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Reputation

Come nasce la classifica di Reputation Manager? Risposte e silenzi di Barchiesi

Com'è finita la vicenda della reputazione web dei manager e dei giornali on line farlocchi più o meno legati alla società Reputation Manager guidata da Andrea Barchiesi

Caro direttore,

ho visto che sei tornato, seppur di passaggio, sulla questione della reputation degli imprenditori.

In un articolo sul rebranding di Chiara Ferragni dopo le note vicende per truffa aggravata, viene citata l’agenzia di comunicazione Community, che nel 2018 ha fondato Reputation Science assieme a Reputation Manager. Reputation Science – lo ricordo a tutti i lettori – è, o perlomeno così si definisce, “la prima società italiana in grado di gestire in modo scientifico e integrato la reputazione di aziende, manager e istituzioni”: il prodotto sono anche le classifiche dei manager italiani che godono della migliore reputazione online pubblicate dal Corriere della Sera e dal mensile Prima Comunicazione.

In un secondo pezzo, stavolta sul sequestro preventivo della Guardia di Finanza a Banca Progetto, leggo che Paolo Fiorentino “figurava tra i top 100 dirigenti con la migliore reputazione online in Italia, stando alle rilevazioni di Top Manager”,  quando Fiorentino era a capo di Banca Carige, dal 2009 al 2018. Ricordo che nel gennaio 2019 Banca Carige venne messe in amministrazione straordinaria dopo un lungo periodo di difficoltà finanziarie; poi venne sospesa dalle contrattazioni in Borsa e infine acquisita da Bper, in una sorta di salutare operazione sistemica. L’ho riassunto molto velocemente, ma il caso Carige fu un vero e proprio disastro, con svariati miliardi di euro bruciati; menomale che la dirigenza era top, altrimenti chissà cosa sarebbe successo.

Caro direttore, con questi richiami mi stavi forse stuzzicando? O forse ti sei dimenticato? Mesi fa, in una letterina nella quale ti sfotticchiavo un po’ per la tua ossessione per quei giornali online sospetti che sembrerebbero essere legati a Reputation Manager e alle classifiche sulla reputazione dei manager, mi anticipavi che avresti contattato Reputation Manager per conoscere la loro versione. Qualche giorno dopo, ad un’altra lettera (non mia) suppergiù sullo stesso tema, rispondevi che avevi inviato le tue domande a Reputation Manager.

È passato oltre un mese: che ne è delle domande, e soprattutto delle risposte?

Caro direttore, se non rispetti le promesse ai lettori la tua reputazione online ne risentirà, dovresti saperlo…

Un caro saluto,

Francis Walsingham

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Caro Francis, le domande a Reputation Manager sono state inviate, ma finora non le ho pubblicate perché Andrea Barchiesi – che di Reputation Manager è fondatore e amministratore delegato – dopo varie stesure dell’intervista ha deciso di non rispondere ad alcuni interrogativi cruciali (e anche sull’ultima stesura poteva integrare/modificare le risposte come meglio credeva). A questo punto, dopo 50 giorni di attesa, pubblico in fondo tutta la conversazione, comprese le domande alle quali non ha risposto. Così tutti possono farsi un’opinione. (M.A.)

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LE PUNTATE PRECEDENTI DI START MAGAZINE SULLA VICENDA:

Reputation Manager, le classifiche, i siti e un paio di domande

Finti giornali. Tanto rumore per nulla?

Enav, ecco come naviga Pasqualino Monti tra cielo e mare

Tutti zitti sui finti giornali? Il caso Reputation manager e non solo

Ci sono finti giornali web che pompano la reputation dei top manager?

Parliamo dei premi dei giornaloni per le aziende?

La gara fra top manager italiani per la reputation

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START MAGAZINE: Com’è nata l’idea di una classifica sulla reputazione on line dei top manager?

