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Più cloud per tutti: Aws entra nel Polo Strategico Nazionale

Il Psn ha annunciato di aver perfezionato l’accordo per l’ingresso di Amazon Web Services (Aws) nel Polo Strategico Nazionale.Tutti i dettagli

La mossa è importante, ma la notizia arrivata ieri – un po’ sotto silenzio – dal sito del Polo Strategico Nazionale, non è stata colta da nessun grande media. Il PSN ha infatti annunciato di aver perfezionato l’accordo per l’ingresso di Amazon Web Services (Aws) nel Polo Strategico Nazionale, andando a mettere altra capacità infrastrutturale e computazionale nella costruzione della trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione (Pa) italiana. Il Psn, costituito nell’ambito della “Strategia Cloud Italia” prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questa, in capo al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con delega all’Innovazione, Alessio Butti, sviluppata dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, in collaborazione con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale, con l’obiettivo di garantire l’autonomia tecnologica del Paese, rappresenta un pilastro fondamentale per garantire sovranità, sicurezza e innovazione nei servizi digitali erogati agli enti pubblici.

L’accordo con Aws – che oggi ha confermato la notizia – il Psn completa la propria offerta multicloud, includendo ora i servizi di uno dei principali Cloud Service Provider (Csp) a livello globale. Aws entra come quarto Cloud Service Provider del PSN (come anticipato dal DTD), realizzato attraverso la convenzione con Polo Strategico Nazionale S.p.A., società partecipata da Tim, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (Cdp, tramite la controllata Cdp Equity) e Sogei. Questa collaborazione, che va ad aggiungersi a quelle già esistenti con Google, Microsoft e Oracle, contribuisce significativamente all’ampliamento del catalogo di servizi cloud sicuri per la PA italiana.

IL POLO STRATEGICO NAZIONALE: IL FUTURO DIGITALE ALL’ITALIANA DELLA PA

Il Psn è stato concepito durante il Governo Draghi, dall’allora Ministro Vittorio Colao, per rispondere a una serie di criticità storiche che hanno limitato l’efficienza e la sicurezza delle infrastrutture digitali della PA italiana. Tra queste spiccano l’eccesso di data center non certificati, l’assenza di standard comuni e la crescente vulnerabilità agli attacchi cyber. Importante a questo riguardo la regollamentazione in arrivo e attualmente in discussione alla Camera.

Gestito da una società di progetto partecipata da Tim (45%), Leonardo (25%), Cassa Depositi e Prestiti (20%) e Sogei (10%), il Psn è incaricato di fornire infrastrutture tecnologiche avanzate e servizi cloud alla PA, garantendo la sovranità dei dati sensibili e strategici. Questo obiettivo si concretizza attraverso quattro data center situati in Italia, progettati per garantire elevati standard di sicurezza, efficienza e sostenibilità.

SECURE PUBLIC CLOUD: UN SERVIZIO DEDICATO AI DATI CRITICI

Il Polo Strategico Nazionale ha realizzato un servizio cloud ad hoc per la gestione dei dati critici: il Secure Public Cloud. Questo servizio, quello impattato dall’accordo annunciato, utilizza gli hyperscaler Microsoft Azure, Google Cloud e, ora, Amazon Web Services, implementando chiavi crittografiche gestite in maniera esclusiva dal Polo Strategico Nazionale. Grazie a questo linguaggio codificato, la Pubblica Amministrazione può beneficiare del livello massimo di sicurezza informatica.

Aws nel Secure Public Cloud del Psn consentirà alle PA di accedere a oltre 80 servizi attraverso la Regione Europa (Milano), garantendo che i dati restino all’interno dei confini italiani e rispettino le normative locali in materia di protezione dei dati. Questo è particolarmente importante in un contesto in cui la sovranità digitale è diventata una priorità strategica per molti governi europei.

Con l’ingresso di Aws, il Psn completa la propria strategia multicloud, che già includeva partnership con altri giganti del settore come Google, Microsoft e Oracle. La scelta di adottare un approccio multicloud riflette la necessità di garantire flessibilità, resilienza e innovazione, mitigando al contempo i rischi legati alla dipendenza da un singolo fornitore.

