Il settore dei data center è ormai da mesi al centro del dibattito mediatico e istituzionale in Italia. Nelle scorse settimane, la Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, presieduta da Salvatore Deidda di Fratelli d’Italia, ha avviato le audizioni sul disegno di legge per la regolamentazione dei data center, con l’obiettivo di creare un quadro normativo favorevole per l’attrazione e la crescita queste infrastrutture strategiche. Ddl che peraltro sta vedendo – per una volta – un lavoro bipartisan con proposte depositate da Giulia Pastorella (Azione), Giulio Centemero (Lega), Enzo Amich (FdI) e Antonino Iaria (M5S). Alle audizioni hanno partecipato esperti come quelli del Politecnico di Milano, associazioni di rappresentanza (Anitec-Assinform, Italian Datacenter Association) e i principali player del settore, come Amazon Web Services (AWS), Google, Microsoft, l’italiana Aruba.
GLI INVESTIMENTI IN ITALIA E IL RUOLO DEI DATA CENTER
L’Italia si sta affermando come un punto di riferimento per gli investimenti in infrastrutture digitali. AWS, già presente dal 2016, ha investito complessivamente 2 miliardi di euro fino al 2020 per la creazione della prima AWS Region a Milano. A questi si aggiunge l’annuncio di un ulteriore investimento – in via iniziale – di 1,2 miliardi per l’espansione di due nuovi siti, che porterà alla creazione di 5.500 nuovi posti di lavoro diretti e indiretti nei prossimi cinque anni. Investimento che impatterà positivamente sul PIL italiano per 880 milioni di euro entro il 2029 e migliorerà le infrastrutture locali, andando a rafforzare il ruolo del nostro Paese come hub digitale nel Mediterraneo, anche nell’ottica del Piano Mattei, dato che metterà a disposizione capacità computazionale per l’Africa dando allo stesso tempo maggior opportunità alle startup italiane di internazionalizzarsi.
Poche settimane prima Microsoft ha presentato un piano di investimenti pari a 4,3 miliardi di euro nei prossimi due anni “per espandere la sua infrastruttura di data center hyperscale cloud e di Intelligenza artificiale con l’obiettivo di aiutare il Paese a massimizzare le opportunità dell’AI, oltre a un piano di formazione sulle competenze digitali per oltre 1 milione di Italiani entro la fine del 2025”.
Ci sono però anche le italiane Tim (comunque di proprietà USA) e Aruba, anche se parliamo di investimenti in scala assai minore. Tim ha appena annunciato il suo diciassettesimo data center, che sarà operativo entro la fine del 2026 e localizzato nei dintorni della Capitale, come anche quello di Aruba, inaugurato in pompa magna lo scorso ottobre insieme al direttore dell’ACN, il prefetto Bruno Frattasi.
LE SFIDE PER L’ITALIA: BUROCRAZIA, ENERGIA E COMPETENZE
Nonostante gli investimenti in crescita, l’Italia deve affrontare alcune sfide per consolidare il suo ruolo di leadership nel settore dei data center. Dalle audizioni di Google e Microsoft, rappresentate dai rispettivi responsabili relazioni istituzionali Diego Ciulli e Francesca Bitondo [VIDEO], è emersa l’importanza di localizzare i dati in Italia per settori strategici, pur favorendo lo scambio a livello UE e con Paesi alleati, e di garantire regole chiare per attrarre investimenti in data center. Google ha sottolineato come la sicurezza dipenda dalla circolazione efficace dei dati e ha invitato l’Italia a posizionarsi come hub globale, con un’infrastruttura energetica adeguata e certezza normativa, anche fiscale (punto sollevato anche da Eleonora Faina, Direttore Generale di Anitec-Assinform). Un tema quello fiscale che si è posto dopo il recente accordo tra Netflix e il Fisco italiano.
Microsoft ha evidenziato progressi nella consapevolezza sul tema, ma ha richiesto snellimenti amministrativi, dialogo con le autorità locali, chiarezza nelle competenze delle autorità e incentivi per riutilizzare aree dismesse, accelerando le procedure per favorire lo sviluppo del settore.
Più diretta è stata AWS, che ha recentemente ottenuto lo scorso 29 novembre 2024 dal Consiglio dei Ministri il riconoscimento del proprio investimento come “di interesse strategico nazionale”, con la conseguente attivazione della procedura di semplificazione burocratica prevista ai sensi dell’art. 13 del d.l. 104/2023.
