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Intel snobba l’Italia e Meloni favorisce Stm e Technoprobe?

Il governo Meloni non sembra avere intenzione di entrare nella gara europea per attrarre i grossi produttori stranieri di microchip. Piuttosto, vuole concentrarsi sulle aziende italiane come Stm e Technoprobe. Tutti i dettagli.

A che punto è il dossier Intel-Italia?

Il ministro delle Imprese Adolfo Urso incontrerà oggi il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio (di Forza Italia), per discutere anche del possibile investimento di Intel per una fabbrica di confezionamento di semiconduttori a Vigasio. Dello stabilimento, dal valore stimato di 4,5 miliardi di euro, si parla da parecchi mesi ma di impegni concreti a realizzarlo, finora, non ci sono stati.

Le trattative con Intel sono state aperte dal precedente governo di Mario Draghi; a gennaio l’amministratore delegato dell’azienda, Pat Gelsinger, fece sapere di aver parlato telefonicamente del progetto con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

NIENTE DA FARE CON LA FABBRICA DI VIGASIO?

Il timore è che il sito di confezionamento di Vigasio non verrà mai realizzato, perché nei giorni scorsi Intel ha annunciato investimenti multimiliardari nella produzione di microchip in Germania (30 miliardi), Polonia (4,6 miliardi) e Israele (25 miliardi). Anche se in teoria non c’è concorrenza ma complementarità tra l’eventuale fabbrica italiana e quelle tedesca e polacca: Intel vuole infatti dotarsi di una filiera dei semiconduttori sparsa su più paesi nel continente europeo, dove ha intenzione di spendere 80 miliardi nel giro di un decennio.

LA COMPETIZIONE MONDIALE (E INTRA-EUROPEA) SUI MICROCHIP

Sui microchip, componenti fondamentali per lo sviluppo industriale, esiste una competizione internazionale tra l’Asia orientale (dove si concentrano le fabbriche: a Taiwan e in Corea del sud, principalmente), gli Stati Uniti (leader nella fase di progettazione, ma intenzionati a recuperare potenza manifatturiera) e l’Unione europea (che vuole raddoppiare la sua quota produttiva, dal 9 al 20 per cento del totale mondiale, entro il 2030). La competizione, in realtà, è anche interna all’Unione europea stessa, con gli stati membri che cercano di approfittare del rilassamento delle norme sugli aiuti di stato per attirare le aziende entro i loro confini. Germania e Francia, che hanno grandi capacità di spesa, potrebbero essere le principali beneficiarie del Chips Act europeo. E l’Italia?

“Il governo italiano”, ha scritto oggi il Corriere della Sera, “non sembra intenzionato a entrare in questa gara” di attrazione delle grosse aziende straniere, “preferendo piuttosto destinare le risorse alla filiera europea e nazionale dei chip che ha come capofila STM e Technoprobe”.

TUTTO SU STM

STMicroelectronics è un’azienda italo-francese – ma con sede a Ginevra – di componenti elettronici partecipata dal ministero dell’Economia. Più nello specifico, i suoi principali azionisti sono STMicroelectronics Holding (ripartita a metà tra il ministero italiano dell’Economia e FT1C1, che fa capo alla banca statale francese Bpifrance) con il 27,5 per cento e le società di investimento BlackRock e DNCA Investments, rispettivamente con il 4,6 e il 3 per cento.

STMicroelectronics è una delle quattro aziende italiane – le altre sono Menarini Silicon Biosystems, SIAE Microelettronica e MEMC – che partecipano al progetto europeo ME/CT per la progettazione e la realizzazione di microprocessori. La Commissione europea ha autorizzato l’Italia a erogare aiuti di stato alle quattro imprese per quasi 1 miliardo di euro, per un investimento totale nel paese superiore ai 2,5 miliardi.

In Francia, però, STMicroelectronics riceverà un sussidio di 2,9 miliardi per la costruzione di una fabbrica di semiconduttori da 18 nanometri a Crolles. Di recente, peraltro, l’azienda ha annunciato un accordo con la cinese Sanan Optoelectronics per la creazione di una joint venture che si occuperà di produrre dispositivi al silicio in Cina: un affare dal valore superiore a 3 miliardi.

TUTTO SU TECHNOPROBE

Technoprobe ha sede a Cernusco Lombardone, in Lombardia, ma possiede undici uffici nel mondo tra Europa, Stati Uniti e Asia orientale. Si è quotata in borsa nel 2022 ed è specializzata nella produzione di probe card (o schede sonda) di fascia alta, utilizzate per testare il funzionamento dei chip.

Il fondatore di Technoprobe, Giuseppe Crippa, 87 anni, è un ex-dipendente di STMicroelectronics. La sua azienda ha una governance stile familiare, sottolineata in passato dagli analisti: il presidente del consiglio di amministrazione è Cristiano Alessandro Crippa, mentre il vicepresidente esecutivo è Roberto Alessandro Crippa. L’amministratore delegato è Stefano Felici.

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