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Come e perché l’amerikano Mattarella gela i bollori americani su Italia e Cina per la Nuova Via della Seta

I Graffi di Damato

 

Con dovizia di particolari superiore al solito il solerte Marzio Breda ha riferito ai lettori del Corriere della Sera sulla sostanziale blindatura, da parte di Sergio Mattarella, del tratto italiano della cosiddetta “Via della Seta” che ha tanto allarmato i nostri alleati al di là e al di qua dell’Atlantico. Dove anche il capo dello Stato, e non solo il presidente grillino del Consiglio Giuseppe Conte, ha sentito puzza di “parecchi pregiudizi, magari interessati” verso l’Italia, colpevole solo di volere fare con la Cina affari forse anche inferiori a quelli che hanno già realizzato in Europa gli inglesi, i francesi e i tedeschi.

ECCO L’INTERVENTO DI MATTARELLA SULLA VIA DELLA SETA CON LA CINA

Il “dossier Cina”, come lo ha chiamato il quirinalista del Corriere, è stato squadernato dal presidente della Repubblica con molta attenzione già prima di una coalizione al Quirinale con “mezzo governo”, ricevuto in vista dell’imminente Consiglio Europeo. Cui seguirà la visita del presidente della Cina in Italia, durante la quale sarà firmato il “memorandum d’intesa”. Sul quale peraltro aveva già cominciato a lavorare il precedente governo guidato da Paolo Gentiloni, che sta per assumere adesso la presidenza di un partito, il Pd, da cui si sono levate voci critiche o preoccupate: al pari, del resto, di Forza Italia dai banchi dell’opposizione e della Lega dai banchi della maggioranza.

LA PRESENZA DI SALVINI

Eppure il leader leghista, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno Matteo Salvini non ha avuto nulla, proprio nulla da ridire -ha assicurato Breda- con i commensali al Quirinale, dove si è presentato in un abito completo di camicia azzurrina e cravatta.

COME SONO NATE LE PAROLE DI MATTARELLA SUI RAPPORTI ITALIA-CINA

Sulla “partita” cinese aperta dalle polemiche mentre si spegnevano quelle sulla Tav, pur essendo materia di “competenza dell’esecutivo”, il presidente della Repubblica “è molto sereno e tranquillo”, ha riferito Breda. Che ha continuato: “Egli ha assunto tutte le informazioni utili a valutare il caso, ci ha riflettuto sopra e ne ha ricavato la convinzione che le polemiche, interne e internazionali, non sono giustificate. Insomma tanto rumore (e minacce) per nulla”. Ma proprio per nulla, nemmeno per la parte finita nei giorni scorsi all’esame e alla discussione del Copasir, l’acronimo del comitato parlamentare di sicurezza della Repubblica ed è attualmente presieduto da un deputato del Pd notoriamente amico di Matteo Renzi: Lorenzo Guerini, ben protetto peraltro, proprio per questa carica istituzionale, dal progetto di “derenzizzazione” attribuito al nuovo segretario del partito che sta per insediarsi, Nicola Zingaretti.

IL CASO HUAWEI

Ciò di cui si è occupato, più in particolare, il Copasir a proposito del memoramdum d’intesa commerciale con la Cina è l’ipotesi di un uso della tecnologia informatica G5 attraverso la società cinese, appunto, Huawei. E che gli americani sembra che vedano come il fumo negli occhi, tanto da avere minacciato o già programmato misure non si sa se più ritorsive o cautelari nei rapporti informatici e di sicurezza con l’Italia. Ma anche su questo il presidente della Repubblica ha maturato riflessioni, diciamo così, distensive.

IL DOSSIER 5G

Quella dell’uso della tecnologia G5 attraverso la società cinese presente ora anche in Italia “è un’ipotesi separata dall’accordo e da approfondire”, ha scritto il quirinalista del Corriere riferendo delle notizie e delle opinioni maturate dal presidente della Repubblica, rimanendo sempre ferma -si presume- la competenza del governo.

LE MIE DOMANDINE

Di fronte a così abbondanti e consolanti informazioni passate in qualche modo attraverso il canale del Quirinale resta solo da capire – senza volere minimamente mancare di rispetto al capo dello Stato – i motivi per cui il governo, a parte la presenza di Conte alla riunione riservata del Copasir, non ha mai ritenuto né doveroso né opportuno prestarsi alle sollecitazioni giuntegli a riferire pubblicamente alle Camere, come si fa per tante altre cose e questioni. E perché mai i presidenti delle Camere, di solito così solerti a rappresentarne aspettative e umori, non si siano attivati. O lo hanno fatto con tale discrezione che nessuno davvero se n’è accorto, forse neppure nel governo.

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