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Consiglio

La Cina farà diventare l’Ungheria un polo europeo delle batterie. Report

Gli investimenti della Cina in Europa stanno cambiando, e oggi si dirigono perlopiù verso le fabbriche di batterie per le auto elettriche. E spicca il caso dell'Ungheria. Cosa dice il report Merics-Rhodium.

 

Stando a un rapporto dei centri studi MERICS e Rhodium Group, nel 2022 gli investimenti della Cina in Europa hanno cambiato forma: invece che sulle fusioni e le acquisizioni, si sono concentrati sui progetti di tipo greenfield (cioè da zero) e più nello specifico sugli impianti di produzione di batterie per i veicoli elettrici.

COME CAMBIANO GLI INVESTIMENTI CINESI IN EUROPA

Quelli greenfield hanno rappresentato il 57 per cento degli investimenti diretti esteri della Cina in Europa nel 2022, superando quelli in fusioni e acquisizioni per la prima volta dal 2008. In quest’ultimo campo, l’unica operazione di grande valore, ovvero superiore a 1 miliardo di euro, è stata l’acquisizione dell’azienda britannica di videogiochi Sumo Digital da parte della compagnia tecnologica Tencent. Molti sono stati, invece, i grossi investimenti in fabbriche di batterie: ad esempio quello di CATL, di Envision AESC e di SVolt.

LA CINA REALIZZERÀ LA TRANSIZIONE VERDE IN EUROPA?

Questo cambio di destinazione degli investimenti è rilevante. Come ha spiegato Agatha Kratz, direttrice di Rhodium Group, “le aziende cinesi sono diventate i principali attori nella transizione verde dell’Europa”. Il processo di sostituzione dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili e quello di elettrificazione della mobilità dipendono entrambi dalle batterie, che in un caso permettono di stoccare l’energia prodotta in eccesso dai parchi eolici e solari, in modo da poterla riutilizzare in un secondo momento, e nell’altro consentono il movimento delle automobili elettriche. Le batterie, di conseguenza, sono dei dispositivi di importanza critica, così come sono critici i metalli di base (litio, grafite, cobalto, nichel) necessari alla loro fabbricazione.

– Leggi anche: L’Ue vuole l’auto elettrica, ma è a secco di litio

COM’È MESSA L’EUROPA SULLE BATTERIE

L’Unione europea vorrebbe diventare una potenza manifatturiera della transizione ecologica, in modo da garantirsi una rilevanza industriale, tutelare la propria sicurezza economica ed evitare possibili crisi occupazionali causate dal distacco dagli idrocarburi. Ma la sua capacità produttiva di batterie è parecchio indietro rispetto a quella asiatica – soprattutto cinese, giapponese e sudcoreana – sia per quote che per know-how. Di più: gran parte della capacità di batterie attualmente pianificata sul continente europeo è riconducibile ad aziende asiatiche.

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DOVE SI CONCENTRANO GLI INVESTIMENTI CINESI SULLE BATTERIE

Gli investimenti cinesi in Europa si concentrano “massicciamente”, si legge nel documento, in una manciata di paesi: Germania, Francia, Regno Unito (le tre economie più grandi del continente, o Big Three) e Ungheria. Tutti e quattro hanno ricevuto – non solo nel 2022 – corposi flussi di capitali in progetti greenfield da produttori cinesi di batterie come CATL, Envision AESC e SVolt, come si vede nella tabella sotto.

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IL CASO DELL’UNGHERIA

Il rapporto di MERICS e Rhodium Group si concentra sulla forte crescita degli investimenti cinesi in Ungheria. Tra il 2017 e il 2021 il paese ha ricevuto meno dell’1 per cento degli investimenti totali della Cina in Europa; nel 2022, però, CATL ha deciso di investirvi una somma enorme (7,6 miliardi di euro) per la costruzione di una grossa fabbrica di batterie: avrà una capacità di 100 gigawattora, che ne farà la gigafactory più grande sul territorio europeo.

– Leggi anche: Batterie, perché in Ungheria si protesta contro la cinese Catl

Un’altra società cinese dello stesso settore, EVE, vuole aprire un impianto di batterie vicino a Debrecen, nell’Ungheria orientale, per rifornire le case automobilistiche europee. SEMCORP, che realizza separatori delle batterie agli ioni di litio, ha già avviato la produzione nel paese. Alla luce di tutti questi investimenti, lo studio conclude che l’Ungheria potrebbe trasformarsi in un polo manifatturiero di batterie per l’Europa, grazie anche alla presenza di case automobilistiche come Mercedes-Benz e ai buoni rapporti politici con Pechino.

PERCHÉ ALLA CINA CONVIENE L’EUROPA

Il rapporto dei due think tank spiega che l’installazione delle operazioni direttamente sul territorio europeo permette alle società cinesi di evitare i dazi doganali, di abbattere le spese di trasporto e soprattutto di proteggersi dalle tensioni politiche che possono ripercuotersi sul commercio.

L’Europa, inoltre, è il secondo mercato più grande al mondo per i veicoli elettrici (dopo la Cina stessa), e dunque rappresenta un’opportunità di profitto per le aziende cinesi. Anche perché il continente, a differenza di altre poli dell’automotive come il Giappone o la Corea del sud, non possiede un’industria interna delle batterie molto sviluppata.

L’Europa, in ultimo, rimane generalmente più aperta – anche se i controlli sono aumentati – agli investimenti della Cina nei settori di grande rilevanza rispetto agli Stati Uniti, che con l’Inflation Reduction Act puntano proprio a contrastare la manifattura cinese di tecnologie per l’energia pulita e ad “espellere” Pechino dalle filiere nazionali.

COME CAMBIANO GLI INVESTIMENTI DELLA CINA: DAI MINERALI ALLE BATTERIE

Lo studio segnala anche un cambiamento generale nella direzione degli investimenti esteri della Cina legati alla mobilità elettrica. Inizialmente, il focus era sulle materie prime (cioè sui minerali critici), e dunque su paesi come il Congo, l’Indonesia e il Cile. Adesso, invece, Pechino si concentra sull’installazione di capacità manifatturiera di batterie in prossimità o all’interno dei mercati finali.

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