skip to Main Content

Sandbox Fintech

Sandbox Fintech: a che punto siamo in Italia?

A due anni dall'introduzione del Sandbox regolamentare in Italia, ecco un primo bilancio: bene lo sviluppo della competitività ma i numeri restano bassi (per il momento). 

Una palestra nella quale startup possono esercitarsi nel gioco dell’innovazioni senza farsi troppo male. È questa l’idea di fondo del sandbox, uno strumento introdotto nel nostro ordinamento nel corso della passata legislatura. Il parlamentare Giulio Centemero ha firmato l’emendamento al dl Crescita che ha aperto la porta al sandbox nel settore fintech. Il Sandbox “regolamentare” è in vigore dal 17 luglio 2021, è diventato attuativo dopo la fase di studio da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e delle Autorità competenti. A due anni dall’entrata in vigore una conferenza stampa organizzata da Centemero ha provato a tracciare il quadro della misura, dei suoi risultati e dei versanti da migliorare. Alla conferenza hanno partecipato: Laura Grassi, Direttrice del Fintech & Insurtech Observatory – Politecnico di Milano, il prof. Giancarlo Giudici, Ordinario di Corporate Finance del Politecnico di Milano, Maurice Lisi, BPER Banca, Head of Digital Business, Francesco Martiniello illimity, Chief Compliance 8 Anti-Financial Crime Officer, On. Claudio Stefanazzi.

IL CONTESTO ITALIANO: UN PROBLEMA DI ATTRATTIVITÀ

Il prof. Giancarlo Giudici ha snocciolato i numeri del sistema finanziario italiano. “Il rapporto capitalizzazione su PIL prima della crisi finanziaria in Italia, parlando del valore di mercato, della caratterizzazione di borsa, era il 48% oggi dati di fine 2022 e 33% – ha detto il professore -. L’Italia è uno dei pochi paesi in cui questo rapporto è più basso rispetto a quello che c’era prima della crisi finanziaria del 2008/2009. Gi scambi medi giornalieri che avvenivano sul mercato azionario che erano, nel 2007, 6,2 miliardi di euro, nel 2022 sono stati 2,2 miliardi, quindi praticamente quasi 1/3. Fra l’altro la concentrazione delle grandi aziende quotate è sempre molto: prima della crisi finanziaria era 88,5% oggi siamo al 90%”.

COS’È UN SANDBOX

Ma cos’è un sandbox? Lo ha spiegato bene la professoressa Laura Grassi, Head of Fintech & Insurtech Observatory – Politecnico di Milano, e relatrice del convegno. “Il sandbox è una norma, ma prima ancora è un’idea, una proposta che è stata fatta non solo a livello italiano ma anche a livello internazionale. Il sandbox è la sabbiera, quel recinto con la sabbia dove si fanno giocare i bambini per permettere loro di sperimentare in sicurezza, in cui possono divertirsi. Ecco, questa è l’idea di sandbox. Nel nostro caso non ci sono bambini ma, almeno all’inizio, le start up, e la sabbia, ovviamente, è l’innovazione”. L’idea del sandbox, dunque, è quella di dare uno spazio, un contenitore sicuro in cui le startup possono sperimentare sotto il controllo dell’autorità di vigilanza.

UN TUTOR PER LE STARTUP NEL SANDBOX

La prof.ssa Grassi ha sottolineato come al sistema manchi una figura di indirizzo per le startup coinvolte nei processi di innovazione. “Quando i bambini giocano nel sandbox lo fanno sotto la sorveglianza e con la collaborazione di un adulto”. Fuor di metafora, Grassi ha suggerito l’introduzione di un tutor perché “una startup può avere anche un’idea interessante, ma non è detto che quell’idea abbia mercato e non è detto che quell’idea, dal punto di vista regolamentare, possa avere un futuro”. Dato che il percorso dell’innovazione è strettamente collegato con quello dei finanziamenti il tutor potrebbe arrivare proprio dal settore finanziario al fine di “condividere le loro esperienza con le diverse startup, ognuno per la materia che gli compete”. In tal modo si farebbero “crescere le startup ma nella direzione giusta, perché è importante dar loro spazio per innovare, però è anche importante essere realisti”.

LA MISURABILITÀ DEI RISULTATI DELLE STARTUP CHE USANO I SANDBOX

Un altro tema è quella della misurazione dei risultati. “Come misuriamo il successo di un’idea imprenditoriale che ha avuto accesso al sandbox – si è chiesta la professoressa Grassi -? L’effetto economico è un po’ presto per misurarlo e l’effetto regolamentare non può essere misurato su una singola startup”. La soluzione proposta dal capo dell’Osservatorio Fintech & Insurtech è introdurre il criterio della misurabilità dei risultati “come target per le startup che voglio entrare nel sandbox perché senza flussi di cassa nessuna azienda sopravvive”.

