Stati Uniti non c’è stato, però molte aziende di tecnologie pulite hanno effettivamente deciso di concentrarsi sul mercato americano, attirate dal contesto favorevole (sussidi generosi, regole semplici, prezzi dell’energia inferiori).

L’AVVERTIMENTO DI NOVONIX: UN DISTACCO IMPOSSIBILE DALLA CINA?

Novonix, una società canadese che realizza materiali per le batterie – il dispositivo più cruciale per la transizione ecologica: serve ad alimentare i veicoli elettrici e a stoccare l’elettricità rinnovabile -, è di questa idea. L’amministratore delegato Chris Burns ha detto infatti al Financial Times che l’Inflation Reduction Act sta allontanando le “industrie verdi” dall’Europa, e che questa focalizzazione sugli Stati Uniti avrà l’effetto di complicare i piani di Bruxelles per la creazione di filiere indipendenti dalla Cina.

La Cina è il paese nettamente dominante sulle supply chain delle batterie, dei pannelli solari e delle turbine eoliche, dalle materie prime fino ai prodotti finiti; Bruxelles considera Pechino una “rivale sistemica”, dunque una dipendenza industriale eccessiva potrebbe rappresentare un rischio per la sicurezza.

NOVONIX LAVORERÀ LA GRAFITE NEGLI STATI UNITI

Novonix stessa – specializzata nella produzione di grafite, un minerale critico per le batterie di cui la Cina è la maggiore raffinatrice al mondo – ha intenzione di investire negli Stati Uniti anziché nell’Unione europea o nel Regno Unito. “Abbiamo sempre pensato di espanderci in Europa”, ha detto Burns al Financial Times, “ma il finanziamento è la sfida più grande. La nostra attenzione”, ha aggiunto, è rivolta allo sviluppo del sito di Riverside e all’avvio del prossimo sito in Nordamerica. Questo ci terrà più che impegnati fino alla fine di questo decennio”.

Riverside, dove sorgerà lo stabilimento di lavorazione della grafite, si trova in Tennessee, nel sud-est degli Stati Uniti. L’Inflation Reduction Act, dal valore di 369 miliardi di dollari, prevede crediti d’imposta e aiuti vari alla manifattura statunitense e nordamericana di dispositivi e materiali per la transizione energetica. La grafite viene utilizzata in pressoché tutti gli anodi (gli elettrodi negativi) delle batterie; la Cina vale da sola circa il 70 per cento della sua raffinazione a livello globale e a ottobre ha introdotto delle restrizioni all’esportazione.

L’Unione europea è dipendente dalle importazioni per il 99 per cento del suo fabbisogno di grafite.

LA CINA SI TRASFERISCE IN EUROPA?

Nell’impossibilità di fatto di accedere al mercato statunitense – la politica industriale di Joe Biden è volta proprio a eliminare la presenza cinese nelle filiere critiche americane -, le aziende cinesi stanno valutando l’ingresso in Europa o nelle regioni limitrofe, come il Nordafrica.

Per esempio Shanghai Putailai, che realizza materiali per le batterie, ha annunciato un investimento da 1,3 miliardi di dollari per un impianto in Svezia; un’altra società cinese dello stesso settore, Ningbo Shanshan, ha piani molto simili per la Finlandia. C-One, assieme all’azienda canadese SRG Mining, vuole costruire uno stabilimento di lavorazione di materiali per batterie in Marocco: l’output sarà destinato al mercato europeo.

– Leggi anche: La Cina aggirerà il protezionismo verde di Usa e Ue attraverso il Marocco

L’Europa, dunque, potrebbe anche garantirsi le materie prime e intermedie di cui ha bisogno, ma rischia di ridursi al ruolo di assemblatrice delle tecnologie altrui, anziché di sviluppatrice delle proprie.

GLI INVESTITORI DI NOVONIX

Lo stabilimento di Novonix a Riverside, in Tennessee, dovrebbe produrre 20.000 tonnellate di grafite all’anno; per il futuro, l’azienda ha intenzione di espandere la produzione nordamericana a 150.000 tonnellate all’anno.

Gli stakeholder di Novonix si trovano in paesi alleati o partner degli Stati Uniti. Novonix, infatti, ha sede in Canada; tra i suoi azionisti ci sono LG Energy Solution e Phillips 66: la prima è una società sudcoreana di batterie; la seconda è una compagnia energetica statunitense che fornisce il coke necessario alla lavorazione della grafite dalla raffineria di Humber, nel Regno Unito (anziché dalla Cina). L’azienda ha cura di specificare, sulla propria pagina LinkedIn, che “tutti i materiali precursori e le attrezzature […] provengono dagli Stati Uniti”.

L’amministratore delegato Chris Burns ha detto al Financial Times che nei prossimi anni Novonix potrebbe aprire in un impianto in Europa, ma l’investimento dipenderà dalla domanda delle case automobilistiche e dei produttori di batterie locali.

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