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Enel, ecco gli investimenti Usa nel mirino di Cattaneo

Cattaneo ha criticato gli investimenti di Enel negli Stati Uniti, dove aprirà una grande fabbrica di pannelli solari sul modello di quella siciliana. Il nuovo ad imbarazza l'atlantista Meloni di fronte a Biden? Ecco perché.

“È doveroso costruire una filiera tutta italiana che includa anche la produzione nazionale di pannelli [solari, ndr]. So che Enel ha aperto uno stabilimento a Catania dedicato a questo ma poi lo ha fatto anche negli USA. È un approccio che non condivido: se si vuole salvaguardare l’interesse nazionale, si dovrebbe produrre in Italia e non altrove”. Sono concetti esposti alcune settimane fa al Foglio da Flavio Cattaneo, il nome indicato dal governo per il ruolo di amministratore delegato di Enel: la votazione per il rinnovo del consiglio di amministrazione della società si terrà il 10 maggio, preceduta da settimane di accese battaglie tra azionisti e liste.

– Per approfondire, leggi anche: Cina pro Scaroni, Cattaneo anti investimenti esteri e Norvegia pro Mazzucchelli. Tutti i dossier geopolitici per Enel

Nell’intervista al Foglio Cattaneo – già dirigente di Italo e di Terna – faceva riferimento (quando ancora non era stato indicato dal governo come amministratore delegato del gruppo energetico) a due cose: all’espansione della fabbrica di pannelli fotovoltaici di 3Sun a Catania, in Sicilia; e alla costruzione di uno stabilimento di dispositivi solari negli Stati Uniti. Nel primo caso, Enel ha investito 600 milioni di euro, ricevendo 188 milioni di fondi europei; nel secondo caso, l’investimento ammonta grossomodo a 1 miliardo di dollari ed è stato favorito dagli incentivi previsti dall’Inflation Reduction Act, la legge di sostegno alla manifattura americana di tecnologie per la transizione energetica.

COSA FARÀ ENEL IN SICILIA

Nel 2024, una volta terminati i lavori di allargamento – la capacità produttiva passerà da 200 megawatt annui a 3 gigawatt -, quello di Catania sarà il più grande stabilimento europeo di moduli fotovoltaici bifacciali, che possiedono un’efficienza maggiore rispetto a quelli tradizionali.

Attualmente circa i tre quarti dei pannelli solari utilizzati in Europa provengono dalla Cina. In assenza di una produzione interna sufficientemente numerosa, questo rapporto di dipendenza è probabilmente destinato a crescere parallelamente all’aumento delle installazioni di parchi fotovoltaici.

La condizione posta da Bruxelles a Enel in cambio del finanziamento pubblico è che il 60 per cento della produzione della fabbrica siciliana venga destinata al mercato comunitario.

I PIANI DI ENEL SUI PANNELLI SOLARI NEGLI STATI UNITI

A novembre dell’anno scorso Enel, attraverso la sua controllata locale 3Sun USA, ha annunciato un progetto per la costruzione di una fabbrica di celle e pannelli fotovoltaici negli Stati Uniti. La capacità produttiva iniziale sarà di 3 GW all’anno, da portare eventualmente a 6 GW. L’impianto dovrebbe aprire nel 2025 ed è importante perché “chiuderà” la supply chain della componentistica solare nel paese, dove al momento non esiste una manifattura di celle (i dispositivi che formano i pannelli).

In un comunicato, la società tracciava un collegamento diretto tra i suoi piani per la Sicilia e quelli per gli Stati Uniti: “Enel intende replicare la fabbrica Gigafactory negli Stati Uniti per produrre celle solari a eterogiunzione bifacciali (B-HJT)”, si leggeva nella nota del gruppo guidato dall’ad, Francesco Starace, che il governo non vuole riconfermare.

TUTTI I NUMERI DI ENEL NORTH AMERICA

Enel North America, la divisione statunitense del gruppo romano, fornisce servizi energetici di vario tipo – generazione da fonti rinnovabili, flessibilità, mobilità elettrica, trading, consulenza – a oltre 4500 clienti tra imprese (tra cui Meta e Google), società elettriche e centri abitati.

Possiede in tutto sessantaquattro impianti di energia rinnovabile (solare, eolico, geotermico) negli Stati Uniti, sia operativi che in fase di realizzazione, per una capacità di 9,6 GW. A questi si aggiungono 606 MW di capacità di stoccaggio tramite batterie (quattordici impianti su larga scala) e 110.000 stazioni di ricarica per i veicoli elettrici.

Enel North America è presente in quattordici stati degli Stati Uniti, concentrandosi particolarmente in quelli del Midwest, come il Kansas e l’Oklahoma. Proprio l’Oklahoma (l’area di Tulsa, più nello specifico) è la località prediletta per la grande fabbrica di pannelli solari.

IPO IN VISTA PER ENEL NORTH AMERICA?

A novembre 2022 l’amministratore uscente Francesco Starace aveva parlato della possibilità di un’offerta pubblica iniziale, ossia di una quotazione in borsa, per Enel North America. Aveva indicato come orizzonte temporale i dodici mesi successivi, previa valutazione delle condizioni e dell’atteggiamento del mercato. Starace aveva infatti definito Enel North America una “strana grande bestia”, che racchiude dentro di sé tante attività e tecnologie diverse.

– Leggi anche: Ecco i conti di Enel lasciati da Starace (imbavagliato dal cda)

CATTANEO INTRALCIA BIDEN E IMBARAZZA MELONI?

L’investimento di Enel negli Stati Uniti possiede un valore strategico per la nazione, per quelle ragioni filieristiche già viste che permetteranno al paese di avviare una competizione con la Cina sulle tecnologie fotovoltaiche. Ma possiede anche un’importanza politica per il presidente Joe Biden, perché dovrebbe creare millecinquecento posti di lavoro diretti.

L’Oklahoma è uno stato a larga maggioranza bianca, agricolo e legatissimo all’industria degli idrocarburi (ma possiede un alto potenziale eolico): è esattamente quel genere di stato, cioè, che Biden vuole convincere della convenienza della transizione ecologica, che non è solo regole sulle emissioni ma anche – così ripete la sua amministrazione – JOBS JOBS JOBS.

Le dichiarazioni di Cattaneo sulla sconvenienza dell’investimento americano danneggeranno l’immagine di Giorgia Meloni, dichiarata atlantista, agli occhi della Casa Bianca?

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