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Reputation Science

La gara fra top manager italiani per la reputation

Il successo delle classifiche di Reputation Manager. La lettera di Francis Walsingham

 

Caro direttore,

mi stai facendo apprezzare i giornali italiani: e pensare che fino a poco tempo fa quasi non li leggevo, preferendo per lavoro solo quelli americani, britannici e francesi.

Nei giorni scorsi ho scoperto che sul supplemento del lunedì del Corriere della SeraL’Economia, c’è una rubrica periodica con una classifica dei manager italiani che godono della migliore reputazione online. La classifica è a cura della società Reputation Science, che si definisce “la prima società italiana in grado di gestire in modo scientifico e integrato la reputazione di aziende, manager e istituzioni”.

Incuriosito dall’innovazione metodologica-giornalistica-editoriale, mi sono messo ad approfondire e ho scoperto – rispetto a quanto leggo sia sul Corriere della Sera che sulla rivista Prima Comunicazione, che ospitano le classifiche di Reputation Science – quali sono i capi azienda che hanno registrato il maggiore incremento e decremento del livello di reputazione.

Sull’ultima graduatoria relativa alla reputazione dei manager, a ottobre il record positivo l’ha registrato Pasqualino Monti. Mai sentito nominare prima, ti dico francamente. Ho cercato su Google per scoprire chi fosse e ho visto che è l’amministratore delegato di Enav. Ah, certo, Enav: l’associazione italiana dell’energia eolica. No, perdonami, mi sono confuso: è l’Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo, una società controllata dal ministero dell’Economia.

Mi sono sentito molto ignorante, caro direttore, te lo confesso. Mi è rimasta però una curiosità, visto che da Google vedo che si parla di Enav molto raramente, solo in occasione della pubblicazione dei dati societari e di qualche (sporadico) annuncio in merito ad accordi commerciali. Una comunicazione istituzionale che definirei minimalista, giustamente minimalista viste le caratteristiche della società. A maggior ragione, però, proprio non capisco a cosa sia dovuto il balzo della reputazione di Monti registrato a ottobre. Ho pensato alla pubblicazione dei risultati dei primi nove mesi dell’anno. Ma poi ho visto che i dati di bilancio sono stati diramati a novembre. Boh.

Mi sorge un altro boh anche sull’ultima classificata di ottobre: Marina Berlusconi, che ha perso il 6,2 per cento di reputazione e undici posizioni in classifica. Come mai? Colpa degli effetti del caso Giambruno? Eppure è stato Piersilvio Berlusconi a esporsi molto di più sul tema, dal punto di vista mediatico.

Comunque sia, avendo approfondito la metodologia di Reputation Science, non ci sono davvero gli estremi per nutrire dubbi sulla bontà e la serietà dei metodi. Reputation Science elabora per i suoi clienti “strategie data driven, basate su un’analisi dei dati rigorosa e supportata da metodi matematici”. L’ingegneria reputazionale, apprendo dal sito della società, “è una metodologia scientifica che consente di progettare, gestire, proteggere e ottimizzare l’identità digitale e la reputazione online di un soggetto; grazie a questa, Reputation Science può plasmare l’identità digitale di brand ed executive nell’ecosistema digitale, un universo in cui ogni singolo contenuto permane per tempo indefinito indipendentemente dalla sua data di pubblicazione. Partendo da una concezione delle informazioni presenti in rete come oggetti classificabili con una metodologia scientifica, l’ingegneria reputazionale trasla nel mondo della comunicazione concetti e teoremi utilizzati nel mondo della fisica, dell’elettronica e dell’analisi finanziaria”.

Davanti alla scienza e al rigore del metodo scientifico, lo sai, io mi inchino.

Inoltre, come si legge in calce alle classifiche pubblicate, “la graduatoria prende in esame i canali del web 1.0 (news e menzioni), quelli sul web 2.0 (blog, social network) e l’evoluzione storica, calcolando per ogni contenuto l’apporto reputazionale in termini sia quantitativi (volumi) che qualitativi (valori)”.

Ciò detto, giovedì scorso ho pranzato a Milano con un amico che si è occupato per decenni di relazioni esterne in aziende medio-grandi, perlopiù sttali, e gli ho accennato a questa scoperta che ho fatto sulla classifica dei manager italiani. Mi ha rivelato che le classifiche hanno un successo rilevante fra capi azienda e top manager perché la loro immagine è ovviamente in cima ai loro pensieri.

Questo amico da poco andato in pensione mi ha rivelato che esiste una sorta di competizione non dichiarata tra i capi azienda dei maggiori gruppi italiani per comparire ai piani alti della classifica di Reputation Science; e che questa competizione induce spesso i manager a mobilitare le strutture aziendali che si occupano in senso lato anche di comunicazione per mettere in campo le misure possibili e i mezzi adeguati – ovviamente in maniera del tutto legittima e per molti aspetti anche comprensibile – per aumentare i contenuti online che parlino della società e dunque anche del capo azienda, da pubblicare sia sul sito web dell’azienda stessa, sia da far riprendere alla stampa. Questa produzione di contenuti serve a far sì che il nome dell’azienda e del suo amministratore delegato salgano di posizione su Google, spingendo in basso gli eventuali articoli giornalistici meno positivi.

Sarà vero? Ah saperlo, diceva Dagospia quando era ancora Dagospia.

Cordiali saluti,

Francis Walsingham

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