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Sundar Pichai

Giochetti e furbizie di Google con gli editori

Google pagherà agli editori più di 1 miliardo di dollari nei prossimi tre anni attraverso un nuovo programma per le notizie sulle licenze. Google ha già firmato accordi per questo nuovo contenuto con quasi 200 editori in Germania, Brasile, Argentina, Canada, Regno Unito e Australia.

Google tende la mano agli editori da un miliardo di dollari. Il numero uno di Google Sundar Pichai ha annunciato in un post sul suo blog che il colosso statunitense investirà 1 miliardo di dollari in partnership con editori di notizie in tutto il mondo.

La nuova iniziativa sarà attiva da oggi, dopo che Google l’ha annunciato a grandi linee a giugno.

In questo modo, il colosso tecnologico di Mountain View punta a stabilire nuove condizioni di scambio con i gruppi di media ed evitare azioni potenzialmente più costose da parte delle autorità di regolamentazione.

Sia Google sia Facebook stanno subendo infatti pressioni normative in tutto il mondo per effettuare pagamenti sistematici per le notizie, in particolare attraverso la direttiva copyright dell’Ue e un codice di condotta proposto in Australia.

I critici considerano la mossa di Google un modo per dividere l’industria editoriale e aggirare la legge sul copyright e la relativa giusta retribuzione per le notizie.

COME SE LA PASSANO GLI EDITORI CON LE PIATTAFORME DIGITALI

Come ricorda la Cnn, Google, insieme a Facebook, controlla una grande quota dei dollari pubblicitari che una volta andavano agli editori nel settore delle notizie. La contrazione delle entrate pubblicitarie ha portato a redazioni più piccole e minori risorse per raccontare storie locali

Il miliardo di dollari speso per la licenza di notizie è il modo dunque in cui Google mostra agli editori che si impegna a pagare per un giornalismo di alta qualità e a sostenere un settore in difficoltà.

LA NUOVA VETRINA DI GOOGLE PER I MEDIA: NEWS SHOWCASE

Gli accordi di licenza, già annunciati a giugno, fanno parte di un nuovo prodotto chiamato News Showcase, dove gli editori partecipanti possono curare e decidere autonomamente come presentare i propri contenuti sulla piattaforma.

“Questo impegno finanziario compenserà gli editori per la creazione e la selezione di contenuti di alta qualità” per una “esperienza” di informazioni online, scrive Pichai, precisando che il nuovo prodotto che Google offrirà sarà disponibile prima su Google News su Android, poi su Google News su iOS (il sistema operativo per i dispositivi mobili Apple).

Infine, la vetrina di Google News verrà implementata anche tramite ricerche standard (Google Search) e su Google Discover, il flusso di informazioni personalizzato offerto da Google.

DOVE RISIEDONO GLI EDITORI COINVOLTI

Google, precisa, ha già firmato accordi per questo nuovo contenuto, con quasi 200 editori in Germania, Brasile, Argentina, Canada, Regno Unito e Australia.

Gli editori partecipanti includono i giornali tedeschi Stern, Die Zeit e Der Spiegel, il quotidiano brasiliano Folha de S.Paulo e la società di media canadese Village Media.

Pichai ha aggiunto che sta negoziando accordi in altri paesi come India, Belgio e Paesi Bassi.

IL DEBUTTO PROPRIO IN GERMANIA

Come sottolinea Techcrunch, scegliere la Germania come uno dei primi mercati in cui lanciare questo nuovo prodotto è degno di nota per Google. Gli editori tedeschi sono stati coinvolti in una causa legale lunga anni sulle spese di copyright relative al modo in cui i loro contenuti sono stati riutilizzati sulla piattaforma Google.

E NEGLI STATI UNITI?

Nella lista dei mercati coinvolti, per ora, emerge un grande assente. Gli Stati Uniti, sede del colosso tecnologico. Google ha rifiutato di dire infatti quando lancerà News Showcase con gli editori statunitensi.

E IN FRANCIA?

Come sottolinea il Financial Times, al momento alcuni editori in Francia (ma anche in Germania) si rifiutano di partecipare al programma di notizie di Google a meno che non rispetti la direttiva europea sul copyright. Alla base della normativa c’è  il “diritto” per i media di richiedere i diritti di licenza per le loro notizie.

RETRIBUIRE GLI EDITORI, UNA QUESTIONE GIÀ NOTA

Pagare gli editori per mostrare i loro contenuti è stata a lungo una fonte di tensione tra le società di media e le piattaforme tecnologiche.

I PROBLEMI DI BIG G IN AUSTRALIA

Come accennavamo all’inizio, negli ultimi mesi Google e Facebook si sono scontrati con i regolatori australiani sulla proposta di un codice di condotta che consentirebbe agli editori di negoziare una retribuzione per i loro contenuti. 

La proposta di legge australiana potrebbe passare in parlamento entro dicembre. Se dovessero pubblicare notizie senza retribuire gli editori, Facebook e Google finirebbero subito nel mirino dell’Accc, l’authority per la concorrenza australiana. Le sanzioni potrebbero arrivare fino al 10% delle entrate annuali di Facebook e Google in Australia.

“Sebbene le nostre preoccupazioni riguardo al codice siano serie, riteniamo che possano essere risolte e speriamo di portare presto News Showcase in Australia, poiché riteniamo che il programma aiuterà gli editori ad aumentare il loro pubblico e contribuirà alla sostenibilità complessiva dei nostri partner giornalistici australiani”. Ha dichiarato Mel Silva, amministratore delegato di Google Australia e Nuova Zelanda.

COSA NE PENSA L’EUROPEAN PUBLISHERS COUNCIL

Ma anche nel Vecchio Continente c’è chi nutre perplessità sul nuovo prodotto di Google per le notizie. Angela Mills Wade, direttore esecutivo dell’European Publishers Council, ha dichiarato al Ft che molti dei suoi membri erano “abbastanza cinici”. “Con il lancio di un prodotto, Google può dettare termini e condizioni, minare la legislazione progettata per creare le condizioni per una negoziazione equa, sostenendo che stanno contribuendo a finanziare la produzione di notizie”, ha precisato.

UNA FURBATA DEL COLOSSO DI MOUNTAIN VIEW

Già a giugno il Financial Times scriveva che i dirigenti dei media avevano accolto con favore questa nuova iniziativa da parte di Google, ma restava in chiaroscuro. Gli accordi riguardano infatti soltanto alcuni editori, le somme coinvolte sono considerate troppo ridotte e alcuni preferirebbero leggi per forzare le piattaforme a pagare sistematicamente i contenuti. Un esperto del settore ha accusato le piattaforme di adottare un approccio di divide et impera anziché estendere questo programma in tutto il mondo.

Come ha sottolineato anche Axios, Google mira ad aggirare l’approvazione di una normativa introducendo i propri termini di pagamento e allo stesso tempo rafforzando le sue relazioni con il settore editoriale. Sembra che Google abbia ceduto a retribuire gli editori, ma in realtà lo sta facendo soltanto alle sue condizioni.

Non è chiaro quanti soldi i singoli publisher trarranno da questa iniziativa, né come o se potrebbe essere utilizzata per promuovere modelli di business che non coinvolgano Google nell’azione.

Infine, che chi garantisce che su questa nuova vetrina di Google non si potranno più agevolmente leggere i giornali che sosterranno il colosso di Mountain View rispetto a quelli con posizioni più critiche?

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