LA VIA ITALIANA ALLA COMPETITIVITÀ DEI SANDBOX

L’ultimo punto dell’intervento della prof riguarda la competitività del sandbox italiano comparato con quelli dei partner europei. “Perché è una startup italiana deve scegliere il sandbox italiano rispetto a quello spagnolo, inglese o americano? Forse dobbiamo essere distintivi pensando alle nostre caratteristiche – ha detto -. l’Italia è un paese di artigianalità, di imprenditorialità, questo potremmo coniugarlo con l’idea di sandbox per crearci il nostro specifico sandbox. Sarebbe bello se fosse l’Italia a proporre un avanzamento del modello di sandbox, calato su di noi, come un vestito su misura, a partire da ciò di cui noi come paese siamo ricchi”.

LE ESPERIENZE DI BPER BANCA E ILLIMITY

Come anticipato, le strade dell’innovazione e dei finanziamenti sono intrecciate. “Le innovazioni devono essere sostenibili, nel senso che devono generare produttività. Perciò io vedo un ruolo importantissimo delle istituzioni bancarie tradizionali – dice Maurice Lisi, Head of Direct Channels presso BPER Banca -. Noi veniamo un mercato internazionale in cui le banche stesse hanno creato fondi per finanziare innovazione. Dal punto di vista normativo le banche tradizionali potrebbero essere agevolate, dal punto di vista normativo, a investire maggiormente in queste idee innovativi. BPER ha avviato una sperimentazione sulla parte legata alla cessione alla cessione del quinto e ci siamo mossi in un contesto da banca tradizionale. Ecco, se dovessi immaginare un’evoluzione futura vorrei vedere tante piccole idee imprenditoriali che entrano in contesto di un sandbox con banche che permettono di generare più flussi di cassa necessari. E magari immaginare banche e fintech insieme, perché no?”. Francesco Martiniello, Head of Compliance and AML at illimity illustra i due tipi di sperimentazione in atto nella sua banca: un’iniziativa antiriciclaggio, che permette ai clienti di portare la propria validazione dati antiriciclaggio da una banca all’altra, senza che le due banche si parlino, la seconda riguarda gli strumenti finanziari digitali. Tra gli aspetti “migliorabili” Francesco Martiniello individua. Prima di tutto una netta distinzione tra l’innovazione del prodotto e quella dei servizi che suggerisce di puntare verso l’innovazione di servizio più che di prodotto. Il secondo tema riguarda le deroghe normative di cui usufruiscono le aziende che entrano in sandbox. “Chi propone in sandbox dovrebbe fornire un’indicazione di feasibility normativa attuale o prospettica, perché a volte ci sono norme comunitarie, noi non le possiamo cambiare – aggiunge Martiniello -. Questo dovrebbe portare aduna proposta di modifica o di indicazione di linee guida. Arrivo all’ultimo punto: uno dei presupposti per l’ammissione in sandbox è essere in uno stato sufficiente avanzato per la sperimentazione, questo significa aver impiegato capitali”.

I RISULTATI E LA MISURAZIONE DEL SUCCESSO DELLE AZIENDE CHE HANNO PARTECIPATO A SANDBOX

I risultati, in termini di numeri non è esaltante, il numero delle candidature è nell’ordine di una decina.  Un numero “ottimo” secondo la prof.ssa Grassi “per la prima esperienza che abbiamo avuto, però potenzialmente non rappresenta la vera potenzialità dello strumento, per un problema di tipo comunicativo”. Molte startup “soprattutto fintech, quindi esattamente il target, non hanno alcuna conoscenza dello strumento e hanno timore che per partecipare gli serva un advisor che ha un costo molto elevato”. Del resto, anche negli altri paesi, all’inizio, i numeri non sono stati il punto di forza dell’iniziativa. “Il primo sandbox in UK qualche anno fa ha ricevuto il numero di candidature esattamente simile a quello italiano – spiega la prof.ssa Grassi -, con un mercato che è molto più attenzionato sia in termini di startup che in termini di potenziali investitori”. In ogni caso il DL Fintech permetterà, alla prossima finestra, di ammettere molte più domande, assicura l’on. Centemero. Non semplice è anche valutare, stimare il successo delle aziende che accedono ai sandbox. “Quello che ci insegna l’esperienza soprattutto inglese è che tantissime start up hanno usato l’essere ammessa al sandbox come un bollino di qualità – spiega la prof.ssa Grassi -. Questo messaggio è passato anche agli investitori, quindi il successo delle startup dei primi sandbox deriva non tanto dal fatto che hanno usufruito di deroghe normative ma dal fatto che hanno ricevuto molti più fondi e quindi sono cresciuti molto più velocemente rispetto a tutte le altre”.

Back To Top