Tra le prime decisioni prese da Donald Trump nel primo giorno da presidente degli Stati Uniti, lunedì, c’è stata la revoca della moratoria sulle autorizzazioni ai nuovi progetti di esportazione di gas liquefatto: a volerla era stato il suo predecessore, Joe Biden, sulla base dell’impatto negativo che questi progetti potrebbero avere sul clima e sull’economia americana. Secondo uno studio del dipartimento dell’Energia pubblicato a dicembre, infatti, la crescita ulteriore delle esportazioni di gas liquefatto (Gnl) da parte degli Stati Uniti rischierebbe di causare non solo un aumento delle emissioni, ma anche un aumento dei prezzi nazionali dell’energia.
IL PENSIERO DI TRUMP
Come anticipato già durante la campagna elettorale, Trump ha revocato la moratoria all’interno di un più ampio ordine esecutivo dedicato al settore energetico. La linea dell’attuale amministrazione è che la crescita delle esportazioni di Gnl non solo porterà benefici economici all’America, ma rafforzerà la sicurezza energetica dei paesi alleati e partner in Europa e in Asia, permettendolo loro di sostituire le forniture provenienti da nazioni avversarie o poco affidabili.
Gli Stati Uniti sono già i maggiori esportatori di Gnl al mondo, oltre che i primi produttori di petrolio.
COME VANNO I PREZZI DEL GAS
In apparente contraddizione con la decisione di Trump, i prezzi europei del gas naturale sono cresciuti: i contratti a un mese (front-month) sul punto di scambio virtuale di Amsterdam (il riferimento continentale) hanno guadagnato l’1,5 per cento, a 48,5 euro al megawattora.
L’aumento dei prezzi è dovuto alle previsioni dei mercati sul delicato bilanciamento tra domanda e offerta di gas nel 2025: l’offerta, cioè, potrebbe essere ristretta, mentre si stima che la richiesta europea di Gnl crescerà del 15 per cento quest’anno (c’entra anche la chiusura della rotta tra Russia e Ucraina). I prezzi alti aiutano ad “attirare” i carichi di Gnl che altrimenti si dirigerebbero verso mete più redditizie.
La mossa di Trump per favorire l’approvazione di nuovi progetti di esportazione può fornire una rassicurazione sul lungo termine ma non modifica la situazione nell’immediato, visto che la moratoria di Biden non riguardava gli impianti già autorizzati – come quelli che entreranno in funzione nel 2025 -, bensì quelli ancora in attesa dei permessi.
TRUMP VUOLE CHE L’UE ACQUISTI PIÙ GNL AMERICANO
Ieri Trump ha detto nuovamente che se l’Unione europea non acquisterà quantità maggiori di Gnl statunitense per riequilibrare la bilancia commerciale, lui imporrà dei dazi. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è favorevole ad approfondire la relazione energetica con Washington, anche in un’ottica di sostituzione delle forniture russe (nel 2024 le importazioni sono state da record).
La Commissione, però, non ha poteri da acquirente. Ed è molto difficile – come fa notare il Financial Times – che i paesi membri dell’Unione riescano a coordinarsi per comprare in blocco il combustibile americano, considerato quanto è diffusa la tendenza ad approfittare del più economico Gnl russo: l’anno scorso il blocco ne ha importate diciassette milioni di tonnellate.
COSA POSSONO FARE GLI STATI UNITI
Per obbligare di fatto l’Unione europea a rifornirsi dagli Stati Uniti, l’amministrazione Trump potrebbe imporre sanzioni ancora più dure sui terminali russi per il Gnl e in particolare su quello di Yamal.
Resta però da capire se i produttori oil & gas americani siano in grado di fornire ai paesi europei volumi ulteriori di Gnl con i quali sostituire le importazioni russe. Bloomberg ha scritto che nel breve termine la capacità di esportazione degli Stati Uniti non aumenterà molto. Secondo S&P Global, gli impianti statunitensi in costruzione hanno già contrattualizzato 10,3 milioni di tonnellate di Gnl con gli acquirenti europei.
Nel 2023 gli Stati Uniti sono stati i primi fornitori di Gnl dell’Unione europea, rappresentando quasi il 50 per cento delle importazioni totali.