È a dir poco evidente la seccatura causata oltreoceano dall’imminente firma di un maxi-accordo (MoU) con la Cina da parte dell’Italia, Paese G7 nonché fondatore della Ue. Al netto di qualche iniziale esitazione tra i destinatari del flusso di messaggi, essa ha determinato l’avvio di repentine manovre di scampo tra le figure di governo deputate a sovrintendere all’accordo. Quanto ai partiti politici di maggioranza, sia la Lega che M5s provano a minimizzare la portata della firma del MoU, derubricandolo a mero evento di business, mercantilismo transazionale e in quanto tale privo di qualsivoglia implicazione profonda.
COME SI MUOVE LA LEGA SEMPRE PIU’ TRUMPIANA
Salvini, affiancato da Giancarlo Giorgetti, ha affidato d recente a una conferenza stampa una serie di dichiarazioni, tutte tese a confortare gli americani. Sul versante grillino, invece, colpisce la singolare tempistica con cui viene reso noto al grande pubblico lo status di Beppe Grillo.
LA CASETTA DI BEPPE GRILLO
Ormai privo da molti mesi di ruoli ufficiali nel partito, Grillo viene rivelato nella sua «nuova» veste di garante solo tra lunedì e martedì di questa settimana. Poche ore prima, peraltro, era stato il blog dello stesso Grillo ad ospitare l’intervento di un accademico romano filo-cinese, tuonando contro l’irritazione della «Casetta Bianca» e stigmatizzando la «subordinazione passiva» dell’Europa rispetto a Washington.
IL BLOG CINESINO
Inevitabile corollario della rivelazione a scoppio ritardato su Grillo è che le considerazioni da lui svolte o ospitate sul proprio blog sono da intendersi a titolo personale. Anche retroattivamente. Funzionerà? Chi scrive ne dubita.
I RAPPORTI ITALIA-USA
È un fatto che, all’interno di maggioranza e Governo manchi piena consapevolezza circa le ragioni dell’irritazione statunitense. Disposti in passato a chiudere un occhio sullo shopping cinese in Italia anche in ambiti delicati, gli americani oggi si inalberano.
I MOTIVI DELL’IRRITAZIONE DI TRUMP
Valgono a poco le insistenti rassicurazioni provenienti da Roma che gli accordi conclusi con la firma dello MoU rappresentino un misero bottino. Evidentemente, a preoccupare Washington è la valenza simbolica del tour romano di Xi Jinping, ormai sdoganato senza patemi di sorta nel cuore dell’Occidente.
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