Secondo uno studio del think tank brussellese Bruegel, i paesi dell’Europa hanno stanziato circa 280 miliardi di euro in fondi per mitigare l’impatto della crisi energetica sulle famiglie e sulle imprese.
IL CONTESTO
I prezzi all’ingrosso dell’energia sono di oltre dieci volte più alti rispetto alla media stagionale degli ultimi cinque anni: una delle cause principali è la limitazione delle forniture di gas dalla Russia – che nel 2021 ha rappresentato da sola la fonte del 40 per cento delle importazioni a livello europeo -, già da prima dell’inizio della guerra in Ucraina.
I prezzi alti dell’energia colpiscono in particolare le industrie pesanti ed energivore, ma il caro bollette e l’inflazione si stanno ripercuotendo pure sulle capacità di spesa dei cittadini. In Italia l’Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente) ha anticipato la possibilità di un “incremento di oltre il 100 per cento rispetto al trimestre in corso” delle bollette energetiche a partire dal prossimo ottobre.
COSA PENSA SGARAVATTI (BRUEGEL)
Giovanni Sgaravatti, analista di Bruegel e co-autore dello studio, ha detto a Bloomberg che “i prezzi rimarranno alti per tutto l’inverno e i governi dovrebbero lavorare con l’ipotesi del peggiore scenario possibile, ovvero che non scenderanno nemmeno dopo”. “I governi”, ha aggiunto, “dovrebbero concentrarsi sulla riduzione della domanda energetica, ove possibile”.
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COSA DICE IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Tre esperti del Fondo monetario internazionale, Olya Celasun, Dora Iakova e Ian Parry, hanno scritto nei giorni scorsi che “i responsabili politici europei hanno risposto all’impennata dei costi energetici soprattutto con misure di ampio respiro e di contenimento dei prezzi, tra cui sussidi, tagli alle tasse e controlli sui prezzi”. I tre analisti pensano che queste misure non stiano facilitando la riduzione dei consumi energetici, mantenendo al contrario “la domanda globale di energia e i prezzi più alti di quanto sarebbero altrimenti”.
CHI HA SPESO DI PIÙ
Lo studio di Bruegel prende in esame i fondi stanziati dai paesi europei da settembre 2021 a luglio 2022 attraverso varie misure di riduzione degli impatti economici del caro energia.
Il paese che ha stanziato più risorse – non tutte sono necessariamente già state spese – è stata la Germania, con 60,2 miliardi di euro, pari all’1,7 per cento del suo PIL. A seguire l’Italia con 49,5 miliardi (2,8 per cento del PIL) e la Francia con 44,7 (1,8 per cento del PIL).
I tre paesi che invece hanno speso di più in rapporto al PIL sono stati, nell’ordine, Grecia (6,8 miliardi, pari al 3,7 per cento del PIL), Lituania (2 miliardi e 3,6 per cento del PIL) e Italia.
QUANTO E COME HA SPESO L’ITALIA
Bruegel ricorda come il 27 settembre scorso il governo italiano abbia approvato delle misure di breve termine da 3 miliardi di euro per compensare l’aumento dei prezzi dell’elettricità e del gas fino alla fine del 2021, utilizzando anche i proventi delle aste per le quote di CO2.
Il 18 dicembre, poi, il governo descrisse le modalità di spesa per il 2022: 1,8 miliardi per l’eliminazione degli oneri di sistema per gli utenti elettrici; 480 milioni per cancellare gli addebiti sulle bollette del gas; 912 milioni per l’aumento dei bonus sociali per le famiglie in condizioni di vulnerabilità economica e sociale.
Il 21 gennaio 2022 il Consiglio dei ministri annunciò nuove misure da 1,7 miliardi contro il caro bollette, con un credito d’imposta del 20 per cento per tutte le aziende energivore che avessero riscontrato un aumento del 30 per cento dei prezzi dell’energia rispetto al 2019: la misura venne in parte finanziata con una tassa sui profitti dei produttori rinnovabili (eolico, fotovoltaico, idroelettrico, geotermico).
Il 19 marzo scorso è stato approvato un nuovo pacchetto da 4,4 miliardi per estendere il bonus sociale a 5,2 milioni di utenti domestici e per ridurre il prezzo della benzina di 25 centesimi fino alla fine di aprile, il tutto finanziato con una tassa del 10 per cento sulle società energetiche.
Il 21 aprile il Senato ha approvato una spesa extra da 8 miliardi di euro; di questi, 5,5 miliardi erano destinati al contrasto dell’aumento dei prezzi dell’energia e il resto al sostegno dei settori produttivi più colpiti dalla crisi. Gli oneri di sistema sulle bollette vennero azzerati per tutta l’estate e l’IVA sulle bollette del gas portata al 5 per cento. I sistemi di raffrescamento dell’aria non avrebbero dovuto scendere al di sotto dei 25 °C per tutta la stagione estiva.
Il 2 maggio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha presentato un pacchetto da 14 miliardi di sostegno a famiglie e imprese. Puntava anche ad accelerare l’entrata in funzione di impianti di energia rinnovabile e di rigassificazione e al taglio di 30 centesimi per un litro di benzina e di gasolio. Le misure contenute nel pacchetto venivano finanziate principalmente attraverso l’aumento della tassa sulle società energetiche, dal 10 al 25 per cento.
A fine giugno è stato approvato un nuovo decreto da 3 miliardi per ridurre l’aumento delle bollette, estendendo alcune vecchie misure come la riduzione dell’IVA nelle bollette del gas al 5 per cento. Tra le novità c’era il mantenimento inalterato degli oneri di sistema per il settore gasifero da parte di ARERA, al costo di 292 milioni. Il decreto, inoltre, agganciava il bonus sociale per l’elettricità e il gas al valore dell’ISEE, per dirigere gli aiuti alla fetta di popolazione in maggiori difficoltà economiche. Infine, conteneva provvedimenti per incentivare il riempimento degli stoccaggi di gas.
Verso fine luglio, il decreto Aiuti bis (da 15 miliardi) ha stanziato oltre 6 miliardi per coprire l’estensione delle misure già adottate (il taglio dell’IVA sul gas al 5 per cento e quello del costo del carburante di 30 centesimi al litro, per esempio). I municipi e le città metropolitane hanno ricevuto rispettivamente 350 e 50 milioni per far fronte all’aumento delle spese per l’energia. Il settore dei trasporti ha ottenuto altri 101 milioni, rispetto ai 79 già stanziati nei precedenti mesi del 2022.
LA SPESA PER I RIGASSIFICATORI
A giugno Snam – la società energetica (partecipata da Cassa depositi e prestiti) che gestisce la rete italiana dei gasdotti – ha speso 330 milioni per l’acquisto di una nave rigassificatrice, la Golar Tundra, che permetterà in futuro all’Italia di ricevere maggiori quantità di gas liquefatto con cui sostituire le forniture russe.
A maggio sempre Snam aveva acquistato un’altra nave da convertire in rigassificatrice, la Golar Arctic, a un prezzo di 269 milioni. A luglio, infine, ha comprato una terza unità rigassificatrice, la BW Singapore, per 400 milioni.