Chiare le ricette presentate dal gigante del cloud di Seattle, rappresentato nell’occasione dal Direttore Affari Istituzionali EU MED, Franco Spicciariello, e dalla specialista di policy per le infrastrutture Emma Creola. Per realizzare il pieno potenziale dei datacenter, il settore si trova ad affrontare tre sfide cruciali che ne condizionano lo sviluppo. La prima riguarda l’aspetto energetico: nei prossimi cinque anni, la domanda di energia dei datacenter commerciali crescerà a un tasso annuo del 29%, fino a raggiungere quasi 1 GW IT di capacità. Senza una pianificazione energetica lungimirante, il settore rischia di incorrere in problemi di congestione e significativi ritardi nelle connessioni, anche se il lavoro portato avanti da Terna sembra in grado di reggere questo boom.
La seconda sfida è di natura burocratica e riguarda i processi autorizzativi. L’eccessiva lentezza e inefficienza delle procedure amministrative sta creando un collo di bottiglia per progetti infrastrutturali strategici, con conseguente rallentamento sia della crescita economica che dell’innovazione nel settore. Su questo l’Italia ha certamente fatto un importante passo avanti grazie alla fast-track individuata dal Governo Meloni con d.l. 104/2023, in particolare l’art. 13 sugli investimenti di interesse strategico, ben gestito dal MIMIT. “La fast track costruita dal governo è un ottimo punto di inizio. Sarà ora importante avere delle tempistiche certe sulla nomina del commissario”, ha dichiarato AWS.
Infine, c’è il tema della forza lavoro qualificata. Le proiezioni indicano che il settore dei datacenter in Italia triplicherà il proprio organico nei prossimi cinque anni, arrivando a impiegare circa 100.000 persone. Tuttavia, il sistema di istruzione non riesce a stare al passo con questa crescita, generando una preoccupante carenza di professionisti con le competenze necessarie. Questo deficit di competenze digitali sta già ostacolando l’adozione delle tecnologie di intelligenza artificiale e la crescita delle aziende, prospettando perdite economiche significative entro il 2025.
MA I DATA CENTER SONO SOSTENIBILI?
Nonostante le polemiche sul tema, almeno secondo AWS la risposta è sì. La divisione cloud di Amazon ha infatti spiegato alla Commissione Trasporti e TLC della Camera come “il cloud rappresenti un’alternativa nettamente più sostenibile rispetto ai tradizionali data center aziendali”. Al riguardo ha fornito alcuni numeri: l’utilizzo del cloud ridurrebbe infatti l’utilizzo di server del 77%, consumando l’84% in meno di energia e utilizzando un mix energetico più pulito del 28%, con una conseguente riduzione delle emissioni di carbonio pari all’88%. “I data center tradizionali, invece, spesso operano a capacità ridotta, con un tasso di utilizzo tra il 12 e il 18%, lasciando l’82% delle risorse inattive ma alimentate. Al contrario, i modelli multi-tenant del cloud permettono di ottimizzare i carichi di lavoro e raggiungere efficienze impensabili con le strutture tradizionali”. Questo significa che spostare le applicazioni aziendali sul cloud può ridurre drasticamente le risorse necessarie, contribuendo a un futuro più verde e sostenibile. Oltre a questo, AWS ha affermato di aver raggiunto nel 2023 l’obiettivo “di compensare il 100% dell’elettricità consumata con energia rinnovabile”, un impegno “soddisfatto sette anni prima dell’obiettivo originale del 2030”. Un messaggio questo per gli appassionati degli stop agli investimenti sulle rinnovabili sul territorio.
Utile anche leggere – al di là dei soliti numeri sugli investimenti – degli aspetti tecnici relativi al design dei data center, sempre più efficienti e sostenibili. “Utilizziamo strumenti avanzati di modellazione, come la fluidodinamica computazionale, per ottimizzare il design dei nostri data center già prima della costruzione, e continuiamo a perfezionare i nostri modelli in tempo reale per migliorare le prestazioni e ridurre i consumi. Non è solo una questione di risparmio energetico, ma anche di innovazioni strategiche: dai sistemi di raffreddamento a liquido per i chip ad alta densità alle nuove componenti progettate per supportare l’intelligenza artificiale, ogni aspetto è studiato per minimizzare l’impatto ambientale. I risultati parlano chiaro: abbiamo raggiunto un indice di efficienza energetica, il cosiddetto PUE, di 1,08, uno dei migliori al mondo”, ha spiegato l’esperta di infrastrutture di AWS intervenuta.
