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Francia

Perché le tesi di Macron sulla Cina sono tutte sbagliate. Parla il prof Pelanda

Le posizioni filocinesi di Macron rischiano di trasformare la Francia in una nuova Turchia: di forma un'alleata delle democrazie, di fatto un paese da trattare con scetticismo. L'analisi di Carlo Pelanda, docente di Geopolitica economica all'Università Guglielmo Marconi.

 

I comportamenti e le dichiarazioni filocinesi di Macron costringeranno l’alleanza delle democrazie guidata dagli Usa a riservare alla Francia un trattamento analogo a quello con la Turchia, relazionandosi con Parigi come se nulla fosse ma tagliandola fuori dalla stretta rete di cooperazione in campo militare e tecnologico.

Questa è la lettura di Carlo Pelanda, analista, saggista e docente di Geopolitica economica all’Università degli Studi Guglielmo Marconi, che in questa conversazione con Start Magazine affronta il tema caldo del momento, ossia il clamoroso strappo di Macron al rientro dalla sua visita a Pechino. Uno strappo che costringerà anche l’Italia a ripensare le sue relazioni strategiche con Parigi mettendo in soffitta il Trattato del Quirinale.

Abbiamo visto quello che è successo in Cina con Macron e soprattutto abbiamo letto la sua intervista a Politico da cui emerge una netta divergenza tra le sue posizioni e quella degli alleati occidentali. Lei che ne pensa?

È una divergenza molto forte con tutta l’alleanza delle democrazie, ossia il G7, la Nato e anche l’Ue. Però non è una novità, o meglio: la novità è l’intensità con la quale Macron ha esasperato questa divergenza. Questa sì è una novità che fa riflettere. Era da mesi che ci si aspettava una mossa di questo genere, perché c’erano tutti i sintomi.

Quali sintomi?

I più recenti, risalenti a un mese e mezzo fa, attengono al conflitto tra la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e l’Alto Rappresentante per la Politica Estera Josep Borrell. Quest’ultimo aveva chiesto l’aiuto dell’Ufficio legale per valutare se le dichiarazioni della von der Leyen in materia di derisking in relazione alla Cina, ossia di distacco più forte dalla dipendenza dalla Cina, fossero di competenza della Commissione o del Consiglio. Già questo aveva fatto capire che qualcosa bolliva in pentola. Sul momento non si era capito se era la Germania insieme alla Francia che spingevano Borrell a fare polemica con von der Leyen; poi si è capito che era la solo la Francia. Queste premesse avevano fatto capire agli analisti e alle diplomazie di tutti i Paesi dell’alleanza che Macron stava preparando uno strappo. Quindi in questo senso le parole di Macron non vanno lette come vera novità, tanto che nessuno ne è rimasto sorpreso.

Alcune delle espressioni di Macron sono apparentemente condivisibili, si pensi ad esempio all’auspicio di un’autonomia strategica dell’Ue. Altre lo sono un po’ meno come il riferimento all’essere vassalli degli Usa. Secondo lei siamo vassalli degli Usa?

Assolutamente no. Il ragionamento di Macron è tutto sbagliato: è un errore direi sistemico quello che commette Parigi, ossia quello di voler perseguire un’autonomia strategica dell’Europa cercando una sorta di indipendenza europea da altre democrazie. Ma questo è semplicemente ridicolo. Diciamo che l’atteggiamento di Macron si spiega col fatto che Parigi persegue il disegno per cui la sovranità strategica europea sarebbe francocentrica e difesa dall’unica potenza nucleare del Continente dopo l’abbandono del Regno Unito che è la Francia. Lui insiste su questo e lo fa da sempre. Il problema adesso è che la compattazione dell’Occidente a seguito dell’invasione dell’Ucraina ha distrutto il progetto macroniano. Adesso però la Cina ha intravisto la possibilità di corteggiare la Francia per uscire dall’angolo. Basti pensare che Pechino e Parigi ci hanno messo oltre due o tre mesi a elaborare l’enorme apparato degli accordi economici che sono stati siglati in occasione della visita di Macron, e quindi la convergenza sino-francese ha una base concreta su cui poggiarsi. Naturalmente il prezzo di questa convergenza sono state le dichiarazioni pubbliche dello stesso Macron con cui ha palesato questa comunione di intenti.

