Una delle cause dell’aumento del prezzo dell’energia elettrica in Europa nel prossimo trimestre (in Italia il ministro Roberto Cingolani stima un rialzo del 40 per cento) è il costo maggiore del gas naturale, spesso utilizzato come fonte primaria.
Oltre a questo, però, c’è l’aumento dei prezzi di quei permessi per le emissioni di anidride carbonica scambiati nel sistema ETS (le cosiddette “quote”) dell’Unione europea.
COS’È IL SISTEMA PER LE QUOTE DI CO2
L’ETS, in breve, istituisce un mercato europeo per la compravendita di “quote di emissione” di CO2: ne vengono assegnate alle aziende, ogni anno, in una certa quantità che si riduce via via nel tempo. Le aziende più inquinanti dovranno quindi acquistare altri permessi se vorranno continuare a emettere CO2 senza incorrere in sanzioni; le aziende più “pulite”, al contrario, hanno la possibilità di vendere le proprie quote inutilizzate.
L’intero sistema serve a rendere sconveniente l’utilizzo di energia prodotta da fonti fossili (carbone, petrolio, gas naturale) e incentivare il passaggio a forme di energia più pulite (come quelle rinnovabili).
LE ENTRATE PER GLI STATI
Il sistema di compravendita delle quote di CO2, scrive su Teleborsa l’analista Guido Salerno Aletta, “rappresenta una forma di tassazione ambientale, in base al principio di proporzionalità e di corrispettività secondo cui ‘chi più sporca, più paga’”.
In sostanza, spiega Salerno Aletta, ogni impianto di generazione di energia elettrica possiede un suo coefficiente di emissione di CO2 per ogni kilowattora prodotto. Questo coefficiente è molto alto per le centrali a carbone e a olio combustibile (due fonti fossili particolarmente inquinanti); è mediamente alto per le centrali a gas naturale; è molto basso o nullo per gli impianti rinnovabili e nucleari.
Per questo motivo, ogni stato dell’Unione europea incassa proventi maggiori o minori dalla vendita delle quote di emissione a seconda della fonte di energia più utilizzata per la produzione di energia elettrica. La Polonia, ad esempio, è quella che ottiene le entrate maggiori (quasi il 19,5 per cento del totale europeo nel secondo trimestre del 2021) perché le sue società energetiche utilizzano principalmente il carbone; segue la Germania con il 16,6 per cento perché ricorre al carbone e al gas.
In Italia il gas naturale occupa una quota molto rilevante – il 40 per cento – nel mix elettrico: per questo è al quarto posto nella classifica (8,3 per cento del totale), preceduta dalla Spagna. La Francia ricava invece molto poco dalle quote (meno del 5 per cento del totale) perché il nucleare ha un peso rilevantissimo nella generazione di energia elettrica.
LE ENTRATE PER L’ITALIA NEL SECONDO TRIMESTRE 2021
Nel secondo trimestre del 2021, scrive Salerno Aletta, “in Italia sono state collocate 14.500.000 quote di CO2, per un incasso d’asta pari a 718,5 milioni di euro. Il prezzo unitario di aggiudicazione delle quote di CO2 è quasi raddoppiato, passando dai 21,2 euro del primo trimestre ai 49,7 euro del secondo trimestre”.
LA MOSSA DEL GOVERNO DRAGHI
A luglio, per contenere il rialzo delle tariffe di luce e gas (rispettivamente al 9,9 e al 15,3 per cento) e mitigare l’impatto economico sui consumatori italiani, il governo Draghi ha attinto proprio ai ricavi delle aste delle quote di emissione di CO2 e ridotto il peso degli oneri generali di sistema in bollette. Su un totale di 1,2 miliardi di euro, 650 milioni provenivano dalle entrate dei permessi emissivi.
Il governo potrebbe ricorrere a una soluzione simile nei prossimi giorni, visto che – come annunciato dal ministro Cingolani – nel trimestre ottobre-dicembre la bolletta dell’energia elettrica potrebbe aumentare del 40 per cento. Si tratta peraltro di un periodo dell’anno particolarmente critico per i consumi energetici, viste le temperature invernali e la necessità di riscaldare le abitazioni.