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Il governo sbianca gli americani di Kkr che avevano troppi Grilli sulla rete di Tim: via all’offerta di Cdp-Macquarie

Fatti, numeri, indiscrezioni e scenari sulla rete Tim dopo l'offerta lanciata da Cassa depositi e prestiti (controllata dal Mef) e fondo Macquarie. Il siluro a Kkr e a Jp Morgan

IL GOVERNO SILURA GLI AMERICANI DI KKR SULLA RETE TIM E PREFERISCE CDP E MACQUARIE

Il governo silura il fondo americano Kkr che puntava alla rete di Tim e dà invece, di fatto, semaforo verde alla Cdp (controllata dal Mef) che con il fondo australiano Macquarie ha presentato un’offerta – più allentante per Tim in termini di contanti – per l’acquisto della costituenda NetCo in cui il gruppo Tim farà confluirà la rete e la controllata Sparkle (cavi sottomarini). Evidentemente la mossa di Cdp è più consona dal punto di vista anche strategico dell’esecutivo, visto che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha parlato della necessità di una rete nazionale a controllo pubblico.

ECCO GLI ADVISOR DI KKR ATTAPIRATI, IN PRIMIS JP MORGAN

Attapirati dunque gli americani e gli advisor sempre americani di Kkr nel dossier Tim, ossia Jp Morgan, Morgan Stanley e Citi. Deluso, dunque, Vittorio Grilli. L’ex titolare del Tesoro è infatti Chairman of the Corporate & Investment Bank, EMEA, nella banca d’affari statunitense JP Morgan. Eppure le entrature ministeriali non mancano a Grilli così come le sponde nella maggioranza di centrodestra.

IL PESO DI GRILLI NELLE STANZE MINISTERIALI

Da maggio 2005 fino a novembre 2011, Grilli è stato direttore generale del Dipartimento del Tesoro del Mef, confermato dai ministri Domenico Siniscalco, Tommaso Padoa-Schioppa e Giulio Tremonti. Il 28 novembre 2011 venne nominato viceministro dell’Economia e delle Finanze del governo Monti, carica che manterrà fino all’11 luglio 2012, quando fu nominato ministro dell’Economia e delle finanze, in sostituzione di Monti che fino a quel momento ricopriva la carica.

COME SI RIAPRE LA PARTITA SULLA RETE DI TIM

Ma che cosa è successo domenica 5 marzo? La sostanza è che Cassa depositi e prestiti riapre la partita per la rete Tim, presentando un’offerta insieme al fondo australiano Macquarie per l’infrastruttura del gruppo telefonico. La proposta è stata approvata ieri da un consiglio straordinario di Cdp e trasmessa in serata a Tim, che aveva già sul tavolo un’offerta del fondo americano Kkr per la rete. La proposta scade il 31 marzo, stessa scadenza che il consiglio di Tim, lo scorso 24 febbraio, ha dato a Kkr.

LA NOTA DI CDP E DI TIM

Cosa hanno comunicato domenica 5 marzo Cdp e Tim? Vediamo. «Il Consiglio di Amministrazione di Cassa Depositi e Prestiti – si legge in una nota di Cdp – riunitosi sotto la presidenza di Giovanni Gorno Tempini, ha dato il via libera alla presentazione di un’offerta non vincolante da parte di Cdp Equity, congiuntamente a Macquarie Asset Management, per l’acquisto della costituenda NetCo di Tim, che ricomprenderà la rete infrastrutturale e la partecipazione in Sparkle. Il termine di validità dell’offerta è fissato al 31 marzo 2023». Poche ore dopo da parte di Tim è stata diffusa una nota con la quale si conferma il ricevimento dell’offerta. «L’offerta sarà sottoposta all’esame preliminare del Comitato Parti Correlate, ai sensi della normativa applicabile a CdP Equity, quale parte correlata di TIM, e sarà, a seguire, portata all’attenzione del Consiglio di Amministrazione, ove possibile nella riunione già programmata per il 15 marzo 2023 o in un’altra data da definire», si legge nel testo.

I NUMERI DELL’OPERAZIONE

Dopo il via libera del governo Meloni, un paio di giorni fa, quella che hanno messo sul piatto Cdp e Macquarie, secondo Il Sole 24 Ore, è un’offerta migliorativa: sul piatto ci sono sempre 20 miliardi ma con diverse condizioni che porterebbero più liquidità a Tim per 1,5-2 miliardi di euro (il quotidiano La Stampa parla di 2-2,5 miliardi invece). Inoltre, a realizzare l’operazione potrebbe essere un veicolo ad hoc e non più Open Fiber, ha aggiunto il quotidiano confindustriale. Anche se la strategia del governo è quella di una rete unitaria.

LE PROPOSTE DI KKR E DI CDP A CONFRONTO

La proposta di Kkr è strutturata, approssimativamente, su 10 miliardi di debito e 10 di equity (tanto verrebbe valorizzata Fibercop in cui il fondo americano ha investito due anni fa 1,8 miliardi aggiudicandosene il 37,5%). Nel 2021 Telecom aveva rifiutato un’offerta della società statunitense per l’acquisto dell’intera attività per 10,8 miliardi di euro. Tim, dopo che è sfumata invece la possibilità di un’offerta congiunta tra Cdp e Kkr, si troverà quindi due offerte alternative per l’acquisto della sua rete.