IL MODELLO? ARAGON, SPAGNA
Uno spunto interessante dell’audizione di AWS è stato la quello relativo dalla regione spagnola di Aragon, Spagna 90 minuti di treno da Madrid, – guidata da Jorge Antonio Azcón Navarro, uomo del Partido Popular, centrodestra – protagonista a livello europeo e non solo dell’ecosistema dei data center (andrà presto a superare Francoforte e Parigi) come dell’energia sostenibile, grazie a investimenti che ne hanno ridefinito il suo futuro industriale ed economico. Lì infatti AWS ha lanciato un investimento monstre di 15,7 miliardi di euro sino al 2033 per potenziare i data center nella regione. È il più grande investimento in infrastrutture cloud di AWS al di fuori degli USA, che creerà 6.800 posti di lavoro a tempo pieno ogni anno nella regione e 17.500 in tutto il Paese, contribuendo con circa 12,9 miliardi di euro al PIL dell’Aragona, pari a oltre il 30% del PIL attuale della comunità. Non solo, visto che AWS è stata seguita da Microsoft, che ha impegnato 2,2 miliardi di euro per progetti nella regione, portando il suo investimento complessivo a 6,7 miliardi di euro. E non dimentichiamo i 7,5 miliardi in datacenter del fondo Blackstone, o i 4,1 miliardi di euro per una gigafatory a Saragozza, accordo tra Stellantis e i cinesi di Catl, i più gradi produttori di batterie del mondo, su cui però pende la spada di Damocle delle sanzioni USA.
Il perché di questo grande flusso di investimenti su Aragon? Di certo la disponibilità di terreni, le risorse energetiche rinnovabili, una solida base imprenditoriale, il talento locale e le connessioni con i principali centri economici sono gli elementi chiave che hanno favorito queste decisioni. Ma c’è un altro punto nodale – sottolineato proprio da AWS in audizione – e cioè una regolamentazione, meglio nota come PIGAS (acronimo di Planes y Proyectos de Interés General de Aragón), capace di tagliare fino ad un settimo i tempi di approvazione dei vari passaggi burocratici. Una normativa che sembra aver attirato l’interesse del Governo italiano: “in questo il Ministero delle Imprese e del Made in Italy si è aperto al confronto con le controparti spagnole”, ha dichiarato Spicciariello.
Infine, per sostenere questa crescita tecnologica, il governo aragonese sta ampliando l’offerta formativa con programmi universitari, professionali e iniziative come il Think Big Space, progettati per fornire competenze innovative alle nuove generazioni. Con miliardi di investimenti esteri, auspicati e senza gli ideologismi che spesso emergono in Italia, tanti data center alimentati al 100% da energia rinnovabile – ma ricordiamo che un quarto dell’energia in Spagna è fornita dal nucleare e che il costo medio è la metà di quello italiano – Aragon si prepara a diventare un polo tecnologico e industriale di riferimento in Europa, combinando sviluppo economico, innovazione e sostenibilità.
L’ELEFANTE NELLA STANZA: L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Il detto è: “Non c’è IA senza cloud”. I data center sono infatti fondamentali per il futuro dell’Intelligenza Artificiale, supportando le enormi esigenze computazionali dei modelli AI grazie a cluster di GPU ad alte prestazioni – come ad esempio quelli di Nvidia, ma non solo – che riducono i tempi di addestramento e abilitano innovazioni avanzate.
L’Italia ha visto una crescita significativa nell’adozione dell’AI, con un aumento del 28% delle aziende utilizzatrici nel 2023, e sviluppare infrastrutture digitali potrebbe aggiungere 329 miliardi di euro all’economia italiana entro il 2030, consolidando il ruolo del Paese nel panorama tecnologico globale. Ma sarà impossibile assicurare una crescita continua senza le necessarie infrastrutture sul territorio, un punto su cui il Governo di Giorgia Meloni sta giocando – al momento bene – una partita di grande impatto nel breve e nel lungo termine.