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Quando il motore elettrico della startup s’ingolfa: crescono le neo aziende in panne

Dovevano rivoluzionare il mercato dell'auto in vista del debutto dei nuovi propulsori elettrici, ma molte startup sono state travolte dalla crisi e faticano a rintracciare capitali

La transizione ecologica in atto ha ridisegnato le filiere, messo in difficoltà gli attori che da tempo dominavano il mercato dell’auto e consentito a un buon numero di startup di fare il proprio ingresso sfidando le big dell’industria. Tra round stratosferici, investitori d’eccezione, annunci mirabolanti, quotazioni da record, il settore pareva davvero in mano a nuovi attori, piccole Tesla in rapida ascesa, ma non tutti stanno benissimo…

RIVIAN E LUCID: STARTUP IN LENTA RIPARTENZA

La prima a manifestare qualche problema al motore è stata Rivian, la startup dei pick up elettrici in cui avevano scommesso Ford (che poi s’è liberata della maggior parte delle azioni) e Amazon (che la sfrutterà per il rinnovo in senso green della propria flotta), che s’è accollata quindi gran parte dei suoi problemi legati prima alla pandemia, poi alla crisi dei chip e all’impennata generalizzata dei costi.

Tutto sommato, Rivian sta ripartendo: lo stabilimento di Normal, in Illinois, nel Q4 2022 ha prodotto 10.020 veicoli, ovvero il 36% in più rispetto al Q3 2022 e dieci volte tanto quanto registrato nello stesso periodo dell’anno scorso. Non bisogna stupirsi di numeri tanto positivi, considerato il periodo difficile appena trascorso, ma questi “+” invitano a credere che la crisi possa dirsi alle spalle. Quanto alle vendite, nel Q4 Rivian ha consegnato 8.054 veicoli, ovvero 1.470 modelli in più rispetto al Q3, mentre nel Q4 2021 si era fermata a 909 veicoli: i numeri non si riferiscono ad un solo modello, ma a tutta la flotta Rivian, vale a dire R1T, R1S e EDV 700, nella fattispecie i furgoni elettrici costruiti per Amazon. Nell’arco di tutto il 2022 Rivian ha prodotto un totale di 24.337 veicoli, mancando di pochissimo l’obiettivo annuale di 25.000, mentre le consegne totali sono state di 20.332. Considerato che pochi mesi fa i preordini superavano le 83mila unità, c’è ancora molto da lavorare e sfornare.

Situazione analoga per la californiana Lucid Motors che piace parecchio ai sauditi (ci hanno investito fior di miliardi): la casa automobilistica americana aveva progressivamente abbassato i suoi obiettivi di vendita del 2022 passando dal target di 20.000 veicoli ad appena 6.000/7.000 vetture. Grazie al quarto trimestre positivo in cui sono state costruite 3.493 auto, Lucid Motors ha chiuso il 2022 con 7.180 Lucid Air prodotte. Dunque, obiettivo centrato, anzi leggermente superato. L’azienda però ha già raccolto oltre 37.000 prenotazioni che rappresentano vendite potenziali per circa 3,5 miliardi di dollari.

Anche le consegne nel quarto trimestre del 2022 sono aumentate. 1.932 auto sono arrivate nelle mani dei clienti contro le sole 1.398 del terzo trimestre. Complessivamente, 4.369 Lucid Air sono state consegnate nel 2022, ovvero quasi il 61% dei veicoli costruiti. La società non ha ancora condiviso gli obiettivi di produzione e delle consegne per il 2023 e la pubblicazione dei risultati finanziari completi del 2022 è prevista per il 22 febbraio 2023.

LICENZIAMENTI IN VISTA PER LA REALTA’ DIETRO I FURGONI EV DI UPS

Se ci sono case che sembrano ripartire, altre sono nel pieno della crisi. La startup britannica della mobilità elettrica Arrival che fa i camion elettrici per Ups, in cui hanno investito Hyundai e Kia, ha comunicato una nuova tranche di licenziamenti che colpirà la metà della propria forza lavoro. Una volta ultimata questa ristrutturazione aziendale, rimarranno 800 dipendenti. Un terremoto che ha riguardato anche i vertici, col Ceo Peter Cuneo che ha lasciato il volante a Igor Torgov.

LA STARTUP LIGHTYEAR CAMBIA I PIANI PER SOPRAVVIVERE

Rimasta a piedi la startup dell’auto solare Lightyear, con la produzione del modello Zero bloccata a due mesi dall’avvio. Come ha spiegato Electrek, la società ha comunicato che preferisce concentrarsi sullo sviluppo di un secondo modello, il Lightyear 2 che dovrebbe costare 40mila euro, prezzo di gran lunga inferiore rispetto ai 250mila del Lightyear 0: «Abbiamo dovuto decidere di riorientare completamente la nostra attenzione e le nostre risorse verso Lightyear 2. Questo significa, di fatto, che abbiamo dovuto sospendere la produzione di Lightyear 0».

STESSO DESTINO PER BRITISHVOLT E ITALVOLT?

Sul fronte delle batterie elettriche, il caso più eclatante è senz’altro quello di Britishvolt. La gigafactory da 3,8 miliardi di euro e 3 mila lavoratori da costruire nel Nord dell’Inghilterra, a Blyth, in collaborazione con Pininfarina, Siemens, Aston Martin e Lotus, non ha trovato capitali ed è finita in amministrazione controllata.

Incerto anche il futuro della gemellina Italvolt. In Piemonte a rischio l’investimento per la gigafactory di batterie per le auto elettriche nei terreni della ex Olivetti che dovrebbe occupare circa 4-5 mila persone. Dopo aver visto sfumare il progetto di Silk-Faw, joint venture sino-americana che intendeva trasferirsi in Emilia per produrre hypercar totalmente elettriche, adesso potrebbe essere il turno della svedese Italvolt.

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