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Perché si russa troppo in Italia sui filo Putin?

I talk show, i giornali, il documentario su Mariupol, il caso Bologna: l'Italia ha offerto tanti spazi ai filo-Putin e alla propaganda diretta del Cremlino. L'analisi di Giuliano Cazzola.

Nelle ultime settimane  alcuni media più attenti si sono accorti che erano in atto in alcune città italiane, tra cui Modena e Bologna ed altre città della Toscana, iniziative di propaganda filorussa direttamente riferibili ad ambienti del Cremlino. Si tratta di un documentario riguardante la ricostruzione di Mariupol (distrutta dalle cannonate russe) e di un film intitolato Il testimone (nomina sunt consequentia rerum).

LA SINISTRA ITALIANA FILO PUTIN

Gli eventi, organizzati da associazioni filo-russe, non hanno ricevuto nei talk show un trattamento minimamente simile allo scandalo delle braccia alzate ad Acca Larentia. Uno della mia generazione, per formazione culturale, non è capace di mettere sullo stesso piano i vetero-comunisti e i neo fascisti. Anche perché i primi non hanno avuto modo di fare troppo danni in Italia, grazie alla sua appartenenza all’alleanza occidentale, mentre il fascismo, vecchio e nuovo, si porta appresso delle colpe imperdonabili.

Ma proprio chi ha conosciuto i comunisti italiani non può non domandarsi, basito, da che cosa nasce nei nostalgici questa attrazione per lo zar del Cremlino che ha collaborato attivamente con Eltsin alla fine dell’Urss, che ha smantellato l’economia socialista per fare posto ad un  sistema mafio-liberista senza regole in mano ad una classe di oligarchi che ha accumulato ingenti ricchezze mentre la popolazione continua a faticare ad arrivare – come si dice da noi – alla fine del mese (anche se si considera il calendario precedente la riforma gregoriana).

Come si fa a non vedere che Putin è il finanziatore di tutti quei movimenti neo fascisti che stanno emergendo in Europa e che a lui fanno riferimento?  Per protestare contro la diffusione di questi eventi si è mossa, in modo ufficiale, l’Ambasciata ucraina e vi sono state proteste nelle città interessate. Non è che si siano viste manifestazioni particolarmente numerose, ma, si sono aperte critiche e polemiche a livello istituzionale che hanno indotto i sindaci a negare le sale per quelle iniziative.

IL CASO DI BOLOGNA

Particolarmente attivo in questo senso è stato il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, che è arrivato persino a cacciare dalla maggioranza di centro sinistra un consigliere comunale dei Verdi che si era dichiarato contrario al divieto. Alla fine anche il sindaco di Modena Gian Carlo Muzzarelli si è adeguato alla linea proibizionista del collega di Bologna. Gli organizzatori hanno inizialmente sollevato risibili argomenti di difesa, in nome dell’esigenza di avere presenti tutte le posizioni e sentire tutte le opinioni, ma alla fine si sono convinti a lasciar perdere. Se non lo hanno ancora fatto lo faranno.

I FILO PUTIN NEI TALK SHOW E NEL GIORNALISMO

Personalmente ho avuto e mantengo molti dubbi sui divieti sia sul piano di principio che di opportunità. Per quanto riguarda il primo aspetto, una democrazia non deve aver paura delle idee e delle opinioni anche delle più inaccettabili, se manifestate in modo conforme alla legge. Quanto all’opportunità non mi sembra sensato fornire argomenti di discriminazione a persone che possono nascondere la loro miseria politica e morale dietro il pretesto della lesione di un loro diritto.

Poi, diciamoci la verità. Perché prendersela con qualche centinaio di faziosi di provincia quando si sono offerti a iosa gli schermi televisivi a una squallida genia filoputiniana; quando, con grande cinismo, si sono creati dei personaggi negazionisti nei talk show? Alessandro Orsini ed altri/e come lui hanno impunemente diffuso la loro inesauribile riserva di parole e frasi al polonio, ad ogni apparizione retribuita,  verso centinaia di migliaia di persone che li seguivano da casa, sul divano con il gatto appollaiato sulle ginocchia.

Lasciamo nell’immondezzaio della storia persone come Michele Santoro, Vauro e tanti come loro, ma chi scrive non riesce a farsi una ragione dell’opera di disinformazione effettuata, in un momento cruciale dell’aggressione russa, da un ex corrispondente di guerra come Toni Capuozzo quando cercò di mettere in dubbio le responsabilità  della strage di Bucha. Ricordo benissimo la sua ricostruzione dei fatti  che ripercorrevano le date della scoperta e della denuncia di quella tragedia: una rilettura   che consentiva il sospetto di una messa in scena. Ecco un esempio: Due giorni dopo che i russi sono andati via – commentava Capuozzo – . Non si vedono morti. Civili vivi e contenti di essere liberati, ma neanche un morto per le strade. Allora i morti che appaiono dal 3 aprile da dove vengono?

Poi arrivava la requisitoria finale dell’avvocato del diavolo:

Com’è che gli abitanti di Bucha che, sotto la dura occupazione russa, seppellivano i propri morti (il riferimento riguardava la scoperta di una fossa comune, ndr), questi invece, pur liberi, li lasciano sulle strade?  Com’è che attorno ai morti non c’è quasi mai del sangue? Se una vittima viene sparata alla tempia, è una pozza, finché il cuore batte. Se gli spari che è già morto, niente sangue. Com’è che in una cittadina piccola e in guerra, dove nessuno presumibilmente si allontana da casa, nessuno ha un gesto di pietà, per tre giorni, neanche uno straccio a coprire l’oscenità della morte? Erano morti nostri o altrui? Poi veniva, come elemento su cui riflettere,  la macabra tirata sui cani ucraini che avevano rispettato i cadaveri diversamente da come Capuozzo aveva visto fare dai cani  in altri scenari di guerra.

Lo stesso Lavrov si avvalse di queste supposizioni per smentire le accuse che venivano rivolte all’esercito russo.

E quando Zelensky fu invitato a parlare – da remoto dal suo bunker – nell’Aula di Montecitorio alcuni parlamentari italiani dichiararono di non partecipare all’evento sostenendo, costoro, che sarebbe stato corretto far parlare anche Putin, “per sentire ambedue le posizioni in campo”. Non è forse la stessa giustificazione dei responsabili dell’associazione  del gemellaggio tra Russia ed Emilia Romagna?

Matteo Salvini, dopo la conclusione del discorso, dichiarò di  apprezzare di più il presidente ucraino quando auspicava la fine del conflitto e non insisteva nel chiedere di essere rifornito di armamenti.

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