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Ita Airways

Chi cerca di azzoppare Ita Airways?

Che cosa non si dice su Ita Airways. La lettera di Francis Walsingham

Caro direttore,

davvero qualcuno – economista, addetto ai lavori, sindacalista, comandante, manager – può pensare che una startup possa guadagnare a bizzeffe già dopo un paio di anni di attività?

È quanto mi sto chiedendo leggendo i pezzi di Start Magazine, del Corriere della sera e del Sole 24 ore che si stanno incaponendo a prevedere i risultati economico-finanziari di Ita Airways nel 2023, ossia di una compagnia nata nell’ottobre del 2021 acquistando molti dei beni che appartenevano ad Alitalia.

Leggo pure che qualcuno invoca trasparenza, ma non mi pare proprio – anzi – che la compagnia aerea non si stia attenendo agli obblighi di legge sui bilanci.

Il Corriere della sera ha pubblicato dati non smentiti, eccoli: “Ita Airways prevede di chiudere il 2023 in pareggio operativo, forse in terreno lievemente positivo, contro i -337 milioni di euro del 2022. Ma all’ultima riga del bilancio resterà il segno rosso, anche più che dimezzato rispetto all’anno prima e nonostante il caro voli: due fonti a conoscenza dei conti della compagnia — decollata il 15 ottobre 2021 subentrando ad Alitalia — spiegano al Corriere che si attende una perdita attorno ai 160 milioni di euro, contro i -486,18 milioni del 2022. Il 30 novembre la cassa ammontava a circa 600 milioni, proseguono le fonti, mentre al 31 dicembre dovrebbe scendere a 450 milioni”.

La compagnia presieduta da Antonino Turicchi – sottolinea il quotidiano Rcs – precisa che i dati verranno diffusi “a seguito della loro certificazione nei tempi e nei modi previsti dalla normativa”, come anche Start Magazine ha rimarcato. Poi il Corriere chiosa: “Se dovesse essere confermato il valore per il 2023, il rosso netto cumulato dalla sua creazione toccherebbe gli 815 milioni, di cui il 60% tutto nel 2022. Il primo bilancio depositato, sull’andamento del 2020 (quando non volava), mostra una perdita di 1,02 milioni. Che sale a -147,9 milioni nel 2021 con i primi due mesi e mezzo di attività. Il 2022 si è chiuso con una perdita d’esercizio di 486,19 milioni. Tenendo conto della voce «risultato prima delle imposte» il rosso complessivo dalla fondazione è di 994 milioni. Il piano industriale — nelle sue diverse versioni e sotto diversi presidenti — prevedeva perdite”.

Inoltre, alcune mie fonti del settore mi dicono la Sace del Mef ha approvato un finanziamento alla compagnia per l’acquisto di nuovi aerei e che le previsioni del fatturato sono positive e in crescita. Magari se tra un anno e passa il fatturato arrivasse a miliardi e miliardi la politica chiederà al Mef e a Ita di non vendere più ai privati. Speriamo di no, ovviamente.

Ma tutto o quasi è possibile nel fantastico mondo dei voli. Anche che la Commissione europea travolga Lufthansa con oltre cento domande (seicento, secondo il Sole 24 ore) dopo la notifica dell’operazione con Ita. E fra la caterva di interrogativi c’è anche uno che riguarda quale menu verrà servito a bordo quando la compagnia aerea tedesca entrerà nel capitale di quella italiana.

Ovviamente questo esempio rende palese e comprensibile per quale motivo Bruxelles lavori alacremente per non far nascere in Europa alcun grande gruppo in nessun comparto economico.

I tafazzismi non pullulano solo nei palazzi europei, ma anche in Italia, specie tra i sindacalisti.

Volevo rammentare, come forse ho già fatto in passato, alcuni fatti che rendono chiaro il quadro in cui i vertici di Ita devono muoversi. Tempo fa un giudice del Lavoro di Roma ha deciso che 77 ex dipendenti di Alitalia hanno il diritto di essere assunti da Ita Airways perché è stata “accertata la sussistenza del trasferimento di ramo d’azienda” tra la vecchia e la nuova compagnia. Non sono gli unici ad aver fatto causa. Altri 1.100 ex impiegati di Alitalia hanno citato in giudizio Ita.

Eppure è noto agli addetti ai lavori che la Commissione Ue ha approvato l’operazione dei governi italiani con Ita proprio perché c’era una cesura netta fra Alitalia e la nuova compagnia. Insomma: non doveva essere una cessione di ramo di azienda, come in effetti è avvenuto, ma che invece il giudice del lavoro pensa che doveva esserci.

I signori che hanno fatto causa, patrocinati anche da alcune di quelle organizzazioni sindacali che hanno contribuito – insieme a politici pasticcioni e manager inetti – allo sfascio di Alitalia (costato alle casse pubbliche, ossia a tutti, “12,6 miliardi in 45 anni”, secondo una stima del Sole 24 ore), sono un esempio dell’italico far nulla a spese dello Stato.

Ma c’è dell’altro. Ci sono pure – fra quei 77 – taluni che dopo aver fatto causa per essere assunti e averla vinta non si sono presenti al lavoro, pare perché chiedevano compensi arretrati o perché hanno scoperto che dovevano versare dei contributi.

La notizia di pochi giorni fa, infatti, è che Ita Airways ha avviato un procedimento disciplinare nei confronti di 53 ex dipendenti di Alitalia che erano stati assunti lo scorso giugno in seguito a una sentenza favorevole a un loro ricorso. Ita – ho letto – sostiene che 53 dipendenti riassunti non si siano presentati agli appuntamenti per le visite mediche e ai colloqui necessari per inserirli in servizio. A novembre la compagnia aerea ha inviato lettere di contestazione, a cui negli ultimi giorni sono seguite le prime lettere di licenziamento. Alcuni degli ex dipendenti hanno risposto alle contestazioni sostenendo di essere in ferie o all’estero. Dal momento del licenziamento, a cui potranno opporsi con un ricorso, riceveranno l’indennità di disoccupazione.

Caro direttore, visti i burocrati bruxellesi e i sindacalisti ex Alitalia è un miracolo che Ita Airways stia ancora in piedi e vada meglio di quanto i menagramo astiosi potevano prevedere o auspicare.

Cordiali saluti,

Francis Walsingham

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Concordo in toto. Grazie. (M.A.)

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