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Mate 60 Pro

Tutti i nuovi guai (anche europei) di Huawei

Che cosa sta succedendo a Huawei anche in Europa? Il Punto di Marco Orioles

 

Nuova tegola su Huawei. Dopo il boicottaggio statunitense deciso da Donald Trump lo scorso agosto, la scelta – effettuata su specifiche pressioni dell’alleato americano – di Nuova Zelanda e Australia di negare la partecipazione del colosso di Shenzen allo sviluppo delle infrastrutture nazionali del 5G, e la propensione dei governi di Gran Bretagna, Germania, Francia e Belgio a fare altrettanto, ora anche l’esecutivo della Norvegia sta considerando di bandire la tecnologia Huawei dai piani di sviluppo del 5G.

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Lo ha fatto capire, con alcune dichiarazioni rilasciate giovedì a Reuters, il ministro della giustizia norvegese, Mikkel Wara. “Abbiamo le stesse preoccupazioni degli Stati Uniti e della Gran Bretagna”, ha affermato il ministro, per il quale la Norvegia non può prendere sotto gamba il monito americano circa la possibilità che Huawei conduca “spionaggio contro attori privati e statali”.

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“La questione”, per Wara, è una “alta priorità” per il governo del paese scandinavo. Che sta considerando di prendere contromisure per ridurre le potenziali vulnerabilità di un settore, l’industria delle Tlc, di rilevanza strategica, a maggior ragione in un momento in cui si stanno predisponendo i piani per realizzare il salto al 5G. L’esecutivo di Oslo pertanto, ha spiegato il titolare della giustizia, sta valutando misure precauzionali e vuole che “siano operative prima di realizzare il prossimo round della rete”.

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A domanda diretta di Reuters, che ha chiesto al ministro se il governo stia vagliando provvedimenti mirati su Huawei, Wara ha risposto affermativamente: “Sì, stiamo considerando gli stessi passi presi in altri paesi, vale a dire (…) i passi presi negli Stati Uniti e in Gran Bretagna”.

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La divisione Norvegia della compagnia cinese ha preso atto con rammarico di questi mormorii che preludono, a quanto pare, ad un nuovo capitolo del boicottaggio occidentale. “I nostri clienti in Norvegia”, ha dichiarato a Reuters Tore Orderloekken, Cyber Security Officer di Huawei Norvegia, pretendono “da noi forti requisiti di sicurezza e gestiscono bene il rischio nelle loro operazioni”. “Continueremo”, aggiunge, “a essere aperti e trasparenti e a offrire test e verifiche delle nostre apparecchiature per dimostrare che possiamo consegnare prodotti sicuri per la rete 5G in Norvegia”.

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Piccata la reazione di Pechino. Apprendendo dell’orientamento del governo norvegese, il portavoce del ministero degli Esteri della Repubblica Popolare, Lu Kang, ha ribadito che il governo incoraggia le imprese cinesi ad obbedire alle leggi dei paesi in cui operano, ma pretende che questi ultimi offrano alle aziende del Dragone pari opportunità in nome del mercato aperto. “Se quell’equilibrio si rompe”, chiosa Lu, “allora non è una cosa buna per entrambe le economie”.

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Se le valutazioni del governo norvegese dovessero portare ad un bando, sarebbe uno smacco per Huawei. Che opera nel mercato norvegese sin dal 2009, anno in cui Telenor, azienda controllata dallo Stato con 173 milioni di utenti in otto paesi di Europa e Asia, ha siglato il primo contratto con l’azienda cinese. Sia Telenor, sia il suo principale competitor, Telia, usano tecnologia Huwaei per le loro reti 4G, e stavano considerando di fare altrettanto per il 5G. Le acquisizioni norvegesi sono state fondamentali per Huawei per compiere la sua grande espansione e affermazione globale.

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Ora però le accuse dell’America, secondo cui Huawei potrebbe piazzare delle “backdoors” nelle proprie apparecchiature per consentire al governo cinese di compiere operazioni di spionaggio, non possono più essere prese sotto gamba. Telenor, almeno, non intende correre rischi. “La Norvegia”, afferma il CEO dell’azienda norvegese, Sigve Brekke, “ha avuto il pieno controllo sulle sue infrastrutture critiche per molti, molti anni e noi in Telenor prendiamo questo molto sul serio”.

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Queste notizie arrivano in un momento critico per Huawei, che questa settimana ha dovuto incassare l’arresto, con l’accusa di spionaggio, del direttore delle vendite per la Polonia, Stanislaw Wang. Una notizia che arriva a meno di un mese dal caso di Meng “Sabrina” Wanzhou, la CFO di Huawei e figlia del suo fondatore arrestata a Vancouver su mandato americano. Su di lei pende ora un procedimento di estradizione negli Stati Uniti, dove Menzhou dovrà rispondere di aver violato le normative sull’embargo all’Iran.

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Una battaglia giudiziaria che è solo una goccia nel mare tempestoso in cui naviga oggi Huawei, finita nel banco degli imputati in tutto l’Occidente per il sospetto di essere il cavallo di Troia di un regime senza scrupoli. Sospetto dietro cui si cela l’ingombrante ombra dello scontro a tutto campo tra Stati Uniti e Cina per il primato nei settori hi-tech e, in ultima analisi, per quello geo-economico. Un confronto di cui la Norvegia rappresenta l’ennesima pedina.

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