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Cloud Inhouse

Cloud Pa, società in house gongolano per approccio macroniano di Butti

Il sottosegretario Alessio Butti si è espresso a favore del modello federato per il Cloud Pa con un ruolo chiave anche per le società in house. 

 

Inversione di rotta sul cloud Pa: il governo Meloni punta sul cloud federato incentrato sulla collaborazione con le società in house qualificate.

“Per il Polo Strategico Nazionale ci sarà discontinuità, coinvolgeremo le migliori in-house pubbliche regionali, le pmi e le Università”, ha annunciato nei giorni scorsi il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione Tecnologica, Alessio Butti nel corso del convegno “Le in-house ICT pubbliche patrimonio tecnologico del Paese e protagoniste dell’innovazione della PA. Per un digital made in Italy” organizzato alla biblioteca del Senato da Assinter, l’associazione che riunisce le società tecnologiche inhouse, il convegno organizzato da Assinter.

E in nome della sovranità digitale, l’esecutivo fa marcia indietro anche sulla collaborazione con Microsoft, Google e Oracle, sottolinea L’Economia, l’inserto economico del Corriere.

L’infrastruttura del Polo Strategico Nazionale (Psn) sarà realizzata dal consorzio Tim, Leonardo, Cdp Equity e Sogei, con i fondi del Pnrr. A regime, il 75% dei dati delle amministrazioni italiane dovrebbero migrare nel cloud entro il 2026.

Di recente Butti ha sollevato però timori per le implicazioni del Cloud Act statunitense in relazione ai dati ospitati nei quattro data center del Psn. Quest’ultimo può consentire alla giustizia o ai servizi di intelligence americani di accedere in alcuni casi ai dati ospitati al di fuori degli Stati Uniti. I mega-big del cloud (Google, Amazon e Microsoft) non sono infatti tagliati fuori dal Polo Strategico nazionale.

Tutti i dettagli.

PSN VERSO IL CLOUD FEDERATO

Promette discontinuità Butti, rispetto al predecessore Vittorio Colao, che avrebbe voluto la migrazione dei dati critici e strategici principalmente sul Psn. Quindi si procede con il Psn realizzato da Tim, Leonardo, Sogei e Cdp ma è necessario ripristinare la collaborazione con le inhouse che abbiano le competenze per svolgere un ruolo analogo.

Piuttosto che escludere le inhouse, “dobbiamo mettere insieme le società italiane specializzate in cloud e le università, perché se sono lo facciamo ora, a breve perderemo la capacità di essere competitivi come Paese nel settore tecnologico” ha evidenziato il sottosegretario per l’Innovazione.

PERCHÉ COINVOLGERE LE IN HOUSE REGIONALI SUL CLOUD

Come spiega l’inserto economico del Corriere, “le in house regionali sono realtà mature perlopiù riunite nell’associazione Assinter” che rappresenta un network di circa 20 aziende tra cui Aria Lombardia, Csi Piemonte, Lazio Crea, Liguria Digitale, Sicilia Digitale, punto Zero (Umbria).

“Quelle cioè che nel peggior momento della pandemia hanno in buona parte gestito i dati sanitari e consentito la programmazione delle vaccinazioni agli italiani” sottolinea Verità&Affari.

Il nuovo esecutivo punta cioè a un modello federato con le migliori inhouse regionali, scelte dal Dipartimento per la trasformazione digitale insieme all’Acn, Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale diretta da Roberto Baldoni.

IL RUOLO DELL’ACN

E proprio l’Acn si occupa dallo scorso 19 gennaio di qualificare i dati e infrastrutture dei service provider cloud delle Pa. Inoltre, da tempo il direttore Baldoni mette in guardia sull’importanza per il Paese dell’indipendenza tecnologica. “Modello federato? Va benissimo. Ma dobbiamo cercare di capire come e dove realmente possiamo aiutare il Paese”, ha dichiarato Roberto Baldoni, nel corso dello stesso convegno. “È fondamentale mantenere il patrimonio italiano delle competenze e dobbiamo immaginare la scalabilità del cloud in futuro anche con le in-house regionali”, ha spiegato il direttore dell’Acn.

“La seconda missione dell’Acn”, ha aggiunto Baldoni, “è sviluppare tecnologie nazionali attraverso partnership pubblico-privato. E vogliamo farlo anche con le più sviluppate in-house per realizzare tecnologie made in Italy, che possiamo finanziare come Agenzia cyber nazionale”.

ATTENZIONE AL CLOUD ACT

Senza dimenticare che per il sottosegretario Butti “rimangono aperte le criticità sulla minaccia alla sovranità digitale nazionale rappresentata dal Cloud Act americano, che eserciterebbe la propria giurisdizione anche sul territorio italiano”.

Dal momento che la proposta della cordata Tim-Cdp-Leonardo-Sogei aggiudicatrice della realizzazione del Psn si basa su accordi con alcuni dei principali Cloud Service Provider [Google, partner di Tim, Microsoft, AWS, Oracle].

SEGUIRE L’ESEMPIO FRANCESE

 “L’unico strumento di difesa è quello di non trovarsi nella condizione di applicabilità del Cloud Act” ha sottolineato il sottosegretario Butti in audizione alla Camera.
“Il Cloud Act esiste e non possiamo impedirne l’esercizio a monte”, ha spiegato Butti.  “La Francia e in parte anche altri paesi a partire dalla Germania – ha aggiunto il sottosegretario all’Innovazione Tecnologica – hanno usato misure di contrasto all’applicabilità del Cloud Act. In particolare Parigi, ha imposto “il controllo francese a tutte le società a cui sono affidati servizi di pubblica utilità o di interesse pubblico che prevedano il trattamento di dati strategici della nazione” ha ricordato Butti.
A differenza dei predecessori, sottolinea il sottosegretario: “il precedente Governo ha pubblicato il bando sul Polo Strategico Nazionale senza prendere in carico il problema, nonostante diverse affermazioni pubbliche sul fatto che sarebbe stato seguito un cosiddetto modello francese”. “Occorrerà valutare i margini di manovra per assicurare una tutela piena dei dati dei cittadini”, ha concluso Butti. Dunque il governo Meloni è pronto a seguire l’esempio del governo Macron sul cloud sovrano.
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