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Litio

Nazionalizzare il litio è davvero la scelta giusta per il Cile?

Boric ha proposto la nazionalizzazione delle riserve di litio del Cile, il secondo maggiore produttore al mondo. L'ha presentata come una grande occasione per il paese, ma ci sono dei dubbi: l'estrazione mineraria non è un'attività dall'alto valore aggiunto, e una legislazione anti-privati potrebbe disincentivare gli investimenti esteri.

 

Il presidente del Cile Gabriel Boric, di sinistra, ha proposto la nazionalizzazione delle riserve di litio, un metallo cruciale per la transizione ecologica: è presente nelle batterie – la cui tecnologia più diffusa è agli ioni di litio, appunto – utilizzate per alimentare i veicoli elettrici e per accumulare l’energia prodotta dagli impianti rinnovabili intermittenti.

IL CILE HA LE MAGGIORI RISERVE DI LITIO AL MONDO

Il Cile è il secondo maggiore produttore al mondo di litio: ne possiede giacimenti per quasi 10 milioni di tonnellate e riserve sfruttabili per 9,2 milioni di tonnellate, le più grandi.

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Il Cile possiede oltre il 40 per cento delle riserve globali di litio. Grafico via Reuters.

LE PAROLE DI BORIC

Boric ha presentato la proposta di nazionalizzazione in un discorso trasmesso in televisione il 20 aprile scorso. A suo dire, dare allo stato il controllo sul settore è “la migliore possibilità che abbiamo di passare a un’economia sostenibile e sviluppata. Non possiamo permetterci di sprecarla”.

L’estrazione di litio, in realtà, non è un’attività dall’alto valore aggiunto: significa che rende relativamente poco, e generalmente restituisce ancora meno alle comunità intorno ai siti estrattivi. L’anello più redditizio della catena del valore è quello della fabbricazione delle batterie.

Il presidente vorrebbe che i futuri contratti di sfruttamento del litio prevedessero esclusivamente delle partnership tra le società private e lo stato cileno, con quest’ultimo in posizione di maggioranza. Ha promesso che il governo non cancellerà i contratti già stipulati, dicendo però di sperare che le aziende si mostrino disponibili a negoziare un ingresso dello stato prima della loro scadenza.

ALBEMARLE E SQM IN BALLO

Boric non ha menzionato né Albemarle (statunitense) né SQM (cilena), le prime due società produttrici di litio al mondo, nell’ordine. Il contratto di Albemarle in Cile scadrà nel 2043, mentre quello di SQM nel 2030.

– Leggi anche: Tutto su Albemarle, il colosso del litio da numeri record

Albemarle ha detto che l’annuncio della nazionalizzazione non avrà “un impatto materiale sulle nostre attività” in Cile, dove continuerà a investire nella produzione e nell’utilizzo di nuove tecnologie estrattive. SQM, invece, non ha rilasciato commenti all’agenzia Reuters, e non lo ha fatto nemmeno la compagnia cinese Tianqi Lithium, uno dei suoi azionisti principali.

L’ANNUNCIO DI BORIC FARÀ BENE AL CILE?

Boric ha presentato la nazionalizzazione come “la migliore possibilità” a disposizione del Cile per trarre un vantaggio economico dalla transizione energetica, ma potrebbe anche rivelarsi una mossa controproducente. Diversi analisti pensano infatti che l’annuncio potrebbe causare un riorientamento degli investimenti verso altri paesi produttori di litio – come l’Australia, il primo in assoluto – che hanno una legislazione più stabile e più favorevole alle aziende private.

“La stabilità delle politiche è molto importante per qualsiasi progetto minerario”, ha detto a Reuters Harsh Bardia, analista presso JBWere. “Le giurisdizioni mining-friendly come l’Australia saranno posti in cui verranno investiti fondi supplementari”.

Anche Chris Berry, presidente di House Mountain Partners, è scettico. A Foreign Policy ha detto che la nazionalizzazione del litio in Cile “potrebbe far vacillare gli investimenti diretti esteri nel paese nei prossimi anni”.

L’analista latinoamericano Francisco Monaldi ha definito l’annuncio di Boric una “notizia problematica per la transizione energetica”, facendo intendere che la nazionalizzazione dell’industria del litio in Cile avrà ripercussioni negative sull’offerta e sui prezzi del metallo.

IL RUOLO DI CODELCO

Nei piani di Boric, il processo di creazione di una compagnia statale del litio sarà affidato a Codelco, l’azienda mineraria pubblica che si occupa di rame: ne è la prima produttrice del pianeta. Il Cile ha nazionalizzato il rame sotto la presidenza di Salvador Allende, uno degli idoli politici di Boric.

Fino a che non verrà formata la compagnia litifera, Codelco ed Enami (un’altra azienda mineraria statale) otterranno dei contratti di esplorazione e di estrazione del litio in zone attualmente occupate da progetti privati. Pare che la futura società avrà una divisione dedicata alle tecnologie innovative e a basso impatto ambientale come l’estrazione diretta del metallo dagli stagni di evaporazione.

LA TENDENZA ALLA NAZIONALIZZAZIONE DELLE RISORSE

L’annuncio di Boric si inserisce in una più ampia tendenza mondiale al “nazionalismo delle risorse“, cioè all’assunzione del controllo della produzione mineraria o energetica da parte degli stati.

L’Indonesia, per esempio, uno dei più grandi paesi esportatori di nichel (un altro metallo critico per le batterie), nel giugno del 2020 ha vietato le esportazioni del minerale grezzo con l’obiettivo di accumulare risorse economiche in patria e utilizzarle per creare sul proprio territorio un’intera filiera industriale, dall’estrazione del nichel alla sua lavorazione, fino al suo utilizzo nelle batterie e alla manifattura di veicoli elettrici. Dal prossimo giugno, inoltre, l’Indonesia vieterà anche le esportazioni di bauxite per stimolare la produzione nazionale di alluminio.

– Leggi anche: L’Indonesia vuole creare un cartello dei produttori di nichel

Nel dicembre 2022 lo Zimbabwe ha imposto un divieto all’export di litio grezzo.

Nell’aprile 2022 il Messico ha nazionalizzato i depositi di litio. Lo scorso febbraio il presidente, il populista di sinistra Andrés Manuel López Obrador, ha trasferito la responsabilità

I PROSSIMI PASSI DEL CILE

Perché l’idea di nazionalizzazione si traduca in realtà, Boric dovrà ottenere l’approvazione del Congresso nazionale cileno, l’organo legislativo, dove però non ha la maggioranza.

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