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Cavour Indo-pacifico

Ecco la strategia dell’Italia dietro il possibile invio di Nave Cavour nell’Indo-Pacifico

L'attività della Marina Militare nell'Indo-Pacifico serve infatti diversi scopi complementari. L'analisi di Alessandro Marrone, responsabile Programma Difesa dello Iai per Rid

Il 6 aprile Nave Francesco Morosini, seconda nave della classe Pattugliatori Polivalenti d’Altura (PPA) della Marina Militare, è salpata per la Campagna navale in Estremo oriente. E a fine anno dovrebbe partire anche la portaerei Cavour verso l’Indo-Pacifico per attività addestrative. Almeno secondo quanto annunciato dall’ammiraglio Giuseppe Berutti Bergotto, sottocapo di stato maggiore della Marina, nel corso di un convegno tenutosi il 14 marzo all’Università Cattolica di Milano. Ma non così in fretta: proprio in occasione della partenza di Nave Morosini il 6 aprile a La Spezia il Comandante in Capo della Squadra Navale ammiraglio Aurelio De Carolis è intervenuto, sollecitato dai media, sulla partenza di Nave Cavour tra fine 2023 e inizio 2024. “Per il momento non è in fase di pianificazione”, ha risposto l’ammiraglio De Carolis a una specifica domanda circa il possibile dispiegamento dell’ammiraglia della Marina militare nell’area.

Redazione Start Magazine

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L’invio della portaerei Cavour nell’Indo-Pacifico per attività addestrative con i partner della regione sarebbe una novità rilevante.

Qual è la ragione strategica di una mossa del genere? Ci sono almeno 3 elementi da considerare al riguardo.

CRESCENTE INTERCONNESSIONE DELL’INDO-PACIFICO CON IL MEDITERRANEO ALLARGATO

Il primo è la crescente rilevanza e interconnessione dell’Indo-Pacifico con il Mediterraneo Allargato, area di prioritario interesse nazionale. Le politiche assertive della Cina, sostenute da una crescita senza precedenti delle proprie Forze Armate, proiettano influenza in Africa, Medioriente e Balcani, e sono giudicate perlomeno come una sfida dai documenti strategici NATO e UE. I Paesi dell’Indo-Pacifico facenti politicamente parte dell’Occidente, dal Giappone all’Australia passando per la Corea del Sud, chiedono maggiore cooperazione e presenza militare alleata nella loro regione mentre sostengono l’Ucraina contro l’aggressione russa. Gli USA sono sempre più chiari e determinati nel concentrarsi sulla sfida cinese ad un ordine liberale internazionale fondato sul primato occidentale, mentre Regno Unito e Francia hanno intensificato negli scorsi anni la propria proiezione nella regione nonostante l’urgenza della minaccia russa in Europa.

ITALIA PIÙ ATTIVA NEL CONTESTO DELLA SICUREZZA INTERNAZIONALE

Il secondo elemento attiene a un ruolo più attivo dell’Italia rispetto alla sicurezza internazionale e agli interessi nazionali, nel Mediterraneo Allargato e non solo. Si tratta di un trend di lungo periodo attuato già dai Governi Berlusconi, Renzi e Draghi, e accentuato dall’esecutivo Meloni. Quest’ultimo ha tenuto in pochi mesi una serie di incontri bilaterali di alto livello, dall’Algeria all’Ucraina, dal Medioriente all’India, in aggiunta agli appuntamenti multilaterali in ambito NATO, UE, G7 e G20, mostrando una forte attenzione di Palazzo Chigi per la proiezione internazionale del Paese anche nel campo della Difesa. In particolare, rispetto all’Indo-Pacifico, per la prima volta un importante programma multinazionale di procurement come il Global Combat Air Programme (GCAP) tra Giappone, Italia e Regno Unito, è stato ufficialmente lanciato non dal Ministero della Difesa ma dalla Presidenza del Consiglio: un segno di attenzione politica che giova dello stretto rapporto tra la Premier e il Ministro della Difesa Crosetto.

