La Camera ha messo la parola fine al tormentato percorso del Mes e al backstop per il fondo Srf. Dopo mesi di dibattiti e rinvii a sorpresa la proposta di ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità presentata dalle opposizioni arriva al voto in Aula e viene bocciata da una parte della maggioranza che si divide, con Fdi e Lega che votano contro e Forza Italia che si astiene. Ma anche l’opposizione si divide, con Pd, Iv, Azione e +Europa che votano a favore, Avs che si astiene e i 5 Stelle, come ampiamente annunciato da Giuseppe Conte, che votano contro. All’indomani dell’intesa dei ministri delle Finanze europei sul nuovo Patto di stabilità, l’Europa resta a guardare il voto con il quale il Parlamento italiano mette la parola fine alla riforma del fondo salva-Stati. Ora il completamento dell’Unione bancaria è a rischio – è il monito comune dai toni duri del direttore generale del Mes, Pierre Gramegna, e del presidente dell’Eurogruppo, Paschal Donohoe -, con il paracadute per le crisi bancarie previsto nella nuova versione del Mes che, senza il sì dell’Italia, non potrà più essere azionato il 1° gennaio come invece concordato da tutti i leader nel pieno della crisi del Covid. E se per il governo si tratta di un’occasione per avviare una riflessione sullo strumento, per i vertici comunitari è l’ennesima occasione persa per avvalersi di un’arma in più per difendersi dagli choc economici. Del resto, aveva ammonito anche il presidente uscente del Consiglio di vigilanza della Bce Andrea Enria, nei giorni scorsi, seppur le banche europee quest’anno abbiano dato prova di “resilienza”, l’incertezza permane e la guardia va “tenuta alta”. La sola certezza, ammette il Mes, è che la riforma resterà al palo. E che il fondo salva-Stati continuerà ad “adempiere all’importante mandato per il quale è stato creato: garantire la stabilità finanziaria nell’Eurozona”. Limitandosi però “all’ambito attuale”. (Estratto di un punto Ansa del 21 dicembre 2023)
ESTRATTO DI DUE APPROFONDIMENTI DI LITURRI SULLA RIFORMA MES E SUL BACKSTOP A FAVORE PER FONDO DI RISOLUZIONE UNICO (SRF)
Negli scorsi giorni in Italia si è posto l’accento su un aspetto della riforma di questo Trattato. Si tratta del prestito “paracadute” (backstop) che il Mes dovrebbe essere pronto ad erogare al Fondo di Risoluzione Unico (Srf) per la gestione delle crisi bancarie.
COSA E’ IL BACKSTOP PER IL FONDO SRF
Sembra una faccenda molto tecnica riservata agli addetti ai lavori, ma non è affatto così. È in gioco uno dei pilastri dell’Unione Bancaria (il secondo pilastro), senza la quale l’unione monetaria rischia la dissoluzione, sfiorata durante la crisi del debito 2010-2012 e dalla cui traumatica esperienza è nato il progetto della vigilanza e della risoluzione unica. Il terzo pilastro (garanzia comune sui depositi bancari) è ancora di là da venire.
LE PRESSIONI
Quello che gli interessati solleciti provenienti da Bruxelles e Lussemburgo (sede del Mes) si rifiutano però di spiegare è quali siano le motivazioni della loro pressione e, in particolare, perché è necessario e addirittura urgente dotare il Srf di un prestito paracadute aggiuntivo rispetto alle risorse disponibili.
LA DOTAZIONE DEL FONDO SRF
La risposta è che il Srf non ha le gambe per camminare da solo o almeno è troppo fragile per farlo. Infatti dal prossimo 1 gennaio non potrà più contare sui prestiti paracadute di pronto intervento concessi dai 20 Stati membri. (…)
I NUMERI SUL FONDO SRF
Bisogna infatti sapere che il Srf a fine 2022 contava su circa 63 miliardi di liquidità e titoli pronti per essere impiegati in varie modalità in caso di crisi di una banca. L’obiettivo è quello di giungere a circa 80 miliardi entro fine anno. Poco meno del 1% dei depositi bancari dell’intera eurozona, pari a circa 9.000 miliardi. Per avere un’idea della gracilità del Srf, basti pensare all’ordine delle centinaia di miliardi che ci sono voluti per gestire le recenti crisi di Credit Suisse e di alcune banche Usa.
A COSA SERVE IL FONDO DI RISOLUZIONE
Il ruolo del Srf è quello, in caso di dissesto di una banca, di gestire in modo “ordinato” l’evento. Evitando un’affrettata e rovinosa liquidazione degli attivi e consentendo, nei limiti del possibile, una continuità nella gestione aziendale, rilevando l’azienda bancaria o un suo ramo. La ricapitalizzazione da parte del Srf ha però delle condizioni: il bail-in dei creditori della banca per almeno l’8% del valore del passivo e comunque può impegnarsi ad erogare non oltre il 5% di quest’ultimo valore.
COME FUNZIONE IL FONDO DI RISOLUZIONE
Questo fondo ha avuto a disposizione ben 8 anni (dal 2016 al 2023) di periodo transitorio per veder affluire fondi dalle banche contribuenti (2.896 nel 2022, di cui 375 italiane che nel 2022 hanno contribuito con 1,4 miliardi, il 10% circa del totale). Tali fondi erano dapprima separati in comparti nazionali, cioè, in caso di dissesto, ogni Stato pagava per le proprie banche. Poi progressivamente la mutualizzazione è salita, fino ad arrivare al 100% dal prossimo gennaio. Da quel momento, l’intera massa dei circa 80 miliardi è a disposizione di qualsiasi banca dell’eurozona, quale che sia lo Stato di appartenenza. E questo espone ancora di più il Fondo a rischi di incapienza in caso di una crisi di rilevanti dimensioni ed è un motivo in più per avere con urgenza il “paracadute” del Mes, che avrebbe dovuto essere operativo già da inizio 2022. (…)
LO SCENARIO PER LE BANCHE TEDESCO CON IL CASO SIGNA
Se le difficoltà di Signa dovessero allargarsi a macchia d’olio a tutto il settore, coinvolgerebbe un quinto del PIL tedesco ed un decimo dei posti di lavoro. E la prospettiva di un rapido coinvolgimento del Srf diventerebbe concreta. Con la conseguenza che saranno i contributi delle nostre banche a quel fondo a salvare le banche tedesche e austriache e i contributi della Repubblica Italiana al Mes (14 miliardi) a consentire al Mes di erogare quel prestito paracadute al Srf per non farlo restare a secco. Il tutto sempre previo salasso (cioè il bail-in) a carico di azionisti, obbligazionisti ed, eventualmente, depositanti.