skip to Main Content

Perché Report di Ranucci azzoppa gli Elkann sulla Fiat

Fiat e Stellantis, che cosa ha svelato Report di Sigfrido Ranucci su Rai3

 

Per ritornare all’ultima auto di grande successo della Fiat bisogna rispolverare dal garage la mitica Punto. La vettura, dotata dell’inconfondibile stile di Giorgetto Giugiaro, non è riuscita a totalizzare i successi di auto iconiche come la 126 (oltre 17milioni di unità vendute) o la 124, rimasta in commercio fino al 2012 vendendo 20 milioni di unità (entrambe devono gran parte del successo ai Paesi del blocco sovietico), ma con i suoi 9 milioni di esemplari piazzati era simbolo di una Fiat che, tra motori singhiozzanti e ruote sgonfie (e il serbatoio continuamente rabboccato da finanziamenti statali) riusciva a farsi larga tra le rivali del Vecchio continente.

PUNTO E A CAPO

E proprio della Punto intesa come case history positiva si è parlato nella puntata di Report rimandata in onda ieri nel lungo servizio che la trasmissione d’inchiesta ha voluto dedicare agli affari sempre più francesi di Stellantis. Lo ha fatto sentendo l’ingegnera Cristina Siletto, coordinatrice del progetto, una vita in Fiat fino al 2017, quando l’arrivo di Chrysler le aveva fatto già capire che l’interesse dell’azienda fosse ormai rivolto altrove. “In quegli anni di rinnovo dei modelli, Panda, Grande Punto, si viveva quotidianamente la posticipazione o la cancellazione della decisione di rinnovare i segmenti che avevano avuto il successo maggiore”, ha detto a Report. “Non c’era proprio più prodotto da offrire”.

LA DIETA DELLA FIAT DI TORINO

Un impoverimento che è rimasto ben impresso nelle menti degli appassionati e nei listini della stessa Fiat, che risalta nei numeri (nel 1999 le auto prodotte in Italia sfioravano il milione e mezzo, lo scorso anno sono riuscite ad arrivare a 473mila) e che comporta l’impoverimento attuale, anche sul fronte elettrico, viene sottolineato dalla trasmissione di Rai3 che ricorda come il marchio sia arrivato tardi anche sull’offerta di auto elettriche, con la sola 500e ad aprire la strada.

 

“Il taglio colpisce tutti gli stabilimenti italiani con lunghi periodi di cassa integrazione – ricordano da Report – il colpo peggiore, però, lo subiscono le tute blu di Torino, patria di quella che un tempo fu la Fiat che nell’epoca d’ora dava lavoro a 65mila operai – dal 2018 al 2022 gli addetti sono passati da 15,500 a 11.300, una cura di dimagrimento con gente incentivata ad andare via. Senza nuove assunzioni tra 10 anni la fabbrica sarà vuota”.

Back To Top