BARCHIESI (REPUTATION MANAGER): Dal 2004, quando ancora non esistevano i social network ma si facevano strada le prime forme di web partecipativo, come ad esempio i portali di recensioni, ci siamo accorti che qualcosa nella comunicazione stava cambiando in modo radicale. Quello che fino a quel momento era stato molto legato al mondo della pubblicità, ovvero un brand che parla di fronte a un consumatore passivo, stava cedendo il passo a una comunicazione partecipata dai consumatori stessi: recensioni, blog, commenti in cui il consumatore reagisce, esprime il suo punto di vista in maniera diretta e totalmente disintermediata. Poi sono nati i social è questo meccanismo si è amplificato a dismisura con gli effetti che oggi tutti noi osserviamo. I personaggi pubblici, come i brand, sono stati travolti da questa dinamica.

Ci è sembrato quindi estremamente interessante misurare l’impatto di questa nuova comunicazione sulle figure apicali, che sono un asset fondamentale per l’azienda, ma non solo: i vertici si espongono sempre di più anche su temi più grandi, sull’economia, sulla politica, sulla società, sulla cultura. È estremamente interessante dal punto di vista sociologico analizzare le dinamiche di reazione a questa esposizione crescente.

Con queste premesse, nel 2013 abbiamo lanciato l’osservatorio Top Manager Reputation, sentendo l’esigenza di portare un approccio scientifico nella misurazione di queste dinamiche. L’Osservatorio analizza ogni mese più di 160 tra ceo e presidenti di grandi aziende attive in Italia.

Decidete di testare solo amministratori delegati o anche presidenti e altri dirigenti? Quali criteri seguite?

L’osservatorio monitora sia AD che Presidenti. I criteri sono molto stringenti: fatturato, rilevanza nel panorama economico italiano dell’azienda e carriera rilevante del top manager.

Siete solo voi a stabilire quali top manager testare oppure arrivano richieste dalle aziende?

C’è una Direzione dell’Osservatorio che stabilisce chi entra nel monitoraggio, seguendo appunto i rigorosi criteri sopra citati. Le aziende possono richiedere di essere valutate, ma se non soddisfano i criteri non vengono monitorate. Alla presenza dei requisiti, l’accesso è gratuito.

Se queste sono le procedure, come fate a realizzare – come vedo per il 2021 – un fatturato di quasi 5 milioni? Nel 2022 a quanto sono arrivati i ricavi?

[NESSUNA RISPOSTA]

Quali sono i vostri maggiori clienti?

[NESSUNA RISPOSTA]

Accogliete richieste anche di singoli dirigenti che vogliono essere testati?

Come già risposto devono rispettare i criteri sopra citati. I singoli dirigenti non possono quindi entrare nel monitoraggio se non soddisfano i suddetti criteri.

Considerate sia fattori quantitativi che qualitativi per i contenuti on line? Nella quantità cosa racchiudete?

Ogni singolo contenuto riferito al manager viene valutato in base a un algoritmo che tiene conto di parametri qualitativi, quantitativi e strutturali. Tecnicamente si tratta di 104 parametri, alcuni inerenti la struttura del contenuto, altri inerenti la struttura del dominio, e ciascun parametro ha un suo peso specifico. La quantità da sola non ha alcuna rilevanza. Un livello di profondità analitica che viene da ormai venti anni di studio delle dinamiche di generazione e propagazione dei contenuti in rete, la più avanzata metodologia di analisi presente sul mercato. Il nostro livello di valutazione qualitativa si muove su 10 gradi (5 di negatività e 5 di positività) a differenza dello standard di mercato che si muove su soli tre gradi (positivo, negativo, neutro). Nell’analisi c’è negatività e negatività, non sono tutte uguali. Un conto è una negatività al primo livello, ben altro conto una negatività al quinto livello.

Mediamente ogni mese analizziamo un flusso di oltre 40mila contenuti sui top manager, solo per dare un’idea della mole di dati alla base della classifica.

E come tenete conto della qualità? Ossia: i contenuti on line positivi valgono quanto quelli negativi, o quelli positivi valgono di più? Insomma, come sono “pesati”?