LA MARINA MILITARE CONTINUA A SVILUPPARE CAPACITÀ DI DIFESA, DETERRENZA E PROIEZIONE DI FORZA

Il terzo elemento da considerare riguarda la rotta intrapresa già da tempo dalla Marina Militare, e nel complesso dalle Forze Armate italiane. Solo 3 Paesi al mondo sono oggi in grado di dispiegare un gruppo portaerei da cui operare i caccia di 5a Generazione F-35: Stati Uniti, Regno Unito e Italia. Roma è in tale ristretto club grazie all’investimento fatto negli anni 2000 su nave CAVOUR, sulla scorta della tradizione italiana di porta-aeromobili incarnata da ultimo dal GARIBALDI, e sugli F-35.

Sia la portaerei sia le altre navi che fanno parte del carrier strike group italiano hanno già compiuto diverse esercitazioni bilaterali, multi-laterali e a livello NATO, dal Mediterraneo al Mare del Nord e all’Atlantico, sviluppando concetti operativi, dottrine di impiego, tattiche, tecniche e procedure. In altre parole, come evidenziato da un recente studio IAI, pur continuando a svolgere diverse missioni di sicurezza marittima in ambienti permissivi, come il contrasto alla pirateria nel Golfo di Aden e nel Golfo di Guinea, la Marina ha continuato a mantenere e sviluppare le capacità di deterrenza, difesa e proiezione di forza in scenari ad alta intensità, compreso non solo il gruppo portaerei, ma anche gli assetti cacciamine, quelli per le operazioni anfibie e la anti-submarine warfare. Pur con tutti i limiti del bilancio della difesa, considerando il livello di Marina e Aeronautica, lo strumento aeronavale italiano è oggi in grado di svolgere un ruolo di primo piano in un contesto di tensioni geopolitiche tra grandi e medie potenze.

TUTTE LE POSSIBILI RICADUTE DELL’ATTIVITÀ DELLA MARINA ITALIANA NELL’INDO-PACIFICO

In questo contesto, la presenza nell’Indo-Pacifico nel 2023 del Pattugliatore Polivalente d’Altura (PPA) MOROSINI e poi nel 2024 del carrier strike group composto da portaerei, cacciatorpediniere, fregata e rifornitore, costituisce un altro piccolo passo in avanti, positivo e coerente con la visione di insieme. L’attività della Marina Militare nell’Indo-Pacifico serve infatti diversi scopi complementari. Migliorare l’interoperabilità e i rapporti con le Marine dei Paesi partner, a cominciare dal Giappone.

Rafforzare la presenza militare internazionale a sostegno della libertà di navigazione e del diritto del mare in una regione oggetto di contese e pretese da parte cinese, nonché di una dinamica di “territorilizzazione” del Mar Cinese Meridionale tramite la costruzione di isole artificiali e relative basi militari.

Creare occasioni per diplomazia navale in chiave di sistema-Paese, compresa la cantieristica navale e l’industria della Difesa italiane, sempre più interessate al mercato regionale. In termini di comunicazione strategica, tale iniziativa contribuisce a far conoscere il livello operativo e tecnologico raggiunto dall’Italia a Paesi partner e alleati i cui quadri dirigenti militari, diplomatici e politici hanno spesso una conoscenza superficiale e incompleta della Difesa italiana.

Infine, si tratta di un’attività sinergica con iniziative avviate in ambito multilaterale: lo scorso 23-24 marzo si è svolta la prima esercitazione navale congiunta tra Stati Uniti (con il cacciatorpediniere lanciamissili classe ARLEIGH BURKE USS PAUL HAMILTON) e Unione Europea: quest’ultima ha contato sulla fregata spagnola REINA SOFIA e sulla fregata italiana tipo FREMM BERGAMINI, già presenti nel Golfo di Aden per la missione EUNAVFOR ATALANTA.

 

Articolo pubblicato su Rid.it

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