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Ita Airways: problemi, conti e prospettive (con Lufthansa)

Pregi e difetti di Ita Airways, gli errori sugli aerei, i conti 2023 e gli scenari (con Lufthansa). Conversazione di Start Magazine con Cristiano Spazzali, esperto di trasporto aereo.

Come chiuderà il 2023 Ita Airways? Le scelte della compagnia del Mef sugli aerei è stata azzeccata? E l’operazione con Lufthansa andrà in porto?

Ecco che cosa ha risposto alle domande di Start Magazine Cristiano Spazzali, esperto di trasporti aerei: ha collaborato con varie compagnie aeree e aeroporti ed è stato direttore generale di Azzurra Air, attualmente lavora come consulente per le strategie nel settore aeronautico.

Spazzali è l’unico esperto del ramo che ha accettato di commentare le anticipazioni di Start Magazine sui conti di Ita: il quadro complessivo di Ita la vede con dei costi (stimati) per circa 220 milioni di euro al mese (media) mentre i ricavi al momento, sempre secondo le stime, sarebbero di 195 milioni di euro mese (media). In termini di bilancio Ita dovrà fare i conti con la svalutazione del marchio Alitalia, con l’introduzione di riserve straordinarie per le cause in corso con gli ex Alitalia e con la cassa che dovrebbe ormai essere in esaurimento; tutte queste proiezioni indicano un possibile fabbisogno finanziario per Ita entro il 31 dicembre 2023, ha rivelato Startmag alcuni giorni fa.

Spazzali, cosa ne pensa dei dati svelati da Start Magazine?

Ho avuto modo di analizzare quanto mi avete inviato e direi che, con un margine di errore del 5%, molto probabilmente le stime sono abbastanza azzeccate. Io stesso nei giorni scorsi ho fatto un’analisi approfondita sulle attività di Ita e debbo dire che i dati sono abbastanza simili a quelli che avete prospettato. Se poi questi dati, al 31/12/23, dovessero essere confermati a Ita serviranno un bel po’ di soldi e subito, inizialmente direi non meno di 5/600 milioni di euro, innanzitutto per gli investimenti e poi anche per la gestione corrente. Il pericolo è che la compagnia, come avete giustamente detto voi, si “ingessi” sulle attività quotidiane e non riesca a portare avanti gli investimenti. Per il bene della compagnia questa evenienza, va assolutamente evitata.

Parliamo del dossier Lufthansa: lei recentemente sul Sussidiario.net ha pubblicato un approfondimento sul tema, affermando che Ita per sopravvivere ha bisogno di Lufthansa. Perché?

Ita è un animale ibrido, e nel panorama delle full service carrier non ha ancora una sua collocazione specifica, non ha un prodotto ben definito e un ruolo chiaro nelle alleanze. Il vettore non è ancora del tutto strutturato ed ha subito in due anni vari cambi manageriali. Un’azienda così delicata necessita di tranquillità sia dal lato economico che da quello manageriale e Ita non ha potuto godere del secondo e solo in parte del primo. A mio giudizio con quella dotazione finanziaria iniziale si sarebbe potuto fare molto di più.

Molto di più? E come?

Personalmente avrei scelto aerei diversi. La sensazione è che queste scelte si possano ricondurre ad un chiaro intento e cioè quello di non utilizzare in Ita i comandanti più anziani che volavano in Alitalia sui Boeing di lungo raggio, sicuramente molto esperti. E quindi per questo motivo la Boeing, suo malgrado, potrebbe essere stata tagliata fuori da ogni ragionamento. Mi faccia aggiungere che quando si crea un’azienda da zero, queste criticità, molto legate agli interessi di pochi, non dovrebbero mai pesare sulle scelte strategiche. Scelte che devono essere ponderate solo sulla base dei freddi numeri e conseguentemente nei risultati. Alla fine queste scelte le paghi, e anche a caro prezzo.

Lei che cosa avrebbe fatto?

Se fosse dipeso dal sottoscritto, avrei optato per un tipo di flotta mista, Boeing/Airbus, non avrei preso gli Airbus A350, preferendo a quel modello, il Boeing B777-300 più capiente, e quindi non mi sarei limitato a scegliere un solo costruttore. Inoltre credo che anche sulla scelta degli Airbus A220 ci sarebbe da fare qualche riflessione.

Che tipo di riflessione?

Gli A220 sono costruiti dalla Airbus, ma il progetto originale era stato ideato dalla Bombardier canadese. Sono aerei pensati per voli point to point e per le operazioni di feederaggio su rotte regionali a bassa capacità di traffico, ma necessitano, per un equilibrio economico, di tariffe mediamente più alte. Sono aeromobili che non dovrebbero essere impiegati su rotte domestiche ad alta capacità di traffico, dove la tariffa deve essere concorrenziale con quella delle low-cost. Gli A220 sono stati scelti da Ita per sostituire i vecchi Airbus A319, ormai obsoleti e abbastanza costosi dal punto di vista delle spese di gestione, ma non risolvono il problema di fondo.

