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Non solo Intel: tutte le delusioni dell’Italia sui microchip

Dopo il fallimento (praticamente certo) delle trattative con Intel, il governo Meloni riattiverà i colloqui con Tsmc? Intanto, StMicroelectronics perde un alto dirigente italiano, Marco Monti. Tutti i dettagli

A giudicare dagli ultimi aggiornamenti, pare che Intel abbia rinunciato a investire nella costruzione di una fabbrica di confezionamento di microchip in Italia. La società non ha “nulla”, nessun progetto “attivo”, per il nostro paese, ha detto l’amministratore delegato Pat Gelsinger.

TUTTE LE TRATTATIVE DEL GOVERNO DRAGHI PER I MICROCHIP

Le trattative con l’azienda statunitense per l’assegnazione di aiuti pubblici a supporto dell’investimento – stimato sui 4,5 miliardi di euro, mentre i sussidi avrebbero coperto il 40 per cento della somma – vennero avviati dal governo di Mario Draghi, con Vittorio Colao al ministero per l’Innovazione tecnologica e la transizione digitale.

Intel, però, non fu l’unica azienda consultata: nella primavera 2021 – scriveva Lorenzo Lamperti, unico giornalista italiano di base a Taipei – l’esecutivo Draghi aprì delle trattative con la compagnia taiwanese TSMC, la più grande produttrice di semiconduttori su contratto al mondo.

COSA SI DICEVA DELLA FABBRICA (IPOTETICA) DI TSMC IN ITALIA

Nel maggio del 2022 – il governo Draghi è rimasto in carica fino all’ottobre di quell’anno – il Corriere della Sera raccontava per l’appunto dei contatti tra i rappresentanti italiani e quelli di TSMC sull’apertura di una fabbrica di microchip, specificandone anche la possibile localizzazione: tra la Lombardia e Veneto (altre fonti a Startmag dicono il Piemonte). Le ragioni erano diverse: garanzia della domanda, proveniente dal comparto manifatturiero; presenza di università con le quali avviare progetti di formazione; disponibilità di manodopera qualificata a costi inferiori alla Germania; minore densità di aziende concorrenti nel settore.

L’investimento sarebbe ammontato all’incirca a 10 miliardi di euro. Sussidi di tale entità, però, sono consentiti dalle regole europee solo nel caso di stabilimenti per chip avanzati, che non sembrano tuttavia essere quelli più adatti al contesto industriale italiano e comunitario. In Europa, cioè, la domanda di semiconduttori non arriva tanto dalle aziende tecnologiche, che hanno bisogno di componenti all’avanguardia (e molto remunerativi per i produttori), bensì da quelle automobilistiche, che non hanno le stesse necessità.

COM’È ANDATA A FINIRE

Alla fine, comunque, i colloqui tra il governo Draghi e TSMC non portarono a nulla anche perché – secondo le fonti di Startmag – Roma scelse di preferire le trattative con Intel, pure per questioni geopolitiche: Intel è statunitense mentre TSMC ha sede a Taiwan, un’isola rivendicata dalla Cina come parte del proprio territorio e dunque giudicata maggiormente “instabile”.

La compagnia taiwanese ha deciso di investire 3,5 miliardi di euro in Germania per una fabbrica di semiconduttori di vecchie generazioni. Intel, invece, ha investito in territorio tedesco ben 30 miliardi, appoggiandosi a un aiuto pubblico di circa 10 miliardi.

IL GOVERNO MELONI RIPRENDERÀ LE TRATTATIVE CON TSMC?

Considerato che Intel sembra aver archiviato i piani per l’Italia, fonti sentite da Startmag si sono domandate se il governo di Giorgia Meloni deciderà di riprendere i negoziati con TSMC. L’azienda, però, nel frattempo ha investito molto in patria e in giro per il mondo: oltre alla Germania, anche in Giappone (circa 13 miliardi di dollari) e negli Stati Uniti (40 miliardi).

L’ITALIA ARRETRA ANCHE IN STM

L’impressione è che l’attuale governo di Giorgia Meloni voglia destinare risorse pubbliche non alle grandi società straniere di microchip bensì alle realtà italiane, come Technoprobe e STMicroelectronics. Anche in quest’ultimo caso – quello di Stm – ci sono novità forse poco positive per l’Italia.

STMicroelectronics ha sede a Ginevra, ma è di proprietà italo-francese: più nello specifico, il suo principale azionista è STMicroelectronics Holding (ripartita a metà tra il ministero italiano dell’Economia e FT1C1, che fa capo alla banca statale francese Bpifrance) con il 27,5 per cento.

Qualche giorno fa l’azienda ha comunicato la sua nuova organizzazione interna, che prevede il passaggio da tre a due divisioni: da una parte Analog, Power & Discrete, Mems and Sensors, guidata da Marco Cassis; dall’altra Digital ICs and RF Products, guidata da Remi El-Ouazzane.

Da questa semplificazione rimane fuori la divisione Automotive and Discrete Product, capeggiata da Marco Monti, che lascerà STMicroelectronics. Un alto dirigente italiano in meno, dunque.

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