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Chip

L’ultimo chip di Huawei è la prova del ritardo tecnologico della Cina?

Secondo l'amministrazione Usa, il chip da sette nanometri contenuto nell'ultimo smartphone di Huawei dimostra che la Cina è indietro rispetto agli Stati Uniti. Tsmc investe nei semiconduttori da due nanometri in territorio americano, mentre il governo prepara nuove restrizioni al commercio. Tutti i dettagli

Secondo l’amministrazione Usa, il chip da sette nanometri contenuto nell’ultimo smartphone di Huawei dimostra che la Cina è indietro rispetto agli Stati Uniti. Tsmc investe nei semiconduttori da due nanometri in territorio americano, mentre il governo prepara nuove restrizioni al commercio. Tutti i dettagli

Secondo la segretaria del Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo (nella foto), l’ultimo smartphone di Huawei – il Mate 60 Pro, che conteneva un chip da sette nanometri prodotto localmente e che per questo aveva suscitato grande clamore – dimostra che la Cina è ancora indietro nelle tecnologie avanzate per la produzione di semiconduttori.

Raimondo, insomma, ha ribaltato la questione: il famigerato microchip utilizzato da Huawei e fabbricato da SMIC non è la prova che Pechino sta riducendo il divario nel chipmaking e aggirando le restrizioni commerciali americane; al contrario, proprio quel chip renderebbe manifesto sia il ritardo cinese e sia l’efficacia dei controlli sulle esportazioni imposti da Washington per impedire alla rivale di accedere alle nuove tecnologie.

QUAL È IL PROBLEMA CON IL CHIP DI HUAWEI?

Il microchip presente nel Mate 60 Pro di Huawei ha fatto rumore, l’estate scorsa, perché non si credeva che le aziende cinesi fossero capaci di produrre componenti dalle dimensioni di sette nanometri. Semplificando: più ridotte sono le dimensioni, più potente ed efficiente è il chip. Quella a sette nanometri non è comunque la tecnologia più avanzata per i microchip presenti negli smartphone: gli iPhone di Apple, ad esempio, contengono componenti da quattro nanometri.

In teoria, né Huawei né SMIC dovrebbero avere accesso alle tecnologie per produrre chip da sette nanometri per via delle restrizioni che gli Stati Uniti hanno imposto verso le due società dal 2019 e dal 2020, rispettivamente.

LA CINA “È ANNI INDIETRO” AGLI STATI UNITI, DICE RAIMONDO

Intervistata da CBS News, la segretaria Raimondo ha detto che sui microchip – componenti cruciali per lo sviluppo industriale, economico e militare – la Cina “è anni indietro” rispetto agli Stati Uniti, i quali possiedono “i semiconduttori più sofisticati al mondo. La Cina no. Abbiamo superato la Cina nell’innovazione”.

Gli Stati Uniti detengono una leadership internazionale nella fase di progettazione dei semiconduttori e stanno investendo nel recupero della capacità manifatturiera. La compagnia taiwanese TSMC, l’azienda più importante al mondo in questo segmento di mercato, ha recentemente aumentato gli investimenti in territorio americano, portandoli a 65 miliardi di dollari, per produrvi chip da due nanometri: si tratta della tecnologia al momento più avanzata.

LE RESTRIZIONI AMERICANE CONTRO CINA E RUSSIA

Gli Stati Uniti, in collaborazione con i Paesi Bassi e il Giappone, due paesi molto rilevanti nelle tecnologie avanzate di chipmaking, hanno introdotto restrizioni all’esportazione di componenti e macchinari avanguardistici in Cina.

Questi controlli al commercio di semiconduttori sono stati applicati anche nei confronti della Russia, per privare il paese di componenti utilizzabili nelle attrezzature militari. A tal proposito, Raimondo ha dichiarato che le restrizioni statunitensi hanno avuto successo perché hanno costretto i russi a dover ripiegare sul recupero di semiconduttori dagli elettrodomestici, “danneggiando la loro capacità di condurre la guerra, rendendola più difficile”.

LA COREA DEL SUD E LA GERMANIA PARTECIPERANNO AI CONTROLLI AMERICANI SUI CHIP?

Il dipartimento del Commercio di Raimondo sta cercando di convincere i Paesi Bassi e il Giappone a inasprire i controlli alle esportazioni di chip in Cina. Inoltre, Washington sta facendo pressioni anche sulla Corea del sud e sulla Germania affinché partecipino a queste restrizioni commerciali, così da limitare ulteriormente le possibilità di Pechino di accedere alle tecnologie straniere e frenarne lo sviluppo industriale.

Come sintetizza Bloomberg, il dipartimento del Commercio ha il compito di erogare sovvenzioni e prestiti da oltre 100 miliardi di dollari alle aziende che decidono di investire nella produzione di semiconduttori negli Stati Uniti. Dopo gli aiuti a Intel, TSMC e Samsung, pare che questa settimana il governo americano annuncerà un sussidio a Micron.

Dall’inizio del mandato di Joe Biden, il piano di stimolo pubblico alla manifattura nazionale di chip – il CHIPS and Science Act – ha incoraggiato investimenti privati negli Stati Uniti per oltre 200 miliardi di dollari.

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