Per quale motivo?

Perché è come se lei dovesse sostituire la sua lavatrice di casa perché la famiglia è diventata più numerosa. Se poi prende un modello diverso ma con la stessa capacità di carico, il problema non lo risolverà mai. Gliene serve una che possa caricare più peso. Per Ita, vale la stessa filosofia.

Ci può fare un esempio concreto per capire meglio questa dinamica?

Assolutamente: Ita ha basato il grosso della flotta degli A319, che possono trasportare fino a 141 passeggeri, su Milano Linate, dove ogni giorno vengono coperte le rotte Nord-Sud. Le destinazioni operano in un range compreso tra un’ora e venti minuti, e un’ora e cinquanta minuti di volo. Il grosso della flotta degli A320, da 180 passeggeri, invece è di base a Roma Fiumicino. Gli aerei a Fiumicino operano più o meno le stesse destinazioni domestiche di Linate, ma impiegano meno tempo di percorrenza, circa 50 minuti, massimo un ora di volo. E quindi, perché utilizzare su una rotta più lunga un aereo più costoso e meno capiente e su una rotta più corta un aereo che costa più o meno uguale ma che porta più passeggeri? Avrebbe più senso fare l’esatto contrario…

E lei si è dato una risposta?

Ho fatto molto di più. Ho creato un report, simulando il trasferimento degli aerei che sono basati a Milano Linate e li ho portati a Roma Fiumicino. E viceversa, quelli di Roma Fiumicino li ho trasferiti a Linate, per capire se con una riorganizzazione del network ci potessero essere dei miglioramenti sia in termini operativi che di economia di scala.

Qual è il risultato?

Scontato! C’è un sensibile miglioramento in termini sia di capacità, sia di offerta che di frequenza dei voli, calano i costi e c’è un miglioramento in tutte le aree che prevedono costi variabili legati al volo, con un risultato migliorativo rispetto al conto economico del network originale, di quasi 110 milioni di euro all’anno. Il margine di errore è quantificabile in circa un 10%, ma il risultato è comunque apprezzabile.

Quindi Ita secondo lei avrebbe fatto male a comprare o noleggiare questi aerei?

Non in termini assoluti, dipende sempre che cosa si vuole fare da grandi e dove si vuole volare. In Italia, nel 2022, il sistema del trasporto aereo delle low-cost, nel bacino Italia-Europa, ha fatto registrare più di 78 milioni di passeggeri, su un totale di traffico originato dall’Italia di circa 87 milioni di passeggeri. Il load factor delle varie Ryanair, EasyJet, Wizz etc. etc., solo per citare le più importanti, ha sfiorato il 94% di riempimento. Ita nello stesso periodo ha trasportato solo 13,8 milioni di passeggeri, con un indice di riempimento del 70%, e il dato è in continua evoluzione sempre a favore delle low-cost. Noi, come Paese, abbiamo una conformazione del territorio che costringe le persone che si devono spostare da Nord a Sud, con esigenze di tempo, a prendere l’aereo, ed ecco spiegato perché le low-cost non trovando molta concorrenza in Italia riescono nel loro intento, che io definirei “predatorio”, di introdurre sempre nuove destinazioni a prezzi concorrenziali rispetto a quelli di Ita, utilizzando aerei più capienti, quelli da almeno 180 posti per intendersi. Quindi alla sua domanda, la risposta più corretta è che per ogni destinazione c’è l’aereo giusto.

E il treno in un prossimo futuro potrebbe essere il concorrente di Ita?

Se parliamo di rotaia, il sistema ferroviario in Italia funziona abbastanza bene, in particolare sulle direttrici Est-Nord-Ovest e viceversa e Nord-Centro-Nord. Passata la linea di demarcazione con il Lazio, purtroppo, cominciano i problemi. Sulla base di questi assunti dobbiamo immaginare un futuro dove il treno sarà certamente un mezzo concorrenziale all’aeroplano ma, di fatto, potrebbe essere anche un sistema a supporto e ad integrazione dei voli. Ecco quindi che le scelte di flotta vanno ponderate non secondo il “mi piace”, ma secondo quanto “mi porta”, sia in termini di guadagno che di risparmio dei costi.

Torniamo agli aerei.