CLOUD ACT, NO PROBLEM

Da alcune parti continuano ad emergere dubbi legati al Cloud Act statunitense. Questo regolamento, infatti, consente in alcuni casi alla giustizia o ai servizi di intelligence americani di accedere ai dati ospitati fuori dagli Stati Uniti, sollevando preoccupazioni riguardo alla sovranità digitale dei dati italiani. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione, Alessio Butti (Fratelli d’Italia), ha più volte sottolineato in passato il rischio che il Cloud Act possa rappresentare per la sovranità digitale nazionale, affermando: “L’unico strumento di difesa è quello di non trovarsi nella condizione di applicabilità del Cloud Act”. Secondo Butti, è essenziale valutare ogni margine di manovra per garantire la piena tutela dei dati dei cittadini. Sul tema era intervenuto anche il compianto prof. Antonio Catricalà, ex presidente dell’Antitrust, che in un parere si espresse sulla portata particolarmente limitata dell’applicazione del Cloud Act, relativo a soli casi di indagini penali gravi e non certo uno strumento di raccolta dati indiscriminato.

L’amministratore delegato del Psn, Filippo Iannetti, ha tuttavia rassicurato sull’attuazione della Strategia Cloud Italia, che prevede l’utilizzo di soggetti internazionali solo in assenza di criticità. Inoltre, grazie all’impiego di tecniche di crittografia avanzate, la migrazione dei dati verso il Psn è stata definita sicura, essendo le chiavi crittografiche in pieno controllo italiano.

È importante sottolineare che le recenti polemiche sulla sovranità digitale, come quelle relative a Starlink, appaiono prive di reali basi. Come spiegato dal ministro della Difesa, Guido Crosetto, e dal presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, non esistono al momento alternative concrete a tecnologie come Starlink, e lo stesso discorso vale per il cloud. Attualmente, non ci sono operatori europei in grado di offrire servizi tecnologici avanzati e scalabili come quelli dei Cloud Service Provider statunitensi. Come ricordato anche dall’amministratore delegato di AWS, “Non c’è AI senza cloud”. Rinunciare alla migliore tecnologia disponibile in questa fase sarebbe improponibile, soprattutto per la Pubblica Amministrazione, che deve poter contare su soluzioni all’avanguardia per garantire servizi efficienti, sicuri e innovativi ai cittadini.

PERCHÉ SERVIVA AWS AL PSN

Con un investimento previsto di oltre 1,2 miliardi di euro nei prossimi cinque anni per espandere la propria infrastruttura in Italia, AWS supporta la trasformazione digitale del Paese. Questo investimento contribuirà a creare posti di lavoro, stimolare l’innovazione e rafforzare l’ecosistema tecnologico italiano. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato questo piano di investimento “di interesse strategico”, considerando il suo ruolo nel posizionare l’Italia come hub digitale nel Mediterraneo e nel supportare il Piano Mattei del Governo e la G7 Partnership for Global Infrastructure and Investment (PGII).

I NUMERI DEL PSN: UN PROGETTO IN CRESCITA

Dalla sua istituzione, il Psn ha registrato una crescita significativa, sia in termini di amministrazioni aderenti sia di valore contrattuale. L’obiettivo è di raggiungere 280 amministrazioni migrate con almeno il 40% dei servizi entro giugno 2026 come da target Pnrr.

Come ha spiegato l’amministratore delegato del Psn, Iannetti, «ad oggi oltre 470 Pubbliche Amministrazioni hanno scelto di migrare sul cloud di Polo Strategico Nazionale. Di queste oltre 450 hanno già avviato il processo di migrazione dei servizi su infrastrutture cloud, circa 320 hanno migrato almeno un servizio e più della metà risultano full migrated. Oltre 130 amministrazioni sono relative a ospedali e ASL: anche questo è un dato molto rilevante».

In termini di valore, «Psn— ha aggiunto Iannetti — ha acquisito contratti per circa 2,8 miliardi di euro traguardando nel secondo anno di vita il valore contrattuale previsto per l’intero arco di convenzione, al 2035, di 3 miliardi». A fine 2025 i ricavi dovrebbero essere nell’ordine dei 300 milioni.

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