skip to Main Content

Credimi

Perché Credimi sprofonda nella liquidazione

Dopo annunci trionfali, campagne pubblicitarie sfolgoranti e promesse altisonanti rilanciate dai giornali, la fintech Credimi fondata da Rocco di Torrepadula è in liquidazione (era in forte perdita già nel 2021). Fatti, numeri e approfondimenti

 

Si sta per concludere l’avventura di Credimi, la fintech nata per impulso del suo amministratore delegato, Ignazio Rocco di Torrepadula. L’azienda è finita in liquidazione volontaria e pochi giorni fa è arrivato anche il via libera della Banca d’Italia.

A far suonare, fra l’altro, il De profundis il rialzo dei tassi voluto dalla Bce che, da luglio 2022, li ha mossi dallo zero per sette volte: in sostanza, come sottolinea oggi Affari&Finanza del quotidiano Repubblica, la stretta voluta da Christine Lagarde ha soffocato la società che non ha licenza bancaria né depositi.

Ma i problemi per Credimi erano cominciati già ben prima. Vediamo come e perché.

CREDIMI: STORIA E SOCI

Credimi, come racconta il sito dell’azienda, è stata fondata nel 2015 a Milano da Ignazio Rocco di Torrepadula insieme ad “una squadra di giovani talenti”. Un gruppo di imprenditori italiani, tra cui Nerio Alessandri, Alessandro e Mauro Benetton, Lorenzo Pellicioli, Massimo Tosato, Dante Roscini, investì oltre 8 milioni di euro a fine anno. Nel 2018 sono poi diventati soci United Ventures e Vertis; dunque l’investimento a titolo di equity ha superato i 18 milioni di euro.

Tra i soci le quote maggiori sono di Merloni Holding (19,79%), Hans-Paul Buerkner e Rocco di Torrepadula (15,83% ciascuno), United Ventures sgr (13,85%). Seguono poi il fondatore Roscini (9,90%), Duke Investment srl (7,92%), CC Holding srl (7,92%), Flavus srl (5,94%) e poi, con quote minoritarie, Francesca Tondi (0,79%), Uch srl (0,79%), Alessandro D’Arpa (0,59%), Purplox Ou (0,51%), Alessandro Di Fusco (0,40%), View Different (0,25%) e Maria Sole Brioschi (0,20%).

Dal 2017 a oggi Credimi ha ricevuto 100 mila richieste di finanziamento, ha erogato finanziamenti per oltre 2 miliardi di euro e ha risposto a 120 mila chiamate di imprenditori e clienti.

Sempre su www.credimi.com la società fornisce elementi sulla sua attività: la liquidità erogata alle aziende italiane attraverso le soluzioni finanziarie proposte, oltre che da un investimento diretto dei soci, proveniva da capitali privati raccolti da investitori istituzionali quali Banche e Fondi di Gestione del Risparmio. I finanziamenti a medio lungo termine, si legge ancora, erano coperti dalla garanzia dello Stato attraverso il Fondo di Garanzia.

LA DECISIONE DI BANCA D’ITALIA

Il 27 aprile scorso l’Ansa è stata l’unica agenzia stampa a riportare la notizia che la Banca d’Italia aveva dato il via libera alla liquidazione volontaria della fintech. Si aggiungeva che la decisione era stata presa con provvedimento datato 19 aprile. L’Ansa ricordava infine che nei mesi scorsi erano circolate sulla stampa ipotesi di acquisizione e fusioni con banche e soggetti finanziari, poi non concretizzate.

COME SI È ARRIVATI ALLA MESSA IN LIQUIDAZIONE

Come racconta oggi Affari&Finanza, il 2021 si è chiuso per Credimi con 434 milioni erogati alle pmi (+38%), con richieste di finanziamento oltre i 6 miliardi e con bilancio in pareggio. Nella cronistoria degli ultimi mesi di vita della fintech bisogna puntare l’attenzione su maggio-giugno 2022, quando l’attività si ferma, vengono bloccati i finanziamenti, 2 milioni al mese di ricavi vanno a zero e restano però i costi: 1,2 milioni tra personale e tecnologia.

Nei mesi a seguire si aprono trattative con i clienti e poi con i finanziatori in cerca di capitale e di liquidità; a settembre il management esplora le offerte di Ion di Andrea Pignataro e del gruppo guidato dall’imprenditore Danilo Iervolino, cordata che ai primi di novembre però si ritira. All’appello a 25 banche, in seguito, rispondono Unicredit e Cf+.

Huffington Post Italia sentenziava a gennaio: “Credimi-Unicredit, il topolino sale sulle spalle dell’elefante. Ed è un’opzione win win per entrambi”.

Ma la trattativa con l’istituto guidato da Andrea Orcel salta dopo pochi giorni e non resta che attrezzarsi per la liquidazione volontaria: la piattaforma digitale e tre quarti degli 85 dipendenti vanno in Cf+.

Le note cartolarizzate, per 1 miliardo, restano in tasca ai sottoscrittori fino a scadenza e si decide che il bilancio, circa 50 milioni rappresentati dalle note stesse, verrà liquidato per ripagare i dipendenti e i creditori.

COSA EMERGE DAL VERBALE D’ASSEMBLEA SUL BILANCIO D’ESERCIZIO 2021

Dai documenti disponibili dal Registro delle imprese della Camera di commercio di Milano, Monza, Brianza e Lodi emerge però un’altra verità. Si viene a sapere infatti che l’assemblea del 29 aprile 2022 ha approvato di coprire la perdita dell’esercizio 2021, pari a 7 milioni 676.936 euro, con riserve disponibili e di non accantonare le imposte anticipate relative all’esercizio in esame. Inoltre si conferiva all’amministratore delegato “ogni più ampio potere necessario per compiere tutti gli adempimenti utili alle delibere”. Dunque il 2021 si era già chiuso in rosso anche se non se ne trovano tracce sul sito né sui giornali.

Back To Top