Personalmente avrei optato per inserire in flotta al massimo 5 Airbus A220, tali da poter operare rotte come la London City e la Firenze Peretola che sono aeroporti con piste corte e quindi limitati per normativa. Per il resto avrei scelto una flotta omogenea di Airbus A320 e A321, in modo da aumentare sensibilmente la mia offerta in termini di posti e allo stesso tempo applicare una politica tariffaria, certamente più aggressiva, per recuperare una parte del traffico che oggi invece di salire sugli aerei di Ita, utilizza le low-cost per i propri spostamenti, ma con tariffe applicate più alte, senza quindi dover per forza entrare in conflitto con i vettori a basso costo.

Cosa pensa della gestione di Ita fino ad oggi?

Nel bene o nel male, a questa domanda preferisco non rispondere.

Proviamo diversamente: secondo lei Ita di che cosa avrebbe bisogno per sostenersi con le proprie gambe?

Mettiamola così. L’attuale presidente Antonino Turicchi (nella foto, ndr) è sicuramente un ottimo funzionario pubblico, esperto di finanza e di banche, ma a mio avviso per la conduzione di una compagnia aerea serve una figura che abbia più esperienza nel settore aeronautico. Come può una persona prendere delle decisioni se non conosce a fondo la materia? Ad esempio, come si può firmare un contratto di leasing o di acquisto di un aeroplano se non si conoscono tutte le variabili che per un aeroplano, oserei dire, sono infinite. Non è una autovettura. Solo l’esperienza, e mi creda a volte non basta neanche quella, ti può aiutare a prendere queste decisioni, altrimenti sei sempre in balia di altri, che pensi ne sappiano più di te, ma che a volte fanno solo finta di sapere… Diciamo che Ita, di queste persone, non ne ha proprio bisogno.

Torniamo a Lufthansa. Quando pensa che i tedeschi potranno effettivamente fare il loro ingresso in Ita?

Innanzitutto va fatta una premessa: il gruppo Lufthansa è composto da gente seria e sono persone che conoscono bene il mondo aeronautico. In tutti questi mesi Lufthansa ha cercato in tutti i modi di arrivare ad un compromesso con la DG Competition. A mio avviso questa mediazione non è andata a buon fine non per una, ma per svariate ragioni. Ad un certo punto, i tedeschi si sono dovuti arrendere all’evidenza dei fatti, e cioè che la Commissione, in questo momento, preferirebbe non prendere decisioni di questa portata fino ad elezioni europee concluse.

Quindi che cosa prevede?

La mia previsione, nonostante le rassicurazioni dei giorni scorsi del Commissario pro-tempore Didier Reynders sulla velocità delle operazioni di valutazione, è che con Bruxelles, con molta probabilità, si andrà oltre la cosiddetta “Fase 2”, e che Lufthansa potrebbe fare il suo ingresso in Ita non prima di ottobre/novembre del 2024. Senza nulla togliere alla professionalità degli attuali dirigenti di Ita, e stando così le cose, sarebbe veramente opportuno che il Governo valutasse un cambio di gestione, affidando la compagnia a persone con una preparazione più specifica ed impedisse all attuale CDA di operare nuove assunzioni che potrebbero essere estremamente deleterie.

Secondo la sua esperienza, Lufthansa potrebbe essere il partner giusto per Ita oppure ci ritroveremo di fronte ad un ennesimo fallimento come quello di Alitalia?

Il settore dell’aviazione commerciale in Italia ha partorito negli anni passati molte figure professionali interessanti. Ma la maggior parte di questi professionisti del settore non sono riusciti ad innovarsi e si sono portati dietro un forte retaggio storico, quasi sempre riconducibile a “mamma” Alitalia. Usciti poi da Alitalia, e dentro nuove realtà, hanno applicato le stesse metodologie della ex compagnia di bandiera, di fatto fallimentari o comunque con un forte profilo assistenzialista. Ed è stata quindi una conseguenza logica quella che ha visto l’Italia negli anni 2000 avere più di 20 compagnie aeree, mentre oggi, purtroppo, i vettori italiani li possiamo contare sulle dita di una sola mano.

Se prendiamo l’esempio dei tedeschi e la figura manageriale di Carsten Spohr, attuale ceo del Gruppo Lufthansa, ci accorgiamo che questo signore ha passato più di 20 anni a ricoprire vari ruoli all’interno della compagnia, accumulando esperienza in moltissimi ambiti, e che lo hanno portato ad essere oggi il capo di una delle compagnie aeree più importanti al mondo. I tedeschi, ed è bene ricordarlo, rispondono a logiche esclusivamente industriali, poco politiche, e sicuramente non amano l’assistenzialismo, ed hanno compreso prima di tutti che la vera sfida è innovare, diversificare e fare squadra. Da soli, oggi, non si va da nessuna parte, è una politica fallimentare. Per rispondere alla Sua domanda, se Lufthansa per Ita è la scelta più azzeccata, io le rispondo di si.

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