“L’Ucraina non è solo un paese confinante ma è parte integrane della nostra storia, cultura e spazio spirituale”. Vladimir Putin ha provato a vestire di dignità storica il riconoscimento delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, mossa che allontana la sigla del negoziato e fa scattare le prime, modeste, sanzioni.
Riconoscimento delle Repubbliche del Donbass: mossa scenografica
“La Russia non sta annettendo l’intero Donbass, sta riconoscendo queste due sedicenti repubbliche, che per altro controlla da ormai 8 anni – ha detto l’analista geopolitico Dario Fabbri nel corso di Linea Notte su Rai 3 -. Entra oggi l’esercito russo ma, in realtà, la Russia è lì da molto tempo. Quella che vediamo in questi giorni è soprattutto scenografia. Quei territori appartengono già di fatto alla Russia, è un territorio che è stato già preso, già violato 8 anni fa. Oggi è stato riconosciuto come indipendente che poi indipendente non è perché è governato dalla Russia. Militarmente la Russia controlla questi territori attraverso i movimenti paramilitari locali ma anche con truppe regolari, oltre agli uomini dell’intelligence e a quelli del gruppo Wagner. Essenzialmente l’operazione in sé è quasi inesistente, è come formalizzare un controllo su un territorio in atto già da 8 anni”.
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Repubbliche di Donetsk e di Lugansk etnicamente russe
Le Repubbliche di Donetsk e di Lugansk “sono autonome dal 2014 e si gestiscono da sole”. Le repubbliche sarebbero anche etnicamente assimilabili alla Russia. “Sono abitate in maggior parte da popolazione che si percepisce russa – ha sottolineato Fabbri intervenuto a Zapping, il programma radiofonico in onda su Radio Uno -. Una popolazione che guarda con estremo sospetto alcune mosse azzardate da parte del Governo di Kiev con voleva imporre la lingua ucraina a una regione che ha il russo come veicolo linguistico principale e abitata da una maggioranza che si percepisce etnicamente russa”.
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La dottrina Medvedev
Putin, ha spiegato il curatore di “Scenari”, l’inserto mensile del quotidiano “Domani” (il primo numero uscirà il 25 febbraio), si sarebbe limitato a ad applicare la dottrina Medvedev, che predica che ovunque ci siano russofoni la Russia ha diritto a proteggerli. “La Russia non vuole invadere l’Ucraina, non è in grado di farlo. Può anche arrivare a Kiev con 150mila uomini ma poi? L’Ucraina occidentale è fortemente anti russa – continua Fabbri -. È vero che c’è una componente sentimentale, i russi hanno un atteggiamento paternalistico nei confronti degli ucraini perché li considerano fratelli minori quasi disperati. Un’invasione di questo tipo è l’estrema ratio ma la Russia non la vuole. È intervenuta nelle due repubbliche perché non si fida dei paramilitari, tema che vadano oltre i desiderata della Russia, si scontrino contro l’esercito di Kiev e costringano la Russia ad allargare l’azione”.
La mossa per allontanare l’Ucraina dalla Nato
Il riconoscimento delle due repubbliche avrebbe anche l’effetto diretto di allontanare l’Ucraina dalla Nato perché ne rende evidente la difficoltà a controllare i propri confini. “È stata una mossa crudele da parte della Russia. Ma in politica estera non esistono buoni e cattivi”, ha aggiunto Fabbri a Zapping.
Le richieste della Russia, alcune impossibili
“È in atto un lungo negoziato, che evidentemente non sta andando benissimo, con gli americani e con la Nato – ha aggiunto Fabbri a Linea Notte -. La Russia ha chiesto la neutralità dell’intera Ucraina e la sta ottenendo perché gli americani stanno trattando con i russi. Putin si è mosso in questa maniera perché vuole imporre i suoi termini nel negoziato”. La Russia, oltre a chiedere la “neutralità” dell’Ucraina, avrebbe avanzato anche altre richieste, alcune impossibili. “Putin pretende qualcosa che, nella narrazione statunitense, gli americani non possono dare cioè la chiusura all’ingresso nella Nato dell’Ucraina anche nel prossimo futuro. Una promessa che Washington non può fare perché non saprebbe spiegare ai paesi dell’Europa centrorientale che già fanno parte della Nato, dalla Polonia ai tre Baltici alla Romania – ha rimarcato Fabbri -. Il negoziato non è finito. La Russia vuole anche il dislocamento di alcune batterie missilistiche, specie quelle che si trovano in Romania e una in costruzione in Polonia, poi vorrebbe ripensare l’intera scena dell’Europa occidentale“.
Le preoccupazioni della Russia
Le ragioni che hanno spinto la crisi ucraina fino al punto da mettere in crisi la trattativa diplomatica tessuta dal presidente Macron affondano le radici nel passato. “La preoccupazione della Russia è quella che la riguarda da sempre – ha spiegato Fabbri-. È un paese immenso, il più grande del mondo, che vive esposta a invasioni di ogni tipo. L’invasione è un dramma, una tragedia per la Russia. Quando vedono un fronte ostile, come quello occidentale, avvicinarsi al loro confine pretendono un distanziamento della loro prima linea di confine. Chiunque si è spinto ai loro confini ha causato distruzioni e le grandi nazioni, i grandi popoli hanno una memoria lunghissima, non hanno palingenesi improvvise, non dimenticano. Una grande potenza non dimentica”.
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Il negoziato prosegue
L’intervento degli Usa e la decisione di imporre sanzioni non a tutta la Russia ma solo “sulle sedicenti repubbliche autonome” testimonia la volontà occidentale di trovare una soluzione che non faccia troppo male. “Gli Usa stanno dicendo ancora una volta al Cremlino che sono disposti a trattare”.
Il ruolo della Cina
La Cina è la super potenza che sta a guardare quello che succede al suo enorme vicino. “La Cina è il convitato di pietra in questa crisi – ha detto Fabbri nel corso di Porta a Porta -. Ha una posizione mediana, denuncia l’allargamento della Nato ma contestualmente ha anche denunciato l’atteggiamento russo definendolo una violazione della sovranità ucraina. Va ricordato che non ha mai riconosciuto la Crimea come russa. La Russia teme la posizione cinese”.
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La posizione dell’Italia
L’Italia intrattiene ottimi rapporti, non solo commerciali, con la Russia. Il rapporto di amicizia, e di reciproco interesse, che lega i due paesi è testimoniato anche dalle parole del Premier Mario Draghi, che frena su sanzioni molto punitive nei confronti della Russia. “Il nostro governo già la scorsa settimana si è opposto a un pacchetto di sanzioni che andasse a toccare profondamente il settore energetico – ha concluso Fabbri -. Noi siamo dipendenti dal gas russo ma questo si unisce a un sentimento di simpatia nei confronti della Russia che per l’Italia è quasi ancestrale. Il Premier Draghi si inserisce in un solco che è tipico dell’Italia che non riguarda solo l’energia ma che oggi ha nell’energia il perno della nostra ritrosia”.
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