LE VALUTAZIONI DELLA RETE

Entrambe le offerte – quella di Kkr e quella di Cdp-Macquarie – riguardano la dorsale in fibra, la rete secondaria contenuta in FiberCop — di cui Kkr ha già il 37,5% — e i cavi internazionali di Sparkle. Il valore assoluto sarebbe inferiore a quello del fondo Usa — 18 miliardi contro i 20 offerti da Kkr — ma avrebbe – sottolinea il Corriere della sera – una parte in contanti maggiore e conterrebbe meno clausole a cui è legato il prezzo. Il valore di 18 miliardi sarebbe rappresentato da 10 miliardi in contanti — 2-2,5 miliardi in più di Kkr — e da 8 miliardi di debito che Cdp e Macquarie si prenderebbero in carico con la rete. “L’incasso diretto per Tim sarebbe maggiore anche per via dell’attribuzione di un valore più alto alla dorsale in fibra che controlla al 100%, e più basso per FiberCop, che per il 37,5% è invece di proprietà di Kkr che nella sua offerta l’avrebbe valutata 10-12 miliardi”, chiosa il Corriere della sera.

QUESTIONE DI CONTANTI PER TIM

La Cassa offrirebbe più cash, fino a 10 miliardi, e poi 8 miliardi di debito più un earn-out da 2 miliardi che verrebbero pagati all’avveramento di alcune condizioni. Entrambe le proposte restano comunque ben distanti dai 31 miliardi delle valutazioni di Vivendi, lo scontro si potrebbe così spostare in assemblea e lì, alla conta, risulterebbe determinante il voto dei fondi e quindi del mercato.

DOSSIER DEBITO

La valutazione di NetCo fatta da Cdp-Macquarie – secondo le indiscrezioni del quotidiano La Stampa – “avrebbe una minore componente di debito, pari secondo indiscrezioni a 7,7 miliardi contro i circa 10 di Kkr, ben sotto la capienza di debito di una società infrastrutturale: segno che c’è spazio per altro debito per finanziare l’operazione”.

CAPITOLO FIBERCOP

Ma in particolare – aggiunge il quotidiano La Stampa – “sarebbe ben inferiore ai 12 miliardi attribuiti da Kkr nella propria offerta la valutazione di FiberCop, la società dove è inserita la rete secondaria, in sostanza l’ultimo miglio dagli armadietti stradali alle case dei clienti. Questa è una delle carte su cui Cdp conta di più, perché valutando maggiormente la rete primaria si versa maggior liquidità a Tim, visto che il 37,5% di FiberCop è già in mano a Kkr. Si dice che la valutazione di Cdp&Co sarebbe addirittura inferiore ai 7,7 miliardi a cui Kkr la valutò due anni fa. Ma il fondo Usa, al momento del suo ingresso, ha ottenuto un potere di veto. Vuol dire che in caso di disaccordo potrebbe bloccare gli ingranaggi di NetCo dove FiberCop è destinata a confluire”.

LO SCENARIO EUROPEO E LE CONDIZIONI DI BRUXELLES

Su tutta l’operazione pende la posizione della Commissione europea. Scrive Repubblica: “Il progetto industriale che sta dietro all’offerta prevede – dopo il via libera dell’Antitrust Ue – di mettere insieme l’infrastruttura di Tim con quella di Open Fiber in una società della rete fissa nazionale. Tuttavia, dato che in Italia ci sono solo due reti di questo tipo e non sono presenti alternative (come quelle della tv via cavo) è probabile che Bruxelles imponga correttivi, che in gergo vengono detti rimedi, per continuare a garantire un’adeguata concorrenza”.

I NUMERI DELL’OFFERTA DI KKR: OFFERTONA?

“Offertona quella degli americani? Mica tanto”, così scriveva pressocché solitariamente Startmag a febbraio subito dopo l’annuncio dell’offerta di Kkr: “Primo: si scrive 18 miliardi ma si deve leggere 13-14 miliardi – nota un analista al corrente del dossier – visto che il fondo Kkr ha il 37,5% di Fibercop. Nel 2020 il fondo Usa aveva valutato Fibercop 7,7 miliardi all’atto di rilevare da Tim una quota di minoranza pari al 37,5%. Secondo: la valutazione di Kkr è sostanzialmente in linea con tutte le valutazioni degli advisor. Infatti ai tempi del progetto Rete Unica – durante il governo Draghi – si parlava di un’offerta di Cdp da 16-17 miliardi”.

IL SECONDO FLOP DI KKR

E’ il secondo flop quello di Kkr su Tim. Nel novembre del 2021 Kkr aveva manifestato l’interesse per il lancio di una offerta pubblica di acquisto sull’intero gruppo Tlc, che valutava le azioni Tim 0,50 euro ciascuna: “L’operazione – ha ricordato di recente il Sole 24 ore – fu bocciata dal consiglio di amministrazione del gruppo telefonico dopo un lungo confronto con gli americani ai quali, all’atto finale, fu anche imputato di non aver mai presentato un’offerta, ma di essere rimasti fermi a una manifestazione di interesse. Punto, questo, sul quale Kkr ha però sempre replicato di non aver avuto l’ok di Tim a una due diligence confirmatoria”. Ma secondo la ricostruzione di Start Magazine, ci fu anche il niet informale del governo Draghi all’offerta americana. Nonostante l’appoggio di economisti turbo-liberisti filo Draghi.

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