È l’esatto contrario: i contenuti negativi pesano di più. La qualità del contenuto in ogni caso è al centro ed è una sintesi del contenuto e del dominio che lo pubblica. Nelle dinamiche di viralizzazione la negatività è molto più potente, la percezione negativa è sempre più forte di quella positiva. È una situazione che possiamo sperimentare anche direttamente nelle interazioni online. La polarizzazione si acuisce poi anche a causa del meccanismo delle cosiddette “eco chambers”, ovvero tendiamo a interagire all’interno di bolle che rafforzano il nostro punto di vista, questo genera inevitabilmente una radicalizzazione di certe polarità. Come detto sopra certe negatività pesano molto più di altre.

Ma voi, o società a voi comunque legate, curano la comunicazione delle aziende o dei manager monitorati? Se sì, così non si influisce sulla reputazione on line?

Innanzitutto noi non siamo una società di comunicazione.

Beh, un attimo: in che senso non siete una società di comunicazione? Leggo che avete costituito con altri Reputation Science, che “definisce e implementa strategie di comunicazione data driven, mettendo a fattor comune il track record e le competenze di Community Group e Reputation Manager, due società che oggi si posizionano ai più elevati standard del mercato”. Insomma fate anche comunicazione.

[NESSUNA RISPOSTA]

Come spiegate il record negativo di Marina Berlusconi e quello positivo di Pasqualino Monti dell’ultima classifica pubblicata?

Il calo di Marina Berlusconi a ottobre è dovuto a una contrazione importante dell’impatto mediatico (qualitativo e quantitativo), dell’84% in meno rispetto alla rilevazione precedente. Nulla di particolarmente significativo e fisiologico all’interno del suo andamento caratteristico.

Per quanto riguarda l’incremento di Monti, è importante spiegare il funzionamento matematico del ranking. Nella parte bassa della classifica piccole variazioni mediatiche possono generare significative variazioni di posizione.

Diversamente nelle parti alte sono in gioco energie mediatiche estremamente importanti e quindi serve impatto molto più ampio per muovere un passo molto più piccolo. In una gara in cui partono mille persone è molto più facile passare da millesimo a ottocentesimo, che da decimo a nono. Nello specifico di Monti parliamo di un 69° posto, quindi una posizione a bassa mediaticità, e l’incremento a ottobre è dovuto a un impatto un po’ più alto rispetto alla rilevazione precedente e rispetto ai peers in quella parte della classifica e a tematiche rilevanti come il prestito di 160 milioni concesso dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) ad ENAV per l’ammodernamento e la digitalizzazione, che è stato ripreso da più testate insieme alle dichiarazioni di Monti. Bisogna d’ora in avanti vedere se confermerà questa intensità di flusso, che se non si attesterà allo stesso livello nei prossimi mesi, tornerà ai precedenti posizionamenti.

Non si tratta comunque di un caso isolato, proprio per la dinamica spiegata, i movimenti in bassa classifica sono frequenti.

Quale livello di ponderazione c’è fra i giornali web?

Come detto sopra, nel nostro algoritmo ci sono 36 parametri dedicati esclusivamente all’analisi del dominio che ospita i contenuti, che viene pesato per la sua importanza, la sua autorevolezza, la sua credibilità, la sua pertinenza, solo per citarne alcuni.

Insomma, aziende e manager si devono fidare dell’algoritmo. Almeno a loro sono svelati questi arcani?

La domanda è mal posta. Tutti gli algoritmi attorno a noi sono delle proprietà industriali. Dall’algoritmo di Netflix a quello di Facebook, fino a quelli che stiamo vedendo sorgere ora con l’intelligenza artificiale, non sono in chiaro. C’è un grande un fraintendimento alla base, quando l’algoritmo è in chiaro si parla di open source, una cosa completamente diversa. Questi algoritmi vengono valutati solo in base all’efficacia. Detto questo, la metodologia dell’osservatorio è in chiaro sul sito topmanagers.it/metodologia.

