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Auto Elettrica

La Cina ci invaderà con le batterie?

In Cina ci sono molte più batterie di quelle necessarie al fabbisogno. Se il paese dovesse decidere di esportare a basso prezzo tutta questa sovraccapacità, le aziende emergenti occidentali potrebbero non riuscire a sopravvivere.

La Cina sta costruendo molte più fabbriche di batterie di quante ne avrebbe bisogno per soddisfare la propria domanda di veicoli elettrici e di stoccaggio in rete. Secondo i dati raccolti da CRU Group e riportati dal Financial Times, quest’anno gli stabilimenti cinesi raggiungeranno una capacità produttiva di 1500 gigawattora, una quantità in grado di alimentare ventidue milioni di veicoli elettrici e più che doppia rispetto ai livelli della domanda (636 GWh).

L’INVASIONE DELLE BATTERIE CINESI

Gli industriali stranieri temono che Pechino, per dare sfogo alla sovrapproduzione ed evitare un collasso del proprio settore, possa adottare la stessa tattica già utilizzata in passato nei comparti dell’acciaio, dell’alluminio e dei pannelli solari: temono che riverserà, cioè, tutto l’eccesso all’estero e lo venderà a prezzi molto più bassi di quelli praticati dalla concorrenza internazionale, in modo da facilitare la conquista di grosse fette di mercato globale.

Pechino già vale il 66 per cento della produzione mondiale di batterie per le automobili elettriche e ne domina l’intera catena del valore, dalle materie prime (litio, nichel, grafite, cobalto) ai componenti intermedi (catodi, anodi).

LE CONSEGUENZE DEI SUSSIDI

Le aziende cinesi di batterie possono contare sui sussidi statali da ben prima di quelle statunitensi ed europee. L’attuale situazione di sovrabbondanza produttiva è dovuta proprio agli incentivi offerti dal governo centrale, che hanno scatenato una competizione tra le varie regioni del paese, ciascuna interessata ad accaparrarseli e a diventare un centro manifatturiero di questi dispositivi cruciali per la transizione energetica.

Tutta questa frenesia ha messo preoccupazione al presidente Xi Jinping, che lo scorso marzo aveva avvertito l’industria delle batterie dei rischi di un’espansione incontrollata e del pericolo di un ciclo boom-and-bust (una forte crescita seguita da un’altrettanto forte contrazione) che ha già colpito il settore immobiliare, ad esempio.

– Leggi anche: Xi vuole spezzare il dominio di Catl sulle batterie?

L’EUROPA È IN PERICOLO?

Sam Adham, analista di CRU Group, ha spiegato al Financial Times che nel 2022 la produzione cinese di batterie è ammontata a 550 GWh, superando i 450 GWh inseriti nei prodotti finali, ed è stata esportata. Le previsioni di CRU Group, basati sugli annunci di nuove fabbriche, dicono che entro il 2027 la sovraccapacità cinese di batterie sarà di quasi quattro volte superiore al fabbisogno nazionale e doppia rispetto al volume necessario ad elettrificare l’intero parco circolante entro il 2030.

Si tratta insomma di numeri assurdi, e una fonte sentita dal Financial Times – un dirigente dell’industria automobilistica occidentale che vive in Cina – ha espresso preoccupazione per un riversamento all’estero di tutta questa sovrapproduzione. Sarebbe un danno per i produttori europei, ad esempio, che non possono competere con i volumi e i prezzi cinesi.

Northvolt, un’importante startup svedese di batterie, ha detto che il settore europeo dello stoccaggio in rete (ovvero l’utilizzo delle batterie per accumulare l’energia intermittente degli impianti rinnovabili e restituirla al sistema nei momenti di bisogno) è particolarmente vulnerabile, perché se i governi europei dovessero decidere di ricorrere in massa alle importazioni di dispositivi cinesi a basso costo commetterebbero un “errore strategico”: oltre a creare una dipendenza economico-tecnologica da un paese potenzialmente ostile, stroncherebbero sul nascere la filiera comunitaria.

Sulla componentistica solare, ad esempio, un altro comparto fondamentale per la transizione ecologica e dominato da Pechino, l’Europa sta accumulando grandi quantità di pannelli cinesi per tutelarsi da eventuali crisi future dei prezzi e delle forniture. Quella che può sembrare una mossa sensata dal punto di vista della sicurezza economica ed energetica, però, potrebbe rivelarsi dannosa sotto il profilo industriale perché le scorte di pannelli cinesi potrebbero saturare il mercato europeo e disincentivare la nascita di un’industria interna.

NON È DETTA L’ULTIMA PAROLA

Come nota il Financial Times, la penetrazione delle batterie cinesi sul mercato europeo o statunitense non è scontata perché in entrambi i casi (ma soprattutto in quello americano) i governi hanno introdotto delle misure di sostegno alla manifattura interna per favorire più o meno esplicitamente il distacco da Pechino. D’altra parte, CATL – la più grande azienda produttrice di batterie in Cina e nel mondo – ha in programma di espandersi sia in Europa sia, indirettamente, negli Stati Uniti.

E SE ALLA CINA TUTTE QUESTE BATTERIE SERVISSERO DAVVERO?

C’è anche chi ritiene esagerati gli allarmi sulla sovraccapacità e sull’invasione delle batterie cinesi. La Cina potrebbe infatti avere bisogno di tutte quelle batterie per destinarle allo stoccaggio in rete. I dispositivi di accumulo andrebbero ad affiancare una capacità eolica e fotovoltaica in forte espansione (dipendente dal meteo e dunque intermittente nella generazione energetica) e permetterebbero di ridurre la necessità delle centrali a carbone (che oggi svolgono una funzione di supporto alle rinnovabili e di stabilità dell’infrastruttura elettrica, pur emettendo molta CO2).

Secondo Goldman Sachs, il fabbisogno cinese di batterie per lo stoccaggio aumenterà di settanta volte entro il 2030.

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