E adesso cosa succederà?

Le democrazie si sono sicuramente consultate e, come con la Turchia, cercheranno di operare un riassorbimento soft della Francia all’interno dell’alleanza. Quello che è certo è che Parigi verrà esclusa dalle tecnologie di superiorità su cui si fonda l’aspettativa di vittoria delle democrazie contro le autocrazie russa e cinese: questo perché non ci si può fidare della Francia, in quanto ootrebbe benissimo passare dalla parte dei cinesi, visto anche che non conosciamo i contenuti del bilaterale tra Xi e Macron.

Quali saranno le reazioni a livello di Ue?

A livello di Ue dobbiamo stare attenti in quanto non è ancora chiaro quale sia la posizione della Germania. Da un lato abbiamo la certezza che mai Berlino si staccherà dagli Usa, dall’alta parte sappiamo che la Germania ha una dipendenza molto forte, non riducibile in poco tempo, dal mercato cinese. Infatti la Germania è stata zitta. È l’America piuttosto che non vuole che in sede di G7 e Nato ci sia una divergenza aperta. Il risultato, ripeto, è che la Francia seguirà il destino della Turchia: c’è una divergenza, gliela si lascia manifestare ma poi riservatamente le metti dei limiti. Non è escluso che Parigi abbia già concordato queste limitazioni con Washington. Comunque la tendenza da parte delle democrazie sarà di far finta di nulla. D’altra parte nel Pacifico la Francia conta poco, mentre sul piano militare la Germani ha acquistato gli F35 dagli Usa e l’Italia sta realizzando i caccia di sesta generazione con Gran Bretagna e Giappone. Quindi la Francia non può che attaccarsi al tram.

Questi sviluppi creano non pochi problemi all’Italia. È ancora fresco l’inchiostro del Trattato del Quirinale.

Ma il Trattato del Quirinale è morto. O meglio a noi converrà farlo morire in silenzio. Nessuno infatti vuole che ci sia una frattura aperta, quindi ci si bacia e ci abbraccia tenendo anche conto che per l’Italia la Francia è anche un cliente importante. Tuttavia semplicemente verranno degradate le relazioni che implicano tecnologie di superiorità: questo non avverrà pubblicamente, ma avverrà nei fatti.

Tra l’altro l’Italia cosiddetta sovranista di Giorgia Meloni fa registrare una convergenza netta con gli Usa e le altre democrazie elaborando una propria visione strategica sull’Indo-Pacifico.

Certo, è la Global Italy. A tal proposito, rilevo la stranezza dei commenti dei giornalisti, che non sanno distinguere tra sovranismo autarchico e interesse nazionale. Da un lato hanno un po’ di ragione perché è il centrodestra a usare ripetutamente concetti come quello di sovranità, però, se dobbiamo giudicare dagli atti, si tratta di puro interesse nazionale, cioè di non farsi eterodirigere ma di dirigere nazionalmente le alleanze che ci sono utili. Da questo punto di vista l’Italia ha optato chiaramente in favore dell’alleanza con gli Usa, il Regno Unito e il Giappone.

E l’alleanza con la Francia?

L’Italia deve trattare la Francia come un nemico. Lo si vede ad esempio nel Mediterraneo dove Roma non può fidarsi di Parigi per operazioni complesse ad esempio in Africa. Del resto la Francia è molto irritata con l’Italia perché ha una posizione molto forte in Algeria e la sta consolidando in Libia e dintorni. D’altra parte per l’Italia non è necessario il contributo militare francese ed è molto meglio cercare di ottenere quello Usa, che è certamente più affidabile di quello francese.

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