Considerate anche siti che non sono testate giornalistiche?

Come spiegavamo all’inizio la mediaticità attuale impone di considerare una molteplicità estesa di canali, compresi social network, Wikipedia, video, immagini. Ma questi canali non hanno tutti lo stesso peso. Questo è un aspetto fondamentale: le testate giornalistiche pesano molto di più nel ranking perché hanno caratteristiche di importanza, autorevolezza, approfondimento, permanenza nel tempo molto distanti ad esempio dai social network che per natura sono canali estremamente volatili, frammentari.

Alcuni di questi siti è stato registrato da voi?

Il ranking non include nostri portali, così come non include siti spam e nemmeno i siti dei brand. Un conto è cosa il brand comunica all’interno dei suoi siti, un altro è cosa dicono gli altri all’esterno. Ci interessa analizzare la percezione esterna all’azienda.

Alcuni di questi siti che non sono testate giornalistiche sono curati da persone o società vicine a Reputation Manager? Perché in alcuni casi mi hanno segnalato che ci sono molti articoli su di voi e su di lei.

Come ho detto, nel ranking non entrano nostri siti, per non inquinare la misurazione. Ad esempio il portale dedicato alla classifica www.topmanagers.it contiene naturalmente molti contenuti sui manager, ma non entrano in alcun modo nella misurazione.

Su X è emerso che almeno tre dei siti con contenuti su top manager sono stati registrati da Reputation Manager. Ce ne sono altri? Non sono minimamente considerati ai fini della vostra graduatoria? E perché sono stati messi on line? Non capisco.

Come detto, ai fini della graduatoria non sono considerati siti di nostra proprietà e non avrebbero in ogni caso alcuna rilevanza reputazionale perché come descritto nel funzionamento dell’algoritmo non hanno autorevolezza, audience, ecc. come ovvio a qualsiasi occhio esperto.

Continuo a non capire. Qual è il senso economico di mettere on line dei siti pieni di contenuti sui manager? Se davvero non vengono considerati ai fini della classifica sulla reputazione, ma sono dei semplici aggregatori di publiredazionali, perché questi siti sono così poco curati e male indicizzati su Google? Mi può dare una risposta chiara, per favore? E quanti siti, e quali, avete di preciso?

[NESSUNA RISPOSTA]

Il vostro algoritmo riesce a riconoscere se alcuni contenuti sono prodotti con l’intelligenza artificiale?

È un tema importante. soprattutto per il futuro. Nessuno ad oggi ha un sistema certo per intercettare contenuti prodotti da AI. Per il ranking non è comunque un problema in quanto inondare la rete di contenuti su domini di bassa rilevanza non impatta per gli ormai ripetuti criteri di autorevolezza, importanza, ecc. il sistema è ad oggi robusto. Uscendo da questo sarà molto importante per le tematiche di disinformazione.

Quanti siti che non sono testate giornalistiche sono ricompresi nel vostro monitoraggio sulla reputazione on line e continuo a non capire perché questi siti e quelli vostri sono stati messi on line e chi li ha messi (quelli non vostri).

È una domanda che non ha molto senso.

A mio parere sono le vostre classifiche a non avere molto senso, visto quanto mi dice. Ma andiamo avanti…

I nostri sistemi sono nati per monitorare ogni fenomeno, dai conflitti alle tematiche di salute. Il computo delle fonti è enorme. Le testate sono una parte di tutte queste ma anche questo non significa nulla poiché conta poi come detto più volte autorevolezza, audience ecc.

Non ritenete che con questo calderone le vostre graduatorie sono facilmente influenzabili dalle medesime aziende?

Utilizzando un algoritmo molto avanzato in grado di distinguere l’impatto dei contenuti non si influenza con siti finti o bot. L’unico modo per influenzarla è creare contenuti di ottimo livello su testate o domini rilevanti e avere delle buone riprese. E questa si chiama comunicazione. Non ci sono scorciatoie.

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