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Cosa cambierà per le banche dopo il No dell’Italia al Mes?

Effetti e scenari per le banche dopo il No dell'Italia alla modifica del trattato Mes. La rassicurazioni di Patuelli (Abi) e Giorgetti (ministro dell'Economia), le parole di Padoan (Unicredit) e l'analisi di Liturri (La Verità)

Senza la ratifica dell’Italia alla modifica del trattato Mes, l’Europa resta senza una rete di salvataggio in caso di crisi bancaria?

E’ la domanda che sta attanagliando gli addetti ai lavori in questi giorni dopo il No della Camera.

LE PAROLE DI GIORGETTI

Se ci saranno conseguenze per la mancata ratifica della riforma del Mes? “Abbiamo il sistema bancario più solido credo in Europa, la ricapitalizzazione e la patrimonializzazione delle banche italiane in questo momento è eccezionale, non credo che ci saranno conseguenze”, ha affermato il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel suo intervento in commissione Bilancio alla Camera, nell’ambito dell’esame della Manovra. “Uno strumento in più rispetto a situazioni di potenziali pericolo sarebbe stato più comodo”, ha detto Giorgetti, ma “il Mes non è né la causa né la soluzione del nostro problema, che si chiama debito. Dobbiamo concentrarci sul fatto che questo debito deve essere tenuto sotto controllo, altrimenti questo Paese non ce la fa”.

COSA CAMBIA PER LE BANCHE DOPO IL VOTO DELL’ITALIA SUL MES

Senza la ratifica dell’Italia alla modifica del trattato Mes, l’Europa resta senza una rete di salvataggio in caso di crisi bancaria? Alla domanda risponde di fatto oggi l’analista Giuseppe Liturri: “Cosa potrebbe fare il Mes in caso di crisi bancaria è noto da 9 anni e la risposta è sempre quella: poco più di nulla. Sia che intervenga direttamente, come già potrebbe in teoria fare, che intervenga finanziando il Srf”, scrive Liturri sul quotidiano La Verità, chiosando un articolo del Corriere della sera a firma Federico Fubini: “Al Corriere hanno poi dimenticato l’esistenza dell’assistenza finanziaria indiretta (articolo 15 del Trattato) in base al quale uno Stato membro chiede un prestito specificamente destinato alla ricapitalizzazione di banche in difficoltà. L’ha usato la Spagna nel 2012, ottenendo 100 miliardi ed utilizzandone 41,3 la cui ultima rata di rimborso (ad oggi residuano 23,7 miliardi) è prevista per il 2027. In entrambi i casi, deve essere lo Stato membro ad avanzare la richiesta al Consiglio dei governatori del Mes”.

IL VERO IMPATTO DEL VOTO DELL’ITALIA SULLA MODIFICA AL TRATTATO MES

L’analista ridimensiona dunque l’impatto sistemico in Europa dopo il voto parlamentare italiano: “Quindi non si vede come e quando il prestito “paracadute” del Mes, altrettanto modesto e contenuto nella riforma bocciata, avrebbe potuto essere la chiave di volta nel caso di crisi bancaria. Ma, in entrambi i casi – con o senza riforma – l’entrata in scena del Mes prevede il bail-in obbligatorio di azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre 100mila euro. Un vero e proprio bagno di sangue, perché, lo ha sostenuto a suo tempo proprio il direttore generale, il Mes deve minimizzare i rischi di perdite, altrimenti vacillerebbe il rating tripla A. Ma l’inutilità – ad essere cauti – della riforma è dimostrata anche dal fatto che il SRF, prima di ricorrere al Mes, deve cercare di finanziarsi sul mercato o ricorrendo a contributi straordinari delle banche che lo reggono. È già accaduto in Italia al Fondo Interbancario per la tutela dei depositi durante la crisi del 2014/2015. E chi, eventualmente, finanzierebbe le banche? La Bce, senza limiti. Basti considerare che le linee di finanziamento a lungo termine aperte dalla Bce alle banche dell’eurozona per garantire la liquidità del sistema sono arrivate a circa 2.200 miliardi nel 2022 e sono tuttora pari a 496 miliardi. Chiara la differenza di magnitudo rispetto ai 68 miliardi di prestito del Mes, peraltro soggetti a vincoli e condizioni bizantine? In caso di crisi, la prima linea di difesa è quella del bail-in in combinazione con i contributi delle banche sane (e gonfie di utili) che verserebbero contributi straordinari al SRF, finanziate dalla Bce”.

COSA SUCCEDE AL FONDO SRF

Liturri ricorda che “dal prossimo 1 gennaio il Srf sarà pienamente mutualizzato. Cioè tutto il fondo sarà a disposizione di tutte le banche eventualmente in crisi, indipendentemente dal Paese di appartenenza. Ciò significa che chi potrebbe dover gestire dissesti più grandi (Germania?) ha interesse che il Srf sia il più capiente possibile (anche con i prestiti del Mes), perché così potrebbe giovarsi dei contributi delle banche degli altri Stati membri. Invece ora, esaurita la cassa comune, deve subito mettere mano ai soldi dei propri contribuenti, dopo aver tosato a dovere i malcapitati risparmiatori. C’è da scommettere che, in caso di crisi, Srf e Mes saranno tenuti lontano come la peste”.

COSA HA DETTO PATUELLI SUL VOTO DELLA CAMERA

D’altronde era stato già il presidente dell’associazione bancaria italiana, Antonio Patuelli (nella foto) a gettare acqua sul fuoco delle polemiche politiche con annessi sbuffi attribuiti ai palazzi europei dopo il no dell’Italia alla ratifica delle modifiche al Mes, ossia in particolare al backstop per il Fondo Srf (qui l’approfondimento di Start Magazine sul backstop). Nell’intervista a Repubblica il numero uno dell’Abi, il giorno dopo il voto della Camera, ha voluto chiarire: “La questione non è entrare o meno nel Mes. Anche con il voto della Camera l’Italia continua a rimanere nel vecchio Mes con tutti gli altri Paesi”. Patuelli ritiene che il dibattito sul Mes “si è caricato di eccessivi significati politici, ed è per questo che non ci siamo mai pronunciati sul tema, nemmeno in occasione della nostra Assemblea Annuale”.

I CONCERTI NAZIONALI PER SALVARE LE BANCHE

Per quanto riguarda le crisi bancarie, il numero uno di Palazzo Altieri ha rammentato che “tutte le crisi bancarie dal 2015 a oggi sono state affrontate con risorse nazionali. Quella del Montepaschi con risorse di Stato e le altre con risorse delle banche concorrenti. Per fortuna adesso nessuno paventa più crisi bancarie, ma nei momenti più difficili, e in vigenza del vecchio Mes, abbiamo fatto da noi. Abbiamo persino salvato la Popolare di Bari, che poi è andata allo Stato”. Sulla ratifica del Patto di Stabilità da parte di Palazzo Chigi, Patuelli chiarisce: “Il Patto di Stabilità era un accordo europeo di trent’anni fa, rientrava nel progetto di Maastricht, rendendo possibile l’adozione dell’euro che ha avuto molte ricadute positive, tenendo bassi i tassi e l’inflazione. Il Patto di stabilità è stato poi sospeso con l’inizio della pandemia: il lavoro di revisione che è stato fatto in questo biennio è un lavoro importante, il meccanismo che ne è venuto fuori è più oliato, meno rudimentale del vecchio accordo. Tiene conto di tutto quello che è successo in questi trent’anni, compresa la nascita dell’Unione Bancaria, 9 anni fa. È un compromesso maturo, che non frena lo sviluppo. E comunque non si poteva pensare di far crescere all’infinito il debito pubblico”.

L’INTERVENTO DI PATUELLI SUL SOLE 24 ORE

Oggi Patuelli è tornato sul tema Mes sottolineando tra l’altro che “non è la prima nella storia dell’Unione europea la mancata ratifica parlamentare da parte dell’Italia del Trattato di modifica del MES, il Meccanismo europeo di stabilità istituito per fornire prestiti ai Paesi dell’area Euro in difficoltà finanziarie: le modifiche concernono l’ampliamento delle funzioni del MES anche al rafforzamento del Fondo europeo di risoluzione delle crisi bancarie, finanziati dalle banche, finora non utilizzati”. “Ora occorre guardare avanti, oltre alle polemiche, per risolvere, come ammoniva Monnet, la crisi europea in atto”, è l’auspicio del presidente dell’Abi: “Per quanto riguarda l’ulteriore crescita dell’Unione bancaria, occorre prendere realisticamente atto dell’esperienza ormai di questo decennio e procedere nelle forme possibili, a cominciare dalla realizzazione di Testi unici europei (che non costano) innanzitutto di diritto bancario, per superare le differenze normative fra i diritti dei vari Stati che appartengono all’Unione bancaria. Ciò è indispensabile per la crescita dell’Unione bancaria e per semplificare le attività e la crescita delle banche che già operano (con non poche complessità) nei vari Paesi europei. Dopo il Testo unico europeo di diritto bancario ne sono necessari altri nelle materie finanziarie e penali dell’economia e anche quello più complesso e ambizioso, di diritto tributario, per rendere uguale la pressione fiscale innanzitutto nell’Euro area”

LA RIFLESSIONE SUL MES

“Passata la fase delle polemiche politiche sarà utile anche una riflessione innovativa e non preconcetta sullo stesso MES, che comunque rimane in vigore nella originaria formulazione, innanzitutto per renderlo meno tecnocratico e più democratico, anche sull’esempio di quanto avviene per la BCE nei confronti del Parlamento europeo”, ha aggiunto Patuelli, per poi concludere così: “Insomma, dalla “crisi del MES” l’Europa deve uscire con un rinnovato impegno per consolidare la pace e la collaborazione dei popoli e degli Stati nelle Istituzioni di un’Unione europea che deve essere sempre impegnata a crescere nel benessere e nelle libertà civili, economiche, sociali ed ambientali”.

LA POSIZIONE DI PADOAN

Si discosta dalle posizioni dell’associazione che riunisce le banche italiane il presidente del gruppo Unicredit, sulla scia di quanto affermato anche in passato: “In Italia in particolare si parla quasi sempre del Mes in modo strumentale, al di fuori della logica finanziaria”, ha detto oggi Piercarlo Padoan, ex ministro Pd all’Economia ora alla presidenza del gruppo bancario guidato dall’ad, Andrea Orcel.

“Ci sono alcuni elementi contrari, però alla fine il Patto, malgrado tutte le modifiche che sono state fatte rispetto al testo proposto dalla Commissione in primavera, è migliorativo”, ha spiegato l’economista Padoan in un’intervista a La Repubblica, commentando il nuovo Patto di Stabilità. “Soprattutto per un motivo di fondo, al di là delle singole misure: si è salvato, anzi viene valorizzato, lo spirito collaborativo dell’Europa che aveva portato al NextGenEU”, ha aggiunto. Con questo nuovo Patto “è stata introdotta la flessibilità intelligente. Alcuni residui di rigidità rimangono, però di base l’obiettivo è stato rafforzato, ed è la crescita: l’Europa c’è – ha continuato l’ex ministro dell’Economia in quota Pd -. I mercati sono il terzo attore, insieme a governi e Commissione. Se gli ultimi due sapranno procedere con decisione e forza, i mercati non riusciranno ad opporsi. È una generale chiamata di responsabilità”. Per quanto riguarda invece il dibattito sul Mes “va avanti praticamente da quando è nato, ed è sempre stato esposto a forzature ideologiche, a travisamenti, a speculazioni – ha spiegato Padoan -. Il tutto annacquato da questioni meramente politiche e sempre più lontane dalla logica economica. In Italia in particolare si parla quasi sempre del Mes in modo strumentale, al di fuori della logica finanziaria”. Per le banche italiane il 2023 è stato un anno d’oro. “E’ vero, è stato un ottimo anno, pur in presenza di condizioni difficili. Abbiamo finalmente superato il problema degli Npl, ci sono le premesse perché questo slancio continui: dobbiamo ringraziare l’accresciuta efficienza, la disponibilità di risorse umane, lo sforzo tecnologico – conclude guardando al 2024 -. Quanto a noi, come Unicredit siamo pronti a rilanciare sulle nuove sfide, dalla moneta digitale agli investimenti ambientali, e siamo nelle condizioni migliori per farlo”.

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