La casa automobilistica statunitense Ford Motor investirà 3,5 miliardi di dollari in uno stabilimento a Marshall, nel Michigan, dove produrrà batterie per i veicoli elettrici. Nonostante l’apparenza, si tratta di una notizia problematica per l’amministrazione di Joe Biden.
GLI ASPETTI POSITIVI DELL’INVESTIMENTO DI FORD
La fabbrica permetterà la creazione 2500 nuovi posti di lavoro ben pagati in un’area – Marshall si trova a circa 160 chilometri a ovest da Detroit – che ha sofferto moltissimo la crisi dell’industria dell’auto, e che sta provando a recuperare l’antica centralità puntando sulla mobilità elettrica.
La mossa di Ford, inoltre, sembra essere perfettamente allineata ai piani della Casa Bianca per la creazione di una robusta filiera manifatturiera delle batterie in territorio statunitense, in modo da contrastare il dominio della Cina – la principale rivale economica e politica d’America – su una tecnologia strategica per la transizione energetica.
Nel 2022 gli Stati Uniti hanno ricevuto investimenti in fabbriche di batterie per un totale di oltre 73 miliardi di dollari, stando ai dati di Atlas Public Policy. Il risultato è stato favorito dall’Inflation Reduction Act, la legge di stimolo alle “industrie verdi” da 369 miliardi di dollari.
IL PROBLEMA: GLI STATI UNITI SUSSIDIERANNO LA CINA?
L’investimento di Ford, però, è controverso, perché la tecnologia che verrà utilizzata per la produzione delle celle di batterie è di proprietà cinese: di CATL, nello specifico, l’azienda più grande al mondo in questo settore, con una quota di mercato globale di oltre il 37 per cento.
Gli Stati Uniti, dunque, corrono il rischio di sussidiare la concorrenza cinese.
UN “CAVALLO DI TROIA” PER PECHINO
Non a caso, il governatore dello stato della Virginia, il repubblicano Glenn Youngkin, ha ritirato il mese scorso l’offerta del suo stato per attirare la joint venture di Ford e CATL. Ha definito il progetto un “cavallo di Troia” per il Partito comunista cinese, che – a suo dire – si infiltrerebbe nell’industria statunitense nascondendosi dietro una società privata, accedendo peraltro a fondi pubblici.
Essendo interamente di proprietà di Ford, lo stabilimento di Marshall potrebbe ottenere i generosi crediti d’imposta previsti dall’Inflation Reduction Act. Il produttore automobilistico ha specificato che CATL non riceverà soldi dei contribuenti americani.
IL MICHIGAN NON È D’ACCORDO
A differenza di Youngkin, la governatrice del Michigan, la democratica Gretchen Whitmer, ha salutato con favore l’investimento di Ford nello stato, dichiarando che “darà impulso alle famiglie locali, alle piccole imprese e all’intera comunità, e aiuterà il nostro stato a continuare a guidare il futuro della mobilità e dell’elettrificazione”.
CATL, comunque, fornisce batterie a tante case automobilistiche (anche americane), come Tesla, Volkswagen, BMW, Daimler, Toyota, Honda, Volvo e Stellantis.
LA RICHIESTA DI RUBIO
Il senatore repubblicano Marco Rubio, membro della commissione Intelligence del Senato, ha inviato una lettera ai segretari dell’Energia, del Tesoro e dei Trasporti per chiedere una revisione del patto Ford-CATL da parte del CFIUS, il comitato che analizza le implicazioni per la sicurezza nazionale degli investimenti stranieri negli Stati Uniti.
Secondo Rubio, infatti, l’accordo tra le due società “non farà altro che aumentare la dipendenza degli Stati Uniti dal Partito comunista cinese per la tecnologia delle batterie, e probabilmente è stato progettato per rendere la fabbrica ammissibile ai crediti fiscali dell’Inflation Reduction Act”. La legge contiene in realtà una clausola implicitamente anti-cinese, perché vieta l’assegnazione di crediti se i componenti della batteria di un veicolo elettrico sono stati realizzati da una “entità straniera che desta preoccupazione”.
FORD PRODURRÀ BATTERIE AL LITIO-FERRO-FOSFATO
Lo stabilimento di Ford a Marshall non produrrà convenzionali batterie agli ioni di litio, la tecnologia oggi largamente più utilizzata, ma batterie al litio-ferro-fosfato (anche note con la sigla LFP), dal 2026. Rispetto a quelle “classiche”, sono meno costose perché non contengono metalli di grande valore come il cobalto e il nichel. Essendo la batteria il componente più costoso di un’auto elettrica, cioè quello che incide di più sul suo prezzo finale, le batterie al litio-ferro-fosfato potrebbero favorire una più larga diffusione di queste vetture.
Le batterie al litio-ferro-fosfato hanno una durata di vita maggiore di quelle agli ioni di litio; sono però meno potenti, e dunque non garantiscono al veicolo la stessa autonomia di guida. Non tutti i consumatori, dunque, potrebbero ritenerle convenienti.