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Crowdinvesting: serve aggiornare il quadro regolatorio

Buone le performance nel nostro paese per l’equity crowfunding ma per Barini (Intermonte Sim)  è necessario che il legislatore aggiorni e migliorare il quadro regolatorio favorendo la nascita di un mercato secondario delle quote di start up delle pmi     “Con il decreto legge 169 del 2012 e il decreto legge 3 del 2015,…

Buone le performance nel nostro paese per l’equity crowfunding ma per Barini (Intermonte Sim)  è necessario che il legislatore aggiorni e migliorare il quadro regolatorio favorendo la nascita di un mercato secondario delle quote di start up delle pmi

 

 

“Con il decreto legge 169 del 2012 e il decreto legge 3 del 2015, l’Italia si è dotata della più moderna legislazione al mondo in materia di crowdinvesting. In particolare è stato codificato per la prima volta lo strumento dell’equity crowfunding per la raccolta fondi online. Il crowdinvesting è una delle forme alternative di investimento in maggiore crescita nell’ambito della finanza alternativa e con il maggior grado di innovazione di penetrazione del Fintech”. È quanto ha detto Fabrizio Barini, partner di Intermonte Sim, nel corso dell’audizione in commissione Finanze nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle tematiche relative all’impatto della tecnologia finanziaria sul settore finanziario, creditizio e assicurativo. Secondo un report 2016 sulla finanza alternativa dell’università di Cambridge, ha precisato Barini, “sono attive a livello globale 367 piattaforme di crowfunding, prestiti p2p e altri intermediari finanziari online, dei quali 263 fuori da Stati Uniti e Regno Unito rappresentativi di circa il 90% del mercato mondiale. Escluso il Regno Unito – ha sottolineato il manager – l’industria europea della finanza alternativa è cresciuta del 72% su base annua, passando dai 594 milioni di euro nel 2014 a oltre 1 miliardo di euro nel 2015”.

crowdfundingIl crowdinvesting si sta diffondendo anche in Italia “pur presentando dimensioni ancora inferiori rispetto agli altri paesi europei – ha spiegato Barini -. Un gap che sconta un generale ritardo nell’utilizzo delle nuove tecnologie, una minore penetrazione all’interno della popolazione nell’uso di strumenti digitali e una ridotta cultura finanziaria di risparmiatori e imprese”. Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio sul  crowdinvesting del Politecnico di Milano “dal 1 luglio 2016 al 30 giugno 2017 in Italia sono state raccolte risorse per un ammontare record di 138,6 milioni di euro che ha portato il valoro del mercato cumulato negli ultimi tre anni a 189,2 milioni di euro, circa un decimo rispetto al mercato europeo al netto del Regno Unito”. Tra i segmenti che hanno il maggior tasso di crescita c’è l’equity crowfunding. “È stato introdotto dal dl 179 del 2012 che ha subito successivi aggiornamenti che ne hanno ampliato e rafforzato la portata. La manovra 2017, per esempio, ha esteso tale opportunità a tutte le pmi purché la campagna sia veicolata su piattaforme autorizzate. Un’altra novità è stata l’aumento al 30% della detrazione fiscale per gli investitori anche se limitata a start up e pmi innovative”, ha continuato il manager.

Al 30 giugno 2017 i portali autorizzati in Italia erano 19, gli stessi di un anno fa e le campagne di raccolte all’attivo erano 109 di cui 36 chiuse con successo, 53 senza successo e 20 ancora aperte. “Il 2017 ha visto un aumento sensibile del numero di campagne, praticamente raddoppiate. Il target di raccolta medio per l’intero campione era pari a 245 mila euro, in diminuzione rispetto al passato, corrispondente a un quota del capitale azionario offerto pari al 17,7 % anch’esso in sensibile calo rispetto all’anno scorso – ha evidenziato Barini -. Il capitale raccolto dall’avvio della legge ammonta a 12,4 milioni di euro di cui 6,85 raccolti negli ultimi 12 mesi. Le 106 imprese che hanno presentato una campagna di raccolta fino al 30 giugno 2017 sono quasi tutte start up innovative attive in social sharing (28), in information communication technology (25) e nei servizi professionali (14). La raccolta è legata a investimenti in marketing per il 56% piuttosto che in ricerca e sviluppo innovazione – 42% – o sviluppo piattaforme web e applicazioni (41%)”.

Alla data del 30 giugno 2017 l’Osservatorio di Milano aveva censito 1.196 investitori nell’equity crowfunding di cui 1068 persone fisiche e 128 persone giuridiche. “Questi dati hanno registrato un’ulteriore accelerazione nei mesi successivi e da giugno ad oggi risultano attivi 21 gestori di portali di cui due di diritto. Le offerte pubblicate sono salite a 136 di cui 72 chiuse con successo, il 61%. Il  capitale raccolto in totale dall’avvio della legge è così cresciuto fino a 17,3 mln di euro. Intermonte Sim – ha spiegato il manager parlando della sua società – è la principale investment bank indipendente i proprietari sono coloro che vi lavorano dentro e ha chiuso l’esercizio 2016 con un fatturato di 70 milioni di euro il 70% da clientela estera. Dal 2015 ha costituto una business unit per esplorare nuove iniziative nel campo dell’innovazione finanziaria e investimenti alternativi. L’attività iniziale si è concentrata proprio nell’equity crowfunding grazie al fatto che la normativa riserva un ruolo specifico agli intermediari finanziari. Intermonte ha interpretato questo ruolo affiancando ai servizi quelli di advisor, in grado di guidare l’investitore nella scelta, di led generation e intestazione conto terzi delle quote offerte di un portale che ha aperto in Italia la possibilità di creare un mercato secondario”.

Per questo, “sulla base dell’esperienza accumulata riteniamo che l’equity crowfunding in Italia possa potenzialmente coinvolgere fino a un milione di investitori privati per una raccolta complessiva di 100 milioni di euro l’anno che la porterebbero in linea con quella degli investimenti in venture capital in Italia e a un terzo circa rispetto alla dimensione attuale dell’equity crowfunding nel Regno Unito – ha sottolineato il manager -. Tali stime si basano anche sulla crescente dimestichezza degli italiani ad utilizzare internet per gestire i propri risparmi e per fare investimenti su piattaforme online”. Secondo il rapporto sul digital banking di Chebanca!, inoltre, “17,1 mln di utenti internet accedono ogni mese ai servizi bancari online su 24,1 mln che hanno un conto corrente intestato. L’età dei correntisti rappresenta un fenomeno concentrato nelle fasce centrali e più giovani: il 55% ha meno di 45 anni. All’interno dei servizi di digital banking gli individui che posseggono un conto tioli sono il 17,9%, cioè 3,1 mln e di questi circa la metà il 55% dichiara di operare online nella gestione del proprio portafoglio titoli”.

“La richiesta crescente di finanziamento online delle imprese con canali alternativi a quello bancario, il miglioramento delle tecnologie e la ricerca di alterative di investimento, spingono per una diffusione dell’equity crowfunding – ha ammesso Barini -. Per questo è opportuno che il legislatore continui ad aggiornare e migliorare il quadro regolatorio. E a tale fine, mutuando l’esperienza statunitense e del Regno Unito, si suggerisce di favorire la nascita di un mercato secondario delle quote di start up delle pmi che hanno lanciato delle offerte su portali di equity crowfunding. Ciò per mitigare la percezione del rischio liquidità da parte degli investitori e la possibilità per le imprese di ricorrere stabilmente a questo strumento per finanziare la propria crescita”. L’equity crowfunding si presenta, infatti, a giudizio di Barini come una forma “early stage di quotazione in borsa ben codificata nella fase primaria di apertura del capitale agli investitori ma meno nella fase secondaria di libera circolazione delle quote di partecipazione dei soci di minoranza”.

Per questo, ha precisato, “i 2000 investitori che dall’approvazione delle norme hanno sottoscritto le quote sui portali si trovano nella condizione di detenere titoli illiquidi. Se ci fosse l’opportunità di garantirne la circolazione ci sarebbero già oggi i numeri per la nascita di un mercato secondario. Basterebbero piccole modifiche all’articolo 100 del Tuf che apra alla possibilità in fase di sottoscrizione di intestare le quote a un intermediario”. Sulla possibilità di assicurare un finanziamento efficiente e trasparente al mercato secondario “si è già resa disponibile Borsa italiana – ha concluso Barini -. In questo modo si creerebbero le condizioni per la costruzione di una piattaforma in grado di accompagnare un azionista e una società dalla nascita fino alla quotazione in Borsa, proiettando il mercato finanziario italiano tra i più avanzati al mondo, a vantaggio delle imprese e della sicurezza